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Elezioni amministrative: Letta “hot dog” stretto tra 5 Stelle e renziani

18 Maggio 2021 Aldo Garzia  580

Un’immagine impietosa fa assomigliare in questo momento Enrico Letta a un hot dog. Il segretario del Pd è infatti stretto dalla rincorsa verso un rapporto con i 5 Stelle a gestione Giuseppe Conte, mentre dall’altra parte subisce la pressione di Matteo Renzi, e dei centristi di varia natura, che vorrebbero porre condizioni pure loro a una riedizione aggiornata del centrosinistra. In questo quadro, si va alle elezioni amministrative di autunno nel peggiore dei modi per il Pd. Si litiga su strategie e candidati, con la destra che gongola avendo dalla sua la collocazione della Lega diventata forza di opposizione e di governo allo stesso tempo, scippando così uno degli antichi slogan della sinistra.

Le elezioni si terranno, per via del Covid, in una data compresa tra il 15 settembre e il 15 ottobre nei Comuni con scadenza naturale del mandato degli organi eletti nel 2016 e in quelli da elezioni anticipate perché commissariati, o per altri motivi. La scadenza è particolarmente rilevante. Alle urne andranno venti Comuni capoluogo di provincia: Bologna, Carbonia, Caserta, Cosenza, Grosseto, Isernia, Latina, Milano, Napoli, Novara, Pordenone, Ravenna, Rimini, Roma, Salerno, Savona, Torino, Trieste e Varese, di cui sei sono anche capoluogo di regione (Bologna, Milano, Napoli, Roma, Torino e Trieste). Il test elettorale è perciò di grande interesse, e avrà di sicuro ripercussioni sugli equilibri politici nazionali, forse perfino sulla data della fine della legislatura e delle elezioni politiche.

L’immagine di Letta hot dog appare lampante a Roma, dove il sindaco uscente Virginia Raggi non ha fatto l’auspicato passo indietro, costringendo Pd e 5 Stelle a non presentarsi in alleanza fin dal primo turno ma affidando alla roulette del ballottaggio la scelta finale (per ora non c’è neppure l’impegno dei due partiti a confluire sul più votato). Oltre a questo dato di partenza, un vero handicap, ci sono le modalità di scelta di Roberto Gualtieri come candidato piddino. Poco quotato nei sondaggi e nella capitale, che avrebbero preferito Nicola Zingaretti, è un candidato quasi costretto a essere tale. Zingaretti, sull’onda dell’efficace campagna vaccinale della Regione Lazio, era dato vincente quasi sicuramente. Sono stati i grillini a sbarrargli la strada, e in particolare Raggi, invisa alla sinistra per i suoi disastri gestionali. Non avendo i 5 Stelle sezioni e iscritti, avendo perso per giunta la banca dati della piattaforma Rousseau, le mediazioni possibili sono state condotte con un sordo braccio di ferro tra piccoli stati maggiori su cui Conte non è riuscito a influire. Di conseguenza la scelta di Gualtieri appare di ripiego. C’è infatti l’esilarante imitazione-fotografia che dell’ex ministro dell’Economia fa il geniale Maurizio Crozza, giocando sulla costrizione del candidato e sulla sua debolezza politica. Dietro le quinte della scelta Gualtieri, c’è anche il non riuscito scambio tra Pd e grillini per la guida del Campidoglio e della Regione Lazio. Il rapporto Pd-5 Stelle è in crisi ancora prima di decollare.

Il 20 giugno si svolgeranno allora le primarie del Pd a Roma, che appaiono alla vigilia scontate e prive di appeal, mentre ciò che si muove a destra rimane misterioso e senza un identikit da candidato. Alle primarie del centrosinistra parteciperanno Gualtieri, Giovanni Caudo (attuale presidente del III Municipio), Tobia Zevi e Paolo Ciani. Nessuna donna, per il momento, avendo Monica Cirinnà scelto di accettare il ticket con Gualtieri. A rosicchiare voti in quest’area, ci pensa pure l’autocandidatura – in pista, per la verità, da mesi senza che il Pd sciogliesse le sue riserve pro o contro una volta per tutte – di Carlo Calenda, appoggiata fortemente dai renziani. Potrebbe esserci, inoltre, l’autocandidatura di Stefano Fassina (Liberi e uguali), consigliere comunale e deputato uscente in un bizzarro doppio incarico, nel caso le primarie fossero “aperte” e non solo del Pd. Peggio di così non poteva andare per mettersi sui blocchi di partenza di una competizione dal valore nazionale. Articolo Uno (il gruppo di Bersani e del ministro Speranza) potrebbe confluire nella lista Pd, e mal di pancia per questa soluzione ci sono in Sinistra italiana.

A fare confusione ci pensa anche le varietà delle liste a sinistra. Ci sarà quella dei Verdi, capeggiata dall’urbanista Paolo Berdini, molto stimato per le sue battaglie ecologiste e per le sue idee su come si governa una metropoli. In questa lista potrebbe confluire Rifondazione comunista, altrimenti potrebbe esserci un’altra lista ancora. E c’è poi l’incognita di Potere al popolo, oltre a quella dei pezzetti di partiti comunisti residuali.

All’immagine di Letta stretto tra 5 Stelle e renziani contribuiscono, inoltre, le irrisolte trattative in altre città, da Bologna a Napoli (dove si candida un risorto Antonio Bassolino, ma dove sembra che si stia trovando un accordo tra Pd e 5 Stelle). Bisognerà parlarne ancora.

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Tags5 stelle Aldo Garzia Carlo Calenda elezioni amministrative Enrico Letta Giovanni Caudo matteo renzi Maurizio Crozza nicola zingaretti Paolo Berdini Paolo Ciani Pd Roberto Gualtieri Roma Stefano Fassina Tobia Zevi Virginia Raggi

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