Un’Italia modello
Modello è l’Albania, modello è Genova, modello è Caivano, modello è il Piano Mattei per l’Africa: è l’Italia dei modelli. Modelli che incitano all’emulazione. Così, mentre alcuni tramontano, come pare sarà per quello di Genova, se ne generano continuamente altri: il modello Albania potrebbe produrre, da una sua costola, un “modello Uganda”, il “modello Caivano” già si candida ad assurgere a “modello periferie”, e via dicendo. Un Paese ormai brulicante di poveri, in cui milioni di persone hanno rinunciato alle cure mediche per motivi economici, con i salari più bassi d’Europa e con il numero di morti sul lavoro più alto, da cui i giovani fuggono, sale in cattedra, spiega a un’Unione europea disorientata come fare, cosa fare.
Una premier caratteriale, con il viso gonfiato dagli interventi estetici, infagottata in abiti pacchiani, pontifica, straparla, o ripete luoghi comuni nelle sue inconcludenti trasferte turistiche internazionali; e si propone essa stessa come una maestrina dalla penna rossa, come un modello politico di leadership di successo da imitare, mentre una stampa nazionale sempre più autarchica e servile ne celebra i supposti trionfi. Impazza un furore pedagogico-ordinativo, che non è solo della premier, ma pare attraversare tutti i membri del governo. Perché questa modellistica? Che senso ha parlare ossessivamente di modello? E in che rapporto stanno tra loro gli svariati modelli finora proposti?
Il bastone di Sinwar
Quel bastone che un ormai rassegnato, ma pur sempre rabbioso, Yahya Sinwar, agitava contro l’immancabile drone che sadicamente lo riprendeva mentre moriva – nel pomeriggio del 17 ottobre, nel sud della martoriata striscia di Gaza, a poco più di un anno dal tremendo massacro di civili israeliani del 7 ottobre 2023, di cui fu la mente e l’esecutore – rimarrà come emblema della nuova mobilwar, la guerra della connettività mobile. Rappresenterà il nuovo codice semiologico del potere, che parla permanentemente sempre di se stesso.
I minori e le carceri in Italia
Se un ragazzino di quattordici anni viene trovato con uno 0.4 di hashish e venti euro in tasca può essere portato in un istituto penale minorile, dove probabilmente si troverà a dividere la cella con un coetaneo colpevole di un reato ben peggiore. Se poi l’adolescente è un minore straniero non accompagnato, la situazione si aggrava ulteriormente. È l’effetto del “decreto Caivano” che ha previsto l’arresto in flagranza di reato per i minori, e ha esteso i casi di custodia cautelare in carcere, disposti anche per crimini di minore entità.
Argentina, le università in rivolta
Si deve a Juan Domingo Perón se in Argentina l’istruzione superiore pubblica è gratuita dal 1949, essendo riuscita nel tempo a diventare un simbolo di prestigio e di mobilità sociale, riconosciuto unanimemente nel Paese. I lavoratori e i gruppi sociali a basso reddito hanno potuto accedere alle università pubbliche, e la qualità e la gratuità dell’insegnamento impartito hanno rappresentato un forte richiamo per schiere di studenti provenienti da altri Paesi latinoamericani. Era allora facilmente prevedibile che la strada imboccata da Javier Milei, impegnato a distruggere il sistema educativo in nome di una politica di tagli che sta stremando l’intero Paese, trovasse un’opposizione proprio nel vasto arcipelago dell’educazione superiore, spingendo all’unità il mondo dei docenti e degli studenti.