La crepuscolare sinistra del fado
La sconfitta della sinistra portoghese non può non essere analizzata in un contesto europeo, che vede l’intera esperienza socialdemocratica, cioè la cultura politica più legata al patto sociale del welfare, quello fra capitale e lavoro, naufragare a tutte le latitudini: dalla sazia e soddisfatta Svezia a un Paese latino come il Portogallo, con una sinistra che sembra stia diventando una specie in estinzione. La politica internazionale è pura cronaca. Dinanzi a questa crisi bisogna avere un approccio più complessivo, in cui la nostra filosofia politica deve combinarsi con una robusta riflessione socioeconomica.
I dati della cronaca elettorale portoghese non lasciano spazio a sofismi: in meno di tre anni, quello che era sembrato un trionfo, un caso lusitano nel continente, si è rovesciato nel suo contrario. Lisbona si allinea alle capitali di Paesi sovvertiti da una destra ribellista e rancorosa, che succhia consensi alla base popolare della sinistra e mobilita il centro moderato in una guerra di accaparramento reazionaria. Solo nel 2022 i socialisti, guidati dall’attuale presidente del Consiglio europeo, António Costa, avevano raggiunto la maggioranza assoluta dei seggi, dopo un periodo in cui avevano dato vita – mettendo da parte lunghe polemiche e contrasti che risalivano, in alcuni casi, alla mitica rivoluzione dei garofani del 1975 – a un’intesa con formazioni di una sinistra più radicale, la cosiddetta geringonça (“il marchingegno”), che prevedeva l’appoggio esterno dei comunisti e del Bloco de esquerda, e aveva garantito, fino a un certo punto, una tranquilla navigazione parlamentare. Un’esperienza che veniva indicata come la dimostrazione che “c’è vita su Marte”, che la sinistra europea poteva produrre modelli di governo della modernità, combinando competizione tecnologica e tutele sociali insieme con una visione comunitaria dell’economia. Già allora, però, si segnalava uno spostamento a destra dell’opposizione conservatrice, che cominciava con le sue prove generali di sovranismo.
Israele determinato a portare avanti i suoi piani
Dopo più di diciannove mesi di sangue e distruzione, i governi e la stampa occidentali si stanno accorgendo di tutto l’orrore che abita Gaza. Ma un popolo lasciato tra le bombe e la miseria, nonostante supplichi aiuto, pretende azioni concrete, non ha certo tempo ora per ascoltare proclami e belle parole. Di sicuro non quelli di chi, e sono tanti, oggi si affrettano a cambiare rotta per non rimanere isolati, mentre fino a ieri giustificavano il genocidio. Le reazioni dei governi occidentali non servono, almeno fino a oggi, a far cambiare idea a Israele. La “fase finale” di Tel Aviv è iniziata, l’operazione “Carri di Gedeone” sta dispiegando una violenza inimmaginabile sui palestinesi, che muoiono di fame dopo più di ottanta giorni di blocco totale di aiuti umanitari.
Oms, il piano anti-pandemico appena varato non va
“È un piano sostanzialmente trumpiano”. Non consente di farsi illusioni, il professore Andrea Crisanti, a chi gli chiede un giudizio sulle indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità in caso di nuove pandemie, alle quali il governo italiano, con una schiera di Paesi sovranisti, si è opposto. “Solo l’ignoranza dei Paesi sovranisti, compreso il nostro, può spiegare l’ottusa opposizione al piano pandemico varato dall’Oms” – spiega ancora Crisanti. Non usa metafore, com’è sua abitudine, per spiegare quale sia il senso della resistenza del fronte populista al documento varato dall’Organizzazione mondiale della sanità. “Un piano quanto mai blando, che già aveva abdicato in partenza a ogni ambizione di organicità e coordinamento sovranazionale” – aggiunge l’attuale senatore del Pd, eletto nella circoscrizione europea, nella quota dei parlamentari che rappresentano gli italiani all’estero.
Dopo il Remigration Summit
L’estrema destra razzista e xenofoba ha scelto l’Italia per riunirsi. Sabato 17 maggio, si è tenuto al Teatro comunale di Gallarate, in provincia di Varese, il Remigration Summit, un incontro internazionale promosso da una rete di giovani militanti e organizzazioni neofasciste. L’evento era organizzato da “Azione, cultura, tradizione”, una piccola associazione, fondata da Andrea Ballarati, 23 anni, ex Gioventù nazionale, oggi attivista e punto di riferimento per i movimenti identitari internazionali.


