Che si dice del “campo largo”?
L’ ultima tornata elettorale in Basilicata ci dice una cosa: non c’è altra soluzione che il “campo largo”. E non soltanto questo: deve anche trattarsi di un’alleanza stabile, che anteponga il bene comune della coalizione alla volontà di emergere di questo o quel partito o, peggio ancora, di questa o quella personalità. Sempre che si voglia costruire una minima alternativa alla maggioranza di destra ed estrema destra, a cui invece, nelle elezioni del 2022, ci si rassegnò in partenza, rinunciando a qualsiasi proposta in grado di competere. Certo è un destino amaro quello che ha consegnato il grosso dell’opposizione a un partito “sbagliato” come il Pd, o “feudale” nel senso di una congerie di potentati (secondo la giusta definizione di Antonio Floridia, vedi qui), e a un movimento post-qualunquistico come quello dei 5 Stelle di Conte. Ma tant’è: con questo panorama per nulla esaltante bisogna fare i conti. E c’è perfino un’altra considerazione: nella situazione data ci si può permettere di storcere il naso dinanzi ai feudi elettorali e ai portatori di voti, purché non si tratti palesemente di “voto di scambio”? Basilicata docet: i piccoli cacicchi locali lì hanno fatto la differenza, metterli fuori non è stato saggio. Si chiama realismo politico, non di altro stiamo parlando.
Le europee ora si avvicinano, e c’è da sperare che nella fase successiva si pongano le fondamenta di un’alleanza di opposizione non ondivaga. Si sa, infatti, che il meccanismo proporzionale delle elezioni di giugno non favorisce l’unità. E si sa anche che la principale posta in gioco è la seguente: riuscirà Elly Schlein a restare alla guida del suo partito? Tutto dipende dal risultato: se il Pd non sarà almeno al 20%, ed è proprio una soglia minima, la segretaria rischia. C’è anche un’altra possibilità, forse non alle porte ma neppure da escludere: quella di una scissione. Se il gruppo di destra, che fa capo a Bonaccini e ha in personaggi come Guerini la componente più oltranzista, dovesse riprendere in mano il partito, una scissione a sinistra si profilerebbe. Oppure, nella prospettiva di un’alleanza stabile con i 5 Stelle, potrebbe essere una parte della destra del partito ad andarsene in direzione centrista.
Ilaria Salis, militante antifascista
Tiro a segno contro Ilaria Salis. La presenza nelle liste di Alleanza verdi-sinistra della giovane insegnante e attivista antifascista italiana, detenuta da oltre un anno in Ungheria per avere provocato una ferita guaribile in cinque giorni, è oggetto di attacchi scomposti, che vanno al di là dei normali dubbi e perplessità riguardo a una sfida che per lei, nel caso non venisse eletta, si trasformerebbe in un boomerang. Oltre ai giornali di regime, che fanno ovviamente il loro mestiere, spicca tra tutti il livore “meloniano” con cui nei giorni scorsi “Dagospia” ha stigmatizzato questa scelta: “Solo in questo disgraziato Paese – sostiene la testata di Roberto D’Agostino – una cacciatrice di nazisti può essere trasformata in un martire della libertà”.
Com’è triste Venezia
Il 25 aprile è entrata in vigore a Venezia la foglia di fico pensata dall’amministrazione Brugnaro per ingannare l’Unesco, che da tempo non aspettava se non di essere ingannato. Pare infatti non esserci altra ragione a ispirare la decisione della giunta che governa la città se non quella di sventare, una volta per tutte, la minaccia che l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura – un ente inutile se non addirittura pericoloso – ha più volte espresso contro la città lagunare. Ma che purtroppo non ha mai messo in atto. Quella di inserire Venezia nei siti a rischio di estinzione per sovraffollamento turistico, il fenomeno che l’Organizzazione mondiale del turismo definisce come “l’impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori”.
Un 25 aprile particolarmente difficile
Poche ore ancora al 25 aprile, l’anniversario della Liberazione, della lotta vittoriosa contro il fascismo e il nazismo. Ma quest’anno il 25 aprile assumerà un significato diverso. Il “campo largo”, che è o che fu – dal Pd all’Alleanza verdi-sinistra, ai 5 Stelle –, evoca oggi il pericolo che prendano il sopravvento le pulsioni fasciste del governo Meloni. E la vicenda della censura Rai al monologo sul 25 aprile dello scrittore Antonio Scurati, ne sarebbe la conferma. Ma si parla del rischio fascismo mentre a sinistra si rimuove la crisi sempre più accentuata che prosciuga l’opposizione. Si parla di antifascismo per evitare di fare i conti con la guerra, anzi con la pace. In Ucraina e in Palestina.