La lotta per i diritti riproduttivi non si ferma
Oggi più che mai, davanti alla repressione patriarcale delle destre globali, è fondamentale la lotta delle donne per ribadire il controllo esclusivo sul proprio corpo. Sabato 28 settembre, si celebrava la Giornata internazionale dell’aborto sicuro, un’occasione per ribadire l’importanza di garantire a tutte le donne un’interruzione di gravidanza sicura, legale e gratuita. La data è stata scelta perché è il giorno in cui, nel 1871, fu approvata in Brasile la “legge sulla nascita libera”, che sanciva la libertà dei figli nati da persone in condizione di schiavitù, a conferma del ruolo rivoluzionario della lotta transfemminista, che assume, in questo caso, anche una valenza anticoloniale. Ancora in Sud America, nel 1990, la data è stata indicata come giornata di azione per la depenalizzazione dell’aborto e, dal 2011, grazie alla Rete globale delle donne per i diritti riproduttivi (Wgnrr), ha acquisito un respiro internazionale.
In Italia, sabato scorso, l’occupazione simbolica dell’ospedale Sant’Anna a Torino da parte delle attiviste transfemministe di Non una di meno ha rappresentato un atto di protesta contro la presenza di spazi di ascolto per associazioni antiabortiste, che rappresentano una forma di ingerenza politica e morale sulle scelte riproduttive delle donne. Il movimento chiede che i fondi pubblici siano utilizzati per garantire un accesso equo ai servizi sanitari riproduttivi, alla contraccezione gratuita, e un vero sostegno sociale alla genitorialità, sfidando apertamente le derive politiche che minacciano i diritti conquistati. Tuttavia, nonostante le battaglie per rendere legale e accessibile a tutte l’interruzione di gravidanza, la situazione rimane complessa e disomogenea.
Ex Ilva, si va verso uno “spezzatino”?
Speravano di risolverla entro quest’anno. E invece la fumata bianca, anzi nera, potrebbe arrivare nella prossima primavera. O forse no. Ci ha provato il governo Meloni a infiocchettare il “pacco”, costruendo una gara di vendita-acquisto con una sua road map disegnata con tante varianti nel tentativo di poter raggiungere comunque l’obiettivo.
In Austria continua la corsa a destra dell’Europa
Triste a volte constatare che i sondaggi non mentono: il vento di destra che soffia sull’Europa ha travolto l’Austria, senza incontrare ostacoli. I risultati sono noti da qualche giorno: al primo posto il Partito della libertà austriaco (Fpö) guidato da Herbert Kickl. Il partito, che si situa all’estrema destra, per la prima volta nella sua storia ha centrato l’obiettivo di vincere una tornata elettorale nazionale, ottenendo il suo miglior risultato, con quasi il 29%. Si è completamente ripreso dal crollo del 2019, in cui conseguì il 16,2% a causa di uno scandalo che mostrò al mondo intero la grottesca mediocrità del suo personale politico. Lo “Ibizagate” vide coinvolti quelli che, a quel tempo, erano i due massimi dirigenti del partito in una misera trattativa con la sedicente moglie di un oligarca russo per ricevere denaro in cambio di favori. Ma Kickl ha risollevato il partito, portandolo a un livello che non aveva mai conosciuto in precedenza.
Tassare i super-ricchi? Ok per sette italiani su dieci
Mentre la flat tax, che piace tanto al ministro Salvini e alla premier Meloni, aumenta i divari sociali e non incrementa le entrate fiscali (e il ministro Giorgetti ammette che non ci sono le risorse sufficienti per coprire gli aumenti di spesa sociale che sarebbero necessari), il dibattito politico sulla riforma fiscale langue e viene rimandato a tempi migliori. In questo contesto, riparlare di una imposta patrimoniale, per di più europea, sembra una bestemmia, o comunque un’idea strampalata e pericolosa di qualche manipolo di socialisti di altri tempi. E invece l’ipotesi di una tassa da applicare sui grandi patrimoni (oltre i 5,4 milioni di euro) non appare come un’assurdità al cittadino medio. Stiamo parlando dei risultati di un sondaggio realizzato, nel corso del mese di settembre, da Demopolis, per conto di Oxfam, un’organizzazione internazionale presente in ottantacinque Paesi del mondo, con la missione del contrasto alla povertà e alle diseguaglianze.