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Cospirazionismo: come collegare il vecchio con il nuovo

L’organizzazione golpista smantellata in Germania lo scorso 7 dicembre è cospirazionista in due sensi. Per un verso, cospirava di fatto: si preparava segretamente ad...

La congiura dei “Cittadini del Reich”

Passata sui media nostrani come poco più di una buffonata, una sorta di congiura farsesca ordita da pochi squilibrati, la vicenda della cospirazione dei...

Cos’è stata l’estrema destra in Italia e cos’è oggi

Qualcuno si sarà sorpreso dell’uso, in un nostro articolo (vedi qui), di un’espressione tipica del linguaggio dell’odio come “topo di fogna”, sia pure tra virgolette: “Come! Un giornale riflessivo e serio come il vostro, che intende rompere con l’andazzo linguistico della comunicazione tramite Internet e i social media, si lascia andare a un epiteto così scomposto?”. Ma stavamo facendo una citazione dagli anni Settanta, un decennio in cui le parole forti, in particolare nei confronti dei neofascisti, erano moneta corrente. E la cosa singolare era che, almeno in parte, questo era accettato dalla stessa estrema destra. Una rivista lanciata da Marco Tarchi – ideologo del Movimento sociale italiano, poi espulso per contrasti con i dirigenti – si chiamava “La voce della fogna”, a sottolineare con ironico orgoglio, e come una rottura “rivoluzionaria”, ciò che l’appartenenza al sottosuolo designava. In questo modo, pur nell’autocompatimento a volte compiaciuto, la vicenda dei militanti neofascisti, provenienti dalla lugubre esperienza di Salò, fu una storia insieme interna ed esterna al sistema politico. Da una parte, c’era tutto il risentimento per come era terminata la guerra civile – con le fucilazioni (secondo alcuni della parte avversa perfino poche), per l’esposizione dei cadaveri a testa in giù a piazzale Loreto, con un certo numero di epurazioni, e così via. Dall’altra, però, c’era una proterva volontà di stare nel gioco politico secondo lo slogan “né rinnegare né restaurare”. Così il neofascismo doveva essere veramente qualcosa di nuovo, pur nella continuità con il passato, la cui rivendicazione era racchiusa nel simbolo di quella fiamma tricolore che, secondo alcune interpretazioni, sorgeva dalla tomba di Mussolini.

Superfluo dire che l’obiettivo fu largamente raggiunto. Non solo il Msi non fu mai messo al bando (come richiesto a più riprese da associazioni partigiane, partiti e gruppi della sinistra), ma addirittura i suoi voti in parlamento furono determinanti in un certo numero di passaggi. Senza neppure riferirsi alla complicata e breve vicenda del governo Tambroni del 1960, che innescò quasi una ripresa della guerra civile, basti pensare che il presidente della Repubblica Leone, nel 1971, fu eletto con l’apporto decisivo dei voti missini. Ciò a segnalare una strutturale incapacità, o non volontà, da parte della Democrazia cristiana, o di alcune sue correnti, di evitare di ricorrere al “soccorso nero” sotto il peso delle proprie beghe interne.

Una nuova nebulosa di estrema destra

Che confusione sotto il cielo “no pass” e “no vax”. Solo due mesi fa, l’assalto squadrista alla sede nazionale della Cgil da parte di...