
Che cos’è veramente Alternative für Deutschland? Un recente pronunciamento dell’Ufficio per la difesa della Costituzione (BfV) tedesco ha rilevato che il partito “esprime un’interpretazione in chiave nazionalista del popolo basata sulle origini etniche, che contraddice quanto espresso nella Costituzione”. Questo è solo l’ultimo capitolo di una vicenda che si trascina da anni: già nel 2019 la AfD era stata nel mirino dell’Ufficio, che l’aveva classificata come “estremista di destra”, ma aveva in seguito vinto la causa contro questa classificazione, anche se, a partire dal marzo 2021, è stata nuovamente indagata come caso di sospetto estremismo di destra.
La ragione di questo comportamento apparentemente contraddittorio delle istituzioni tedesche di tutela costituzionale è da rintracciarsi anche nelle trasformazioni interne intercorse negli ultimi anni nel partito, che si è andato spostando sempre più a destra. Ci sono state infatti lotte di potere interne che hanno indebolito la corrente moderata, Alternative Mitte (ossia “Centro alternativo”), prevalente nell’Ovest del Paese, mentre si rafforzava quella nazional-identitaria e revanscista, denominata Der Flügel (“L’Ala”), particolarmente radicata nell’Est e fresca di successi elettorali.
Stime politologiche valutano che nel 2023 la componente più radicale dell’AfD fosse pari a quasi un terzo degli iscritti al partito, e che ultimamente si sia ulteriormente incrementata. A questo percorso di radicalizzazione hanno contribuito le dimissioni significative di alcuni leader più marcatamente di stampo populista e liberaldemocratico, prima quelle del fondatore del partito Bernd Lucke, che se n’è andato già dieci anni fa; poi della presidente Frauke Petry che lo ha abbandonato nel 2017, e da ultimo di Jörg Meuthen nel 2022, dimissioni che certo non sono state dovute esclusivamente a divergenze politiche sulle tendenze di destra all’interno dell’AfD, ma hanno avuto anche aspetti personali. Nel frattempo, però, la rete estremista di destra della corrente Ala del partito, che era stata formalmente sciolta nel 2020, anche in conseguenza del pronunciamento del BfV, ma mai realmente smobilitata, è assurta al centro del potere grazie allo schiacciante successo elettorale nelle sue roccaforti dei Länder della Germania orientale, e le forze interne di opposizione hanno progressivamente perso influenza.
Dopo il congresso di Riesa del 2022, nella dirigenza del partito non è più rappresentato alcun oppositore dichiarato delle posizioni dell’estrema destra. Così l’attuale giudizio, pronunciato dall’Ufficio, per la protezione della Costituzione non fa che denunciare uno stato di fatto. A Riesa, tra l’altro, avevano preso forma posizioni inquietanti: la mozione vincente preparata dal leader di AfD in Turingia, Björn Höcke, parlava di Europa neu denken (“Ripensare l’Europa”). Il documento include i consueti richiami all’identità tedesca e alla lotta all’immigrazione di massa, temi sui quali nel partito esiste un consenso tutto sommato condiviso; ha però fatto discutere per quanto riguarda il suo orientamento geopolitico. In particolare, due sono i passaggi che hanno prodotto reazioni vivaci. Il primo è quello in cui il documento, parlando della crisi in Ucraina, sottolinea come ormai gli interessi degli Stati Uniti e quelli della Europa, e di conseguenza della Germania, non siano più sovrapponibili. In questo scenario, il futuro che si profila è quello dello scontro tra grandi blocchi culturali quali gli Stati Uniti e la Repubblica popolare cinese, nel quale l’Europa, potrebbe essere il teatro di un conflitto nucleare. La definizione di “blocchi culturali”, che ricorda il concetto di “civiltà” (e di scontro tra esse) teorizzato da Samuel Huntington, insiste però sull’esigenza di un’Europa strategicamente autonoma dagli Stati Uniti e dai loro interessi geopolitici. L’Europa avrebbe quindi bisogno, secondo la mozione Höcke, di trovare un suo modus vivendi non solo in termini di riscoperta culturale delle proprie radici, ma anche in termini di proiezione geopolitica, in modo da generare un polo europeo forte, con l’idea di costituire un’alternativa all’Alleanza atlantica.
L’altra questione era la definizione dei rapporti con la Russia, che dovrebbero configurarsi, secondo il documento, in un equilibro con Mosca, secondo una prospettiva freddamente realista, focalizzata esclusivamente sugli interessi strategici della Germania e dell’Europa. In questa visione, all’Ucraina spetterebbe unicamente il ruolo di Stato-ponte neutrale, non allineato. Al di là della visione geopolitica e delle scelte di collocazione che ne conseguono, quel che fa di AfD un partito realmente di estrema destra, è però l’ideologia della disuguaglianza che la anima. Sono la libertà e l’uguaglianza universale degli esseri umani a essere messe in discussione, e il proprio gruppo-etnia-cultura viene considerato superiore agli altri, mentre circolano liberamente atteggiamenti antisemiti, xenofobi, ispirati al darwinismo sociale.
Qui risiede probabilmente l’aspetto più inquietante di questa destra che ha molto in comune con quella austriaca e con quella ungherese. L’obiettivo di una comunità omogenea (nazionale) è in ultima analisi incompatibile con la diversità di interessi, la tutela delle minoranze, il controllo dell’azione governativa e la rivendicazione universale dei diritti e delle libertà fondamentali individuali, e con lo stesso funzionamento dei sistemi democratici. Chi crede che esista solo la volontà, presumibilmente unica, del popolo percepirà ogni deviazione da essa come un’ingiustizia e un tradimento e ne trarrà la conclusione che deve difendersi, trasformando l’identitarismo in aggressività e in politiche discriminatorie.
In questo, la nuova destra estrema che prende piede in Europa sembra in parte differire anche dai populismi di destra cui è spesso accomunata, com’è stato fatto da molta stampa, negli ultimi giorni, dopo il successo del partito Reform UK di Nigel Farage nelle elezioni suppletive inglesi. Farage, ha strappato al Labour un seggio che tradizionalmente gli apparteneva, ed è dato in rapida crescita non solo a scapito dei laburisti, ma anche dei conservatori, avvitati in una crisi che resta profonda. Se Reform UK insiste su temi “trumpiani”, come il rifiuto dell’immigrazione e della cultura woke, permangono differenze importanti con le posizioni della estrema destra tedesca, che vertono non solo sul rapporto con la democrazia e i sistemi democratici, ma anche sul ruolo dell’Europa nel quadro internazionale. E in effetti gli studiosi del populismo sostengono che esso non implichi un’agenda o un programma politico specifico, ma che questi varino in funzione di altre idee con cui esso interagisce, dato che il significato attribuito ai termini “popolo” ed “élite” viene di volta in volta plasmato dall’interazione con altri elementi ideologici e/o programmatici. Questo è ciò che lo rende un fenomeno “altamente camaleontico”, e al tempo stesso meno nettamente definito delle ideologie del sangue e della terra. Certo, la maggioranza dei populisti contemporanei sono di destra; ma, per quanto fragile, rimane una distanza rispetto a estreme destre che sognano il ripristino della Volksgemeinschaft e una Germania come “terra di tedeschi etnici”.
In ogni caso, la decisione presa dall’Ufficio per la difesa della costituzione di considerare estremista di destra e non solo populista AfD rischia di rimanere un rilievo isolato, con scarse conseguenze sotto il profilo giuridico e degli assetti istituzionali, vista la propensione dei cristiano-democratici di Friedrich Merz a trattare con Alternative, che nel frattempo continua a crescere nei sondaggi, ed è data oggi oltre il 23% nelle intenzioni di voto. Sembra impensabile che un partito con un simile seguito possa essere messo fuori legge, in barba ai contenuti politici di cui è portatore, che certo non si accordano con la legge fondamentale tedesca.
Ma per il momento una simile scelta non è contemplata, nonostante le voci di coloro, come la ministra della Giustizia socialdemocratica, Nancy Faser, che sostengono che AfD andrebbe messa al bando perché non può essere contrastata con il solo dibattito politico, dato che persegue, in ultima analisi, l’obiettivo di eliminare la democrazia. Il principale promotore della campagna di divieto, Marco Wanderwitz (Cdu), ha dichiarato: “Minoranze di ogni tipo, tutti i partiti democratici, le istituzioni dello Stato di diritto: vengono tutti attaccati, minacciati e messi alla berlina dalla mattina alla sera. Il messaggio di fondo è sempre: quando arriverà il giorno, vi daremo la caccia”. Il timore è però che se si insiste sulla messa al bando la AfD potrebbe coltivare la sua narrativa vittimistica e guadagnare ulteriori simpatizzanti. Certo, padroneggiare l’equilibrio tra il non cedere a un atteggiamento difensivo generalizzato nei confronti del partito e, allo stesso tempo, prendere nettamente le distanze dall’estremismo di destra potrebbe non essere facile nella pratica, ma può avere successo. Bisognerebbe spiegare seriamente quali soluzioni sono praticabili senza mettere in discussione i princìpi fondamentali della democrazia, contrastare il partito in modo argomentativo, denunciarne sistematicamente e pubblicamente le contraddizioni e le violazioni antidemocratiche. Ma chi sarà in grado di farlo?