La morte di Camilla Canepa, la ragazza ligure deceduta dopo la vaccinazione con AstraZeneca, ha riproposto con ferocia il tema della strategia, e non solo della tattica, nella lotta contro il virus. La prima arma in questo combattimento è la verità, innanzitutto da parte degli scienziati. Come scrive con crudezza Andrea Crisanti nel libro che abbiamo mandato in libreria proprio in questi giorni (Caccia al Virus, editore Donzelli), “siamo dinanzi a un prodigio che sarà ricordato a lungo con i vaccini che siamo riusciti a elaborare in pochi mesi, ma è evidente che questi farmaci sono stati approvati dall’agenzia del farmaco europea in un regime di emergenza, il che significa che stiamo ultimando la fase di verifica proprio con le vaccinazioni di massa”. Bisognava dirlo subito, anche a costo di indebolire la mobilitazione sociale e la corsa a completare in poco tempo il ciclo sull’intera popolazione.
Probabilmente, se fossero stati adeguatamente informati, quella ragazza, il suo medico, i suoi genitori avrebbero meglio dettagliato il profilo terapeutico e le controindicazioni insite nella cura ormonale a cui era sottoposta. Proprio la fragilità della ragazza limita gli effetti negativi del suo tragico destino. Il carattere eccezionale degli effetti collaterali è in qualche modo confermato.
Appare comunque del tutto inspiegabile la reazione delle istituzioni e della stessa azienda farmaceutica dinanzi a tale terribile eccezione. I produttori del vaccino AstraZeneca si sono trincerati in un irritante e provocatorio silenzio, con la speranza furbesca e cinica di far passare la buriana. Nulla è stato detto, niente è stato spiegato. Proprio l’esistenza di condizioni eccezionali, come la patologia ormonale della giovane vittima, avrebbe dovuto imporre una comunicazione più esauriente e motivata per dare un senso e una ragione al sacrificio di quella giovane vita.
Dal versante istituzionale il quadro che si ricava è ancora più disorientante. Dopo vari giorni dalla morte di Camilla, ancora non si riesce a stabilizzare una posizione del governo – e delle autorità sanitarie, soprattutto. Il ministro Speranza procede con il tono delle raccomandazioni, e rimette all’opinione pubblica i pareri del Comitato tecnico-scientifico, senza una sintesi e senza una decisa scelta di campo. La debolezza di Speranza eccita le pulsioni locali: per esempio, le uscite – assolutamente scomposte nella forma e incongrue nel contenuto – del presidente campano De Luca, che ha dato lui una risposta a tutto il paese annunciando che nessun mix vaccinale (combinando una prima dose con AstraZeneca con una seconda con Pfizer o Moderna) sarà adottato nella regione per le classi anagrafiche under 60, e che comunque viene bloccato del tutto AstraZeneca. Una posizione che frantuma ogni sforzo per una politica nazionale credibile e uniforme da parte del ministero della Sanità, lanciando il segnale a tutte le regioni del “rompete le righe e ognuno per sé”.
Eppure, ancora a ventiquattro ore dalle dichiarazioni di De Luca, nessuna risposta è venuta dal governo centrale. Un mutismo che sta incoraggiando le ambizioni locali. Perfino il Lazio di Zingaretti sembra accodarsi alla Campania, mettendo così in mora tutto l’esecutivo. Un vuoto di potere, questo, che si sta allargando nel governo proprio alla vigilia di una stagione balneare, che sta spingendo ogni territorio ad allargare varchi e spazi alla promiscuità sociale per attirare golosamente una clientela che sta accorrendo. Situazione rischiosa, che potrebbe collassare se quanto sta accadendo in Inghilterra dovesse propagarsi all’intera Europa. Proprio nel paese in cui sembrava più solida e stabile la campagna vaccinale, da qualche giorno si sta registrando un corposo e incontenibile ritorno di fiamma del contagio. La cosiddetta variante delta, precedentemente chiamata “indiana”, ha già riportato il numero dei positivi ai livelli di inizio anno, quando ancora i vaccini non erano stati somministrati in maniera significativa.
Si delinea così lo scenario che ancora Andrea Crisanti aveva anticipato, denunciandolo nel testo che abbiamo già citato. I vaccini – sostiene infatti il microbiologo – sono essenziali e necessari, ma non sufficienti per arginare la tracimazione occasionale del virus. Bisogna ancora, per un lungo periodo, integrare la distribuzione dei farmaci e una strategia di sorveglianza territoriale che intercetti e isoli la prima fase di circolazione delle immancabili varianti.
Arriviamo qui a un tema tutto politico: la pandemia che stiamo vivendo non può essere considerata una crisi che, con un’azione di vaccinazione energica, possa essere ridimensionata e poi rimossa per farci tornare al punto di partenza. Siamo nel pieno di una transizione che ci sta conducendo in un nuovo mondo, in cui stanno mutando parametri e valori del comportamento sociale sulla spinta della paura e della cautela che serpeggiano senza mediazione politica. Da una parte, infatti, il senso di liberazione viene declinato dalla destra per soffiare sul fuoco del libertarismo reazionario, che eccita gli istinti immediati delle singole figure professionali ed economiche; mentre, dall’altra, la richiesta di un nuovo modello sociale che, sulla scia di una sanità territoriale e cooperativa, possa rifondare l’idea stessa di welfare, non viene rappresentata dalla sinistra.
La proposta che oggi si profila è quella di mettere in campo una strategia di riorganizzazione radicale della sanità, spalmata sul territorio, per de-ospedalizzare l’assistenza e articolare un intervento basato sulla lettura socio-tecnologica dei dati che devono essere patrimonio pubblico, come quelli raccolti dalla rete e dalle grandi piattaforme private. Questi dati devono poter guidare epidemiologicamente l’azione preventiva del contrasto al virus, intercettando asintomatici e prime forme di insorgenza dell’infezione. Per questo diventa essenziale mettere in campo una nuova versione di Immuni che possa avvalersi della risorsa del Gps per localizzare con precisione – come peraltro fanno Google e Apple con i sistemi operativi dei loro telefonini – gli incroci sospetti con positivi. Sulla base di questo tappeto di dati, sarebbe allora possibile sviluppare anche in Italia, come stanno facendo in Inghilterra, un networking di esami e analisi di tracciamento e sequenziamento dei campioni raccolti, per disporre di una mappatura aggiornata e predittiva delle varianti del virus. Un modo per recintare la malattia, e almeno fare in modo che Camilla non sia morta del tutto invano.