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Sokurov: teologia e totalitarismo

Nell’ultimo film di Sokurov, Fairy Tale (di cui “terzogiornale” si è già occupato qui), Hitler, Mussolini, Stalin e Churchill, identificati come i quattro cavalieri...

“La Giunta”: un album troppo di famiglia

Il film di Alessandro Scippa, figlio di Antonio, uno dei pilastri delle giunte rosse di Valenzi nella Napoli a cavallo del terremoto del 1980,...

Sokurov, un film da non vedere

Decisamente da non vedere la Fiaba di Sokurov in programmazione in alcune sale che, sfidando meritoriamente la proliferazione dei cinepanettoni in gran voga in...

Al cinema lente d’ingrandimento sul conflitto sociale

Come scrive Rino Genovese su “terzogiornale” (vedi qui), è divenuto difficile definire oggi cosa sia una classe sociale e la propria appartenenza ad essa;...

Ignazio La Russa presidente del Senato

“Gli italiani che non hanno rinunciato all’appellativo di uomini si uniscano al di sopra delle fazioni, al di sopra dei partiti, al di sopra...

“Il signore delle formiche”, un film quasi bello

Quando un regista realizza un film prendendo spunto da una storia, o più storie, di persone e cose realmente accadute deve agire con il...

Cosa non va nel film di Amelio sul caso Braibanti

A non andare, nel film di Gianni Amelio, è forse proprio ciò per cui sta avendo successo: presentare una vicenda giudiziaria, e soprattutto politico-intellettuale,...

“Esterno notte” seconda parte: buona la prima

Buona la prima, godetevela, perché la seconda parte del film di Marco Bellocchio sul caso Moro è assai meno valida. Poco Gifuni, poco Servillo,...

Il Moro di Bellocchio: forza simbolica e visione politica

La forza simbolica del Moro di Bellocchio è tutta in quella via crucis in cui a portare la croce è lui, l’uomo rapito in via Fani,...

Il nuovo film di Bellocchio sul caso Moro

Esterno notte – la serie televisiva di Marco Bellocchio sul caso Moro, la cui prima parte si può vedere in questi giorni nelle sale cinematografiche – comincia là dove ci aveva lasciati il precedente Buongiorno notte (2003), con l’ipotesi controfattuale di un Moro liberato dalla prigione delle Brigate rosse, secondo il desiderio di tutti coloro che, all’epoca, avrebbero voluto un esito diverso da quello inesorabile, implicito nella “linea della fermezza”. Come ha dichiarato di recente in un dibattito pubblico, senza giri di parole, la nostra Stefania Limiti, chi volle la morte del presidente della Dc fu Benigno Zaccagnini – il migliore dei democristiani, certo, ma anche lui, da segretario del partito, murato in quella granitica forma pilatesca che consisteva nell’asserire, e nel ripetere di continuo agli organi d’informazione, che Moro non sarebbe più stato lui da quando, prigioniero, tentava di avviare una trattativa per la propria liberazione. È la Democrazia cristiana – nel contesto politico del tempo, che comprendeva il Pci nella maggioranza parlamentare, con un Berlinguer che andò per suonare e fu suonato – ad avere voluto la morte di Moro.

È la tesi che fa da sfondo ai due film di Bellocchio. Ed è chiaro, fin dalla prima scena di questo suo secondo, come l’atto di accusa di Moro contro i colleghi – recitato dalla voce fuori campo –, e le sue dimissioni dal partito, siano il filo conduttore principale scelto dal regista per la sua opera. Accanto a ciò, al centro ci sono i drammi personali, a forte componente nevrotica, degli amici di Moro, di Cossiga in particolare, ministro dell’Interno condannato all’impotenza, e di papa Montini, alla ricerca di un impossibile negoziato per il pagamento di un riscatto.