Da tempo in Germania non si vedeva un gennaio così fosco. All’inizio dell’anno, il Paese non solo ha dovuto fare i conti con un rallentamento dell’economia senza precedenti – e ormai si parla apertamente di recessione –, ma è stato anche paralizzato dagli scioperi congiunti degli agricoltori e dei ferrovieri. La mobilità in Germania è stata per tutto il mese limitata, a causa dell’azione di protesta con i trattori e delle agitazioni da parte del sindacato dei macchinisti. Si sono moltiplicati i raduni, le dimostrazioni e i blocchi delle vie di accesso alle autostrade, mentre pochissimi convogli circolavano, con enormi disagi per i pendolari. Dopo le lotte nei trasporti dello scorso anno, il braccio di ferro nelle ferrovie è ricominciato a fine novembre, quando il sindacato dei macchinisti (Gdl) ha dichiarato fallite le trattative con Deutsche Bahn.
Quello di gennaio è il quarto sciopero dei ferrovieri nell’attuale tornata di contrattazione collettiva. Il sindacato ha organizzato uno sciopero di avvertimento di un giorno a novembre, subito dopo il fallimento del primo ciclo di trattative. Poi un altro a dicembre, seguito da un altro ancora di tre giorni a gennaio, e ancora da un ulteriore sciopero di una settimana. Dopo l’escalation conflittuale,sindacato e Deutsche Bahn si stanno concentrando sui negoziati: questi inizieranno il 5 febbraio e dovrebbero condurre a una soluzione del conflitto, al momento in una fase di stallo. C’è solo l’accordo a sospendere, fino a domenica 3 marzo, un’agitazione che è la più lunga della storia delle ferrovie tedesche.
Il principale punto di scontro è la riduzione dell’orario di lavoro da 38 a 35 ore settimanali, con una compensazione salariale completa per i lavoratori, come richiesto dal sindacato. Data la carenza di manodopera qualificata, Deutsche Bahn non ritiene che ciò sia fattibile. Inoltre, il sindacato chiede 555 euro in più al mese, e un bonus una tantum di compensazione dell’inflazione di tremila euro. La direzione delle ferrovie, per parte sua, ha rilevato che le richieste sono irrealistiche, e che non dispone del personale specializzato per potere praticare una riduzione dell’orario così consistente senza alterare le attuali percorrenze. La direzione di Deutsche Bahn sperava di piegare prima i macchinisti, ma si è trovata di fronte a un muro. L’azienda e il governo non sono riusciti a interrompere lo sciopero.
Il segretario generale dei conservatori bavaresi della Csu, Martin Huber, ha attaccato pubblicamente gli scioperanti, affermando che “gli scioperi che riguardano le infrastrutture critiche dovrebbero essere annunciati almeno una settimana prima del loro inizio”, e che “gli scioperi nelle infrastrutture critiche dovrebbero essere consentiti solo se le procedure di arbitrato non hanno avuto successo”. Ha insinuato che bisognerebbe stabilire per legge un limite temporale agli scioperi. Anche il ministro dei Trasporti, Volker Wissing, ha definito lo sciopero “inaccettabile”.
Certo è che l’agitazione dei ferrovieri ha avuto una enorme ripercussione a livello nazionale – vista l’adesione pressoché completa del personale e dato che il sindacato dei macchinisti raccoglie circa quarantamila lavoratori – e anche a livello internazionale. Il blocco della circolazione di merci e passeggeri, considerata la posizione centrale del Paese, attraverso cui passano gli undici corridoi del trasporto internazionale su rotaia, ha avuto effetti estesi a tutta l’Europa. La Germania, infatti, è il cuore logistico del continente. Inoltre, la grande industria tedesca dipende strettamente da questo tipo di trasporti, e può ricorrere solo limitatamente ad altre vie per l’approvvigionamento di materiali. La Confindustria tedesca stima in quasi un miliardo di euro i danni arrecati dallo sciopero.
Altri conflitti intanto si profilano: i piloti della Discover Airlines, compagnia aerea controllata dalla Lufthansa, hanno scioperato, venerdì 26 gennaio, dopo che quasi il 96% dei lavoratori ha votato per l’abbandono del lavoro, in considerazione del fatto che un primo sciopero di avvertimento, a dicembre, non aveva prodotto risultati. Lo sciopero si svolge in concomitanza con il sindacato degli assistenti di volo, “un evento insolito”, come afferma l’agenzia di stampa “Spiegel”. L’obiettivo dei lavoratori è far rispettare gli accordi collettivi sui salari, con il recupero dell’inflazione e il miglioramento delle condizioni di lavoro.
È sempre più evidente che la situazione nel Paese è ormai di una crescente instabilità. La coalizione di governo stenta a gestire i fronti conflittuali che continuamente si aprono, mentre cresce l’estrema destra (vedi qui) e si profilano importanti partite elettorali. Le vicende degli ultimi anni hanno di fatto obbligato ad accantonare, in buona parte, l’ambizioso programma con cui la coalizione era andata al potere; la situazione è stata aggravata dalla guerra in Ucraina, le cui ricadute stanno devastando l’economia tedesca: con il gas a basso costo proveniente dalla Russia, non più disponibile, i prezzi sono esplosi.
Il declino della prosperità e il tracollo dei livelli di vita sono percepiti ovunque, generando una reazione scomposta nell’opinione pubblica. Il governo sta affrontando, dunque, una molteplicità di fronti dalla protesta: non solo quella degli agricoltori, colpiti dai tagli ai sussidi che finora li salvaguardavano, ma anche quella di numerose categorie i cui redditi sono penalizzati dall’inflazione. L’economia tedesca è in piena recessione, con l’industria in contrazione per il sesto mese consecutivo e il Pil in calo dello 0,3% nell’ultimo trimestre dell’anno. Secondo l’agenzia Bloomberg, le attività produttive, pilastro economico della Germania, stanno disperatamente lottando contro i costi dell’energia, l’aumento dei tassi di interesse globali e il rallentamento della Cina; ma, nonostante la reattività e le capacità organizzative del Paese, le difficoltà materiali con cui si confrontano sono sempre più gravi. La Germania rischia di avvitarsi in una spirale di declino da cui sarà arduo risollevarsi. L’anno che si è così faticosamente avviato sarà probabilmente decisivo per definirne i destini.