• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Articoli » Macron e le rivolte popolari

Macron e le rivolte popolari

Dai “gilet gialli” alle proteste dei “no vax” sul territorio metropolitano e nelle isole delle Antille: tutte le difficoltà del governo francese

29 Novembre 2021 Sandro De Toni  1476

Non conosce pace la Francia di Macron. Alla mobilitazione dei gilets jaunes, iniziata nel 2018, è seguita quella del personale sanitario contro i bassi salari, gli organici carenti, la soppressione di letti negli ospedali, la situazione disastrosa dei “pronto soccorso”, il taglio delle risorse. I sindacati hanno poi indetto scioperi per opporsi alla controriforma del sistema previdenziale.

Le banlieues popolari delle grandi città, nelle quali abitano francesi d’origine maghrebina e dell’Africa nera, hanno vissuto molteplici mobilitazioni nel nome di Adama Traoré, un giovane ucciso dalla polizia, contro la repressione da decenni rivolta verso chi non ha il giusto aspetto franco-francese. I giovani hanno dato nuova vita al movimento ecologista e contro i cambiamenti climatici: questo movimento ha conosciuto, almeno in parte, momenti di convergenza con i gilets jaunes all’insegna dello slogan fin du mois, fin du monde, même combat! (“fine del mese, fine del mondo, stessa lotta!”).

Nel frattempo è nato un movimento ben diverso, quello dei “no vax” che riprende alcune delle modalità d’azione dei gilets jaunes, occupando le rotatorie e manifestando da mesi, ogni sabato, in decine e decine di città. Ma come abbiamo già scritto (vedi qui) le loro manifestazioni, pur animate da uno spirito antigovernativo e di denuncia della politica sanitaria, si risolvono nella richiesta di un’astratta libertà individuale nei confronti di ogni responsabilità collettiva. Adesso il governo deve affrontare anche una vera e propria rivolta delle popolazioni nelle Antille francesi, dalla Guadalupa alla Martinica.

Le Antille francesi in rivolta

Le due isole dei Caraibi, con una popolazione complessiva di circa 800mila abitanti, sono da più di una settimana teatro di scioperi, manifestazioni, blocchi stradali e perfino tiri d’arma da fuoco contro la polizia. Le barricate di giorno sono presidiate da personale sanitario e vigili del fuoco all’appello dell’intersindacale “Liaynnaj Kont Pwofitasyon”, che in lingua creola significa “Collettivo contro lo sfruttamento”, e la notte da giovani disoccupati. Gioiellerie e negozi alimentari sono stati saccheggiati, e ci sono stati tentativi di assalto a banche; un commissariato è stato incendiato, le scuole sono state chiuse così come gli uffici postali; è stato istituito il coprifuoco dalle 18 alle 5 del mattino. La scintilla viene dalla sospensione di centinaia di sanitari e pompieri che si rifiutano di vaccinarsi, ma il retroterra delle proteste è ben più ampio, e affonda le radici nei conflitti degli anni scorsi e nel passato coloniale. I sindacati, il 2 settembre scorso, avevano presentato alle autorità una piattaforma con ben trentadue rivendicazioni che spaziavano dall’aumento generalizzato degli stipendi, all’assorbimento dei lavoratori precari e dei giovani disoccupati, dal diritto all’acqua pulita alla fine della repressione.

Dopo settimane di manifestazioni, alle quali avevano partecipato migliaia di persone senza ottenere risposte, la rivolta è esplosa con l’entrata in vigore della legge del 5 agosto 2021, che prevede l’obbligo vaccinale e del green pass, e con le sospensioni che ne sono seguite. Da qui la proclamazione dello sciopero generale e la comparsa delle barricate. Il potere parigino ha reagito inviando duecento poliziotti di rinforzo, tra i quali le squadre speciali antiterrorismo della Gendarmeria nazionale. Per giustificarsi, il procuratore della Repubblica di Pointe-à-Pitre, ha dichiarato che “lo Stato di diritto era in pericolo e la situazione quasi insurrezionale”. A sua volta, Sébastien Lecornu, il ministro per i Dipartimenti d’oltremare, ha affermato che “non si tratta di una questione sanitaria e sociale, ma di bande di delinquenti”. Con queste premesse diventa molto complicato aprire un dialogo con le popolazioni locali.

Nel fine settimana il potere macroniano ha fatto una parziale retromarcia, sia posticipando al 31 dicembre anche alla Guadalupa l’obbligo vaccinale che proponendo agli eletti locali di affrontare il tema di una maggiore autonomia del dipartimento sull’esempio della Nuova Caledonia. Infine, è stata anche ipotizzata la creazione di mille impieghi per i giovani per lavori di cura. Tutti questi buoni propositi non sembrano al momento avere convinto le popolazioni locali che proseguono le loro proteste.

Nella Guadalupa il tasso d’incidenza del Covid-19 è pari a 43 ogni centomila abitanti contro i 180 della Francia; i ricoverati sono in tutto 151 di cui otto in terapia intensiva. Nell’isola sorella della Martinica il governo ha rinviato l’obbligo vaccinale al 31 dicembre, senza peraltro riuscire a evitare che anche i suoi abitanti partecipassero alle proteste. 

I precedenti che tutti nelle Antille ricordano sono quelli della rivolta contro il carovita del 2009, che bloccò interamente la Guadalupa per quarantaquattro giorni e dello scandalo del clordecone, pesticida altamente tossico e massicciamente utilizzato nelle Antille, fino al 1993, nelle piantagioni di banane, malgrado fosse proibito sul territorio della Francia. In Martinica e Guadalupa oggi tutto è contaminato. E lo sarà per settecento anni. È stato autorizzato per così tanto tempo grazie alla sua efficacia nel combattere un coleottero parassita, capace di distruggere interi bananeti, una delle principali risorse della Martinica e della Guadalupa. Come sottolineato da Andrea Barolini sulla rivista “Valori”, questo pesticida è anche un interferente endocrino, riconosciuto come neurotossico, in grado di alterare la fertilità e classificato come possibile cancerogeno dall’Organizzazione mondiale della sanità a partire dal 1979. La Francia impose un divieto soltanto nel 1990, e unicamente sul territorio metropolitano. Alle Antille occorse aspettare altri tre anni. E chi aveva a disposizione scorte poteva utilizzarle fino al loro esaurimento. Un rapporto dell’agenzia Santé Publique France, nel 2018, ha dimostrato che il sangue del 95% della popolazione della Guadalupa e del 92% di quella della Martinica è contaminato. Così come la quasi totalità dei suoli, delle acque dolci e perfino di parte del mare che bagna le isole.

Se a tutto ciò aggiungiamo che la maggior parte della popolazione (il 75% sono neri o mulatti) discende da schiavi africani e che, nei secoli, le loro famiglie hanno dovuto lavorare nelle piantagioni dei coloni francesi, si intuisce il retroterra delle rivendicazioni degli antillani. Sul territorio francese, tra le manifestazioni susseguitesi che abbiamo indicato, la più grossa grana per il presidente Macron sono stati invece i gilets jaunes.

Cosa rimane dei gilets jaunes?

Su un cartello inalberato in una delle manifestazioni erano scritte tre date: 1789, 1968 e 2018. Quest’ultimo è l’anno della loro prima mobilitazione, da quel sabato 17 novembre in cui si compì l’atto numero uno, che vide l’insorgere di un movimento destinato a scompigliare le carte non solo del potere, ma anche dei sindacati e dei partiti.

Il movimento ha agito come un rivelatore, a tutti i livelli. Innanzitutto, ha svelato l’esistenza di profonde disuguaglianze sociali, di un paese diviso tra i ceti urbani benestanti abitanti nei centri-città, colti ed ecologisti, e un mondo delle periferie e delle province, abbandonato, in sofferenza. Una popolazione di lavoratori poveri ignorati dai media e persino dalle organizzazioni sindacali e della sinistra. I gilets jaunes si sono riconosciuti e identificati come classe partecipando, per così dire, ai “corsi di formazione” di quelle università a cielo aperto che sono state le occupazioni delle rotatorie, scoprendo a poco a poco le regole di funzionamento della società capitalistica. Passando dal rifiuto di pagare di più per il carburante a interrogarsi sull’intero sistema sociale, il movimento ha rapidamente affrontato questioni più generali: la lotta alla frode fiscale, la necessità di ridistribuire la ricchezza, il ruolo antipopolare delle regole imposte dall’Unione europea, e discusso di come allargare il sistema democratico con la richiesta di referendum di iniziativa cittadina. Centinaia di migliaia di persone hanno così partecipato per la prima volta nella loro vita a un movimento politico con la riscoperta del valore dell’azione collettiva, del legame sociale, della solidarietà, di una comunità di lotta. Questa presa di coscienza è stata una prima vittoria dei vinti, dei perdenti della globalizzazione. Le rotatorie, i ronds-points, questo “non-luogo” delle zone periurbane del Paese, sono diventate un simbolo, l’utopia di una possibile società diversa.

Dove avevano fallito le tradizionali iniziative sindacali, i gilets jaunes hanno costretto il governo, già nel dicembre 2018, a rinunciare agli aumenti delle tasse sui carburanti, a defiscalizzare gli straordinari, a rivalutare il salario minimo, a cancellare i contributi sociali per alcune categorie di pensionati. A fine aprile 2019, l’esecutivo ha annunciato una diminuzione dell’imposta sul reddito per le fasce più basse e la re-indicizzazione all’inflazione delle pensioni più modeste. Secondo Bercy (la sede del ministero delle Finanze francese) le concessioni sono costate diciassette miliardi annui. 

Il nodo non risolto è stato quello della convergenza con altri settori sociali, con le altre lotte in corso, una convergenza in parte già sperimentata nei tre anni scorsi ma frammentaria e fragile. Una delle carenze maggiori dei gilets jaunes è stata la loro incapacità di individuare uno sbocco politico complessivo, ovviamente anche per le carenze dei sindacati tradizionali e dei partiti politici della sinistra.

Il presidente dei ricchi e della “ragione”

Come ha reagito in questi anni il potere macroniano di fronte a queste proteste? Con il disprezzo, la repressione, alcune concessioni, il rinvio di decisioni impopolari, come la controriforma delle pensioni, e con delle consultazioni di facciata sulle questioni sociali e ambientali. Hanno colpito l’immaginario dei francesi le dichiarazioni sprezzanti di Macron sulle “stazioni ferroviarie che sono dei luoghi dove si incrociano delle persone che hanno avuto successo e persone che non sono nessuno” e quella rivolta a un disoccupato: “attraverso la strada e ve lo trovo” (un lavoro).

La repressione poliziesca e giudiziaria contro i gilets jaunes è stata durissima. Un morto, venticinque persone che hanno perso un occhio, cinque mani strappate dai lanci di granate Lbd, migliaia di feriti, più di dodicimila arresti, tremila condanne, di cui mille a pene detentive definitive, e poi sgomberi delle “case del popolo” approntate sulle rotatorie, attacchi a freddo persino di pacifiche manifestazioni autorizzate. Non si era mai vista in Francia una repressione simile dai tempi della guerra d’Algeria. In compenso, sono stati elargiti premi agli agenti di polizia ai quali il governo ha garantito anche che il loro sistema previdenziale non verrà toccato dalla generale controriforma delle pensioni. Il bilancio del ministero dell’Interno è stato aumentato del 3,4% nel 2019 e del 4% nel 2020.

Le manifestazioni dei “no vax”, con l’eccezione di quelle delle Antille francesi, non subiscono la stessa violenza repressiva subita dai gilets jaunes, perché funzionali alla rappresentazione del campo presidenziale come campo della scienza e della “ragione” di fronte a proteste antiscientifiche, complottiste e irrazionali. I “no vax” hanno anche il pregio, per Macron, di distogliere l’attenzione da altre problematiche sociali molto più delicate per il potere.

Oltre alla repressione, Macron ha messo in campo forme di distrazione di massa quali il grand débat national, un finto dibattito con interlocutori ben selezionati, per la maggior parte pensionati ed esponenti della classe media benestante, cioè rappresentanti dell’elettorato di Macron. I risultati sono stati manipolati e il testo dei contributi non è stato reso disponibile. Il governo, i dirigenti pubblici e le lobby industriali hanno anche sabotato una a una le indicazioni della Convenzione cittadina per il clima,suscitando l’indignazione non solo delle organizzazioni ambientaliste, ma anche degli stessi centocinquanta membri della Convenzione.

In definitiva, il bilancio sociale del quinquennio di Macron risulta a favore del segmento più ricco della società francese. A testimoniarlo è il “Terzo rapporto di valutazione della riforma della fiscalità sul capitale”, pubblicato il 14 ottobre scorso da France Stratégie, un organismo indipendente, il quale certifica che la soppressione dell’imposta di solidarietà sulla ricchezza, e la creazione di un prelievo forfettario unico sui redditi da capitale, non hanno avuto nessun impatto sugli investimenti e i salari, ma hanno viceversa comportato un incremento considerevole dei dividendi, aumentati di nove miliardi nel 2018, di un miliardo aggiuntivo nel 2019, e di un altro ancora nel 2020. Tutte risorse che sono state impiegate per consumi di lusso, investimenti immobiliari e sui mercati finanziari. La teoria liberista dello “sgocciolamento” è stata dunque smentita dai fatti, e si è rivelata non operante in un contesto di capitalismo ultra-finanziarizzato in cui i capitali circolano liberamente.  

La sola vera bussola di questo quinquennio, la sua identità politica ed economica, è rappresentata dalla riforma del fisco sui patrimoni e sui redditi finanziari. Nessuna protesta sociale è riuscita a rimettere in discussione la convinzione del governo francese su questo punto. La rabbia sociale permane in Francia. Il Paese è in una situazione di collera fredda, di tensione sorda. Le diseguaglianze e la povertà continuano ad aumentare. Per il momento, questo stato d’animo dei giovani e dei ceti popolari si esprime prevalentemente nell’astensionismo che nelle ultime elezioni territoriali ha raggiunto i due terzi dell’elettorato.

Archiviato inArticoli
TagsEmmanuel Macron Francia gilets jaunes Guadalupa Martinica no pass no vax Sandro De Toni

Articolo precedente

La Russia, questa sconosciuta

Articolo successivo

Interpol, quando si dice l’uomo giusto al posto giusto

Sandro De Toni

Articoli correlati

“Insufficiente”. Stellantis licenzia a Mirafiori

Gabon: colpo di Stato o “rivoluzione di palazzo”?

La Cassazione francese chiude l’operazione “Ombre rosse”

Guerra congelata

Dello stesso autore

Difesa europea, una chimera?

Le presidenziali francesi e il voto utile a sinistra

Corsica, una sommossa che dura da più di quindici giorni

Tra la Russia e l’Ucraina una mediazione cinese?

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
Caso Regeni a una svolta?
Rino Genovese    28 Settembre 2023
L’eterno ritorno dei “taxi del mare”
Agostino Petrillo    26 Settembre 2023
La versione di Giorgio: modernizzazione senza conflitto e senza popolo
Michele Mezza    25 Settembre 2023
Ultimi articoli
Bologna, una sentenza molto attuale
Stefania Limiti    29 Settembre 2023
Paradossi nelle elezioni americane
Stefano Rizzo    29 Settembre 2023
Benvenuti a Haiti!
Vittorio Bonanni    29 Settembre 2023
“Insufficiente”. Stellantis licenzia a Mirafiori
Paolo Andruccioli    28 Settembre 2023
Meloni ci ripensa, banche in festa
Paolo Barbieri    27 Settembre 2023
Ultime opinioni
Napolitano, il craxiano del Pci
Rino Genovese    25 Settembre 2023
La violenza giovanile maschile
Stefania Tirini    13 Settembre 2023
Per una scissione nel Pd
Nicola Caprioni*    12 Settembre 2023
Dalla democrazia politica alla democrazia delle emozioni
Massimo Ilardi    7 Settembre 2023
Il bagnasciuga di Giorgia Meloni
Giorgio Graffi    4 Settembre 2023
Ultime analisi
Tutti i progetti portano a Roma
Paolo Andruccioli    28 Luglio 2023
Roma riprende la cura del ferro
Paolo Andruccioli    21 Luglio 2023
Ultime recensioni
“Storia dei razzismi” di Renato Foschi
Rino Genovese    2 Ottobre 2023
“Io capitano” di Garrone
Antonio Tricomi    21 Settembre 2023
Ultime interviste
Ecco perché a Brandizzo c’è stata una strage
Paolo Andruccioli    4 Settembre 2023
“La pace è un cammino”
Guido Ruotolo    6 Giugno 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Cina Claudio Madricardo covid destra elezioni Emmanuel Macron Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra guerra Ucraina Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA