
Sembra una boutade a giorni alterni. Davvero il Cavaliere aspira al Quirinale? Davvero mancano una ventina di voti per raggiungere l’obiettivo? E i grandi elettori sono a maggioranza un suo esercito? Da non credere che il politico, pregiudicato, imprenditore, piduista, speculatore, affarista, frequentatore di prostitute più divisivo della storia dell’Italia repubblicana, aspiri a rappresentare il Paese nato dalla Resistenza.
E, dunque, sembra davvero una boutade. È vero che Silvio Berlusconi si ritiene l’“Immortale”, che con un suo amico medico napoletano trapiantato a Catania, “scambista”, Umberto Scapagnini, sul finire del secolo scorso, fece da cavia ingurgitando mix di farmaci che riteneva che magicamente si trasformassero in un elisir di lunga vita. Ma davvero il Quirinale potrebbe trasformarsi in una sala per i “bunga bunga”? C’è qualcosa che non torna.
Per le condanne passate in giudicato, per i processi in corso, per le archiviazioni e le prescrizioni ottenute grazie alle sue leggi ad hoc, quando aveva la maggioranza in parlamento e imponeva leggi che lo dovevano aiutare a rimanere “immacolato”: per tutto questo, eleggerlo a capo dello Stato rappresenterebbe un’offesa non tanto alla morale pubblica quanto alla storia repubblicana.
Nel secolo scorso la tradizione culturale e i movimenti politici di ispirazione comunista, socialista e cattolica trovarono una intesa per dare vita alla Repubblica. E la scelta dei capi dello Stato è stata sempre fatta individuando la personalità che potesse rappresentare quel patto costitutivo.
Fateci caso, negli ultimi mesi Silvio Berlusconi è entrato e uscito dalla clinica o dall’ospedale “amico” per accertamenti. E nessun giornale, neppure un giornale amico, ha mai sospettato che il Cavaliere stesse male davvero. Superato il pericolo di dover presenziare alle udienze dell’ultimo processo in corso sulle escort, puntualmente il suo medico personale, Alberto Zangrillo, annunciava che si trattava di “stress” e che “a breve” sarebbe stato dimesso.
Siamo ridotti davvero male se Silvio Berlusconi viene rimpianto anche da una parte dell’opinione pubblica democratica. Lui gioca su questo per convincersi e convincere che salire sull’Alto Colle è l’esito naturale della sua storia politica.
Solo che Berlusconi non è più il “federatore” del centrodestra. Un ruolo che svolse dalla sua discesa in campo, nel 1994, e per un buon ventennio. Non è vero che lui ha sempre rappresentato l’ala moderata della coalizione della Casa delle libertà. È stato un vero picconatore della Repubblica, della sua Costituzione, delle sue leggi. Ha animato i conflitti tra le istituzioni, ha dichiarato guerra alla magistratura, anche ai suoi massimi vertici, e ha strattonato più di una volta il capo dello Stato dalla giacchetta.
E oggi, ultraottantenne, si presenta con il ramoscello d’ulivo. Qualche centrista potrebbe anche farsi ammaliare dalla sirena Berlusconi. Ed è per questo che la boutade della candidatura Berlusconi va seguita con attenzione.
Nei giorni scorsi è trapelata la notizia che i compari Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sono coinvolti nell’inchiesta per riciclaggio dalla procura di Firenze, dopo le dichiarazioni nel processo contro la “ndrangheta stragista” che si è celebrato a Reggio Calabria dove ha deposto il boss di Brancaccio, Palermo, Giuseppe Graviano. Ma non vi vergognereste di essere rappresentati da uno chiamato in causa da Graviano?