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Sotto il Vesuvio, l’intreccio tra politica e camorra
Perquisizioni a tappeto, incriminazioni per mafia, per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. E poi le commissioni d’accesso prefettizie che lasciano intuire un destino segnato: lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni di mafia. Solo oggi è tornata l’antimafia investigativa e amministrativa nei comuni sotto il Vesuvio: Castellammare di Stabia, Torre Annunziata, Torre del Greco, Ercolano. Si tratta di centinaia di migliaia di cittadini sotto scacco. Ma questa volta non c’è più quella ribellione della società civile che ha accompagnato, sostenuto, applaudito l’attività della magistratura e delle forze di polizia negli anni Novanta e nei primi del nuovo millennio.
Oggi colpiscono il silenzio della gente e la permeabilità del nuovo ceto politico locale. Debole, non in grado di reagire, connivente più per paura, e forse incapacità di comprendere quello che accade, che per consapevole partecipazione alle attività dei vecchi clan che sono tornati. La camorra ha rialzato la testa perché lo Stato non è stato in grado di prevenire e colpire, di creare anticorpi, di avere sentinelle sui territori. Fa impressione la capacità di penetrazione nelle amministrazioni pubbliche della camorra. Nei giorni scorsi, buona parte dell’amministrazione comunale di Torre Annunziata, funzionari comunali e imprenditori sono finiti indagati (e perquisiti) per i loro rapporti con gli eredi del clan di Valentino Gionta.
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C’era una volta l’antimafia
C’era una volta l’antimafia, che si nutriva di rivolta civile – ricordate le lenzuola bianche stese sui davanzali di Palermo, all’indomani delle stragi Falcone e Borsellino? – che dava linfa al lavoro delle forze di polizia e della magistratura. Che produceva mutamenti profondi nella società, soprattutto quella meridionale.
Era minoritaria, all’inizio, l’antimafia. Peppino Impastato fu ucciso a Cinisi nel 1978, in una tragica solitudine. Riaprendo così quella catena di sangue di sindacalisti e militanti di sinistra che la mafia aveva ammazzato da Portella delle Ginestre in poi. E anche poliziotti e carabinieri, magistrati e giornalisti, furono uccisi dalla mafia perché estranei a una società sonnolenta che non vedeva la convivenza tra pezzi delle istituzioni, mafia, classi dirigenti e massonerie varie. E dunque rappresentavano un pericolo per questo sistema.