Tag: Libia
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“L’Europa bloccherà le partenze da Libia e Tunisia”. È questo il titolo dell’intervista rilasciata quest’oggi dalla commissaria europea agli Interni, Ylva Johansson, sulla questione dei migranti. Il testo comincia così: “Stiamo già parlando con le autorità libiche e con il governo ad interim di Abdul Hamid Dbeibeh: ci sono riscontri e opportunità positive, sono pronta a impegnarmi per esplorare la possibilità di chiudere un nuovo accordo con la Libia senza aspettare le elezioni di dicembre”. Il quotidiano romano che l’ha intervistata, la Repubblica, aggiunge subito dopo: “È la prima volta che un responsabile europeo parla dei negoziati con il nuovo governo di Tripoli per mettere fine alle partenze incontrollate, e spesso mortali, dei migranti verso Lampedusa”. Specifica l’intervistata al riguardo della Libia: “Abbiamo riscontri molto positivi con il governo ad interim, ci sono opportunità di lavorare bene con Tripoli. Sono pronta a impegnarmi con la Libia per esplorare le possibilità di un nuovo accordo. Detto questo, ogni Paese ha le sue specificità, non si può fare un copia incolla di altre intese come quella con la Turchia. La Libia ha anche bisogno di strumenti e capacità nella gestione dei migranti e inoltre è inaccettabile lasciare le persone nei campi in cui oggi sono rinchiuse”.
Ora, bisogna essere onesti con se stessi prima che con gli altri. È noto da tempo (dal 2003) che l’operazione di “esportazione della democrazia” è fallita non per colpa dell’acquirente ma del venditore. La democrazia non è una soltanto, non è neanche una merce, e mettere un amico compiacente al posto del vecchio despota non è democrazia. Ma l’interesse per la Libia permane vivo per tutta l’Europa, e per l’Italia e la Francia in primo luogo. Questo interesse si chiama “idrocarburi”. La Libia ne è ricca, come tutti sappiamo. Ma nel frattempo la Libia è caduta nelle mani di bande di mercenari e trafficanti dopo un intervento che ci ha coinvolto, ma senza la disponibilità a investire una lira nel democracy building. Meglio far finta di credere che era “bello” vendere l’idea “la Libia ai libici”, come se uno Stato si possa edificare sulla carta del technical support che l’Onu offrì a chi in pochi mesi mise in piedi, in un Paese senza strutture, le “libere elezioni”.
Migranti: da Minniti a Draghi nulla è cambiato
C’è un numero di passaporto intorno a cui l’Italia oggi dovrebbe discutere per chiarirsi le idee su come il nostro Paese affronti – coerentemente, da almeno cinque anni – la questione “migranti”. Intanto è bene chiarire che si è trovato il modo per definirli tutti “migranti forzati”. Mi sembra l’unica definizione corretta e li chiamerò così. Ma veniamo al numero: G52FPYRL; è quello del passaporto di Abd al-Rahman al-Milad, detto Bija, il potente capo della guardia costiera libica ospitato nel 2017 in Italia, quando al Viminale c’era Minniti, per quei negoziati che dovevano avviare a soluzione la questione del controllo delle coste libiche.
Accusato di essere un trafficante di uomini, di petrolio e di armi, Bija dichiarò che quello era il suo passaporto, con il quale era entrato in Italia, con tanto di visto. La circostanza fu smentita dal governo Conte 2, che negò che fosse quello il documento di Bija. Se era venuto in Italia, ci era venuto da clandestino. Ora, però, è l’Interpol a confermare che si tratta proprio del numero di passaporto di Abd al-Rahman al-Milad detto Bija, nel frattempo scarcerato a Tripoli, dopo alcuni mesi di detenzione per i reati citati, quale eroe nazionale. Subito dopo è stato promosso. La sigla compare nel documento con cui l’Europa rinnova le sanzioni contro di lui, congelandone i beni in patria e all’estero.