• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Articoli » In Svezia sdoganata l’estrema destra

In Svezia sdoganata l’estrema destra

Il partito capeggiato da Jimmie Akesson, arrivato in seconda posizione dietro ai socialdemocratici, ha la concreta possibilità di entrare in maggioranza con i moderati. Tra le responsabilità del governo uscente di centrosinistra, la politica su migranti e rifugiati

13 Settembre 2022 Vittorio Bonanni  531

In Svezia sono ormai un lontano ricordo i tempi del premier Olof Palme, forse il leader socialdemocratico più avanzato della storia dell’Occidente, assassinato nel 1986. Ma che nel 2022 una formazione politica, con antiche simpatie per il Terzo Reich, conquistasse nelle elezioni politiche il 20,7% dei consensi, con concrete possibilità di arrivare al governo, beh, questo sarebbe stato difficilmente immaginabile fino a poco tempo fa. A piazzarsi al secondo posto, sono stati infatti i Democratici di Svezia (Sverigedemokraterna), capeggiati da Jimmie Akesson, arrivati subito dopo i socialdemocratici della premier Magdalena Andersson, che hanno conseguito il 30,5% dei voti, e che dovranno avvalersi – per poter restare al governo – del sostegno dei centristi del Centerpartiet, dei verdi (Miljopartiet) e del Partito di sinistra (Vansterpartiet). Ma se i conservatori moderati capeggiati da Ulf Kristersson – terzo partito del Paese con il 19% dei consensi – fossero sostenuti dai partiti più piccoli (liberali e cristiano-democratici), e accettassero l’imbarazzante sostegno di Akesson, potrebbero conquistare la guida del nuovo esecutivo.

Allo stato attuale delle cose, il centrosinistra, dato inizialmente in vantaggio, conterebbe 173 parlamentari su 349, contro i 176 assegnati al centrodestra. I voti postali e quelli arrivati dall’estero, non ancora conteggiati, difficilmente potranno cambiare radicalmente lo scenario elettorale, anche se la differenza tra le due coalizioni è di appena cinquantamila voti.

Ma chi è questo Akesson? Un giovane svedese medio, ex musicista, laureato in Scienza politiche, un uomo “normale”, almeno fino a quando non ha deciso di fare il salto di qualità manifestando pericolose simpatie di estrema destra. Akesson è cresciuto in una famiglia della classe media, con un padre imprenditore e una madre che lavorava come infermiera a So lvesborg, una città di 9.000 abitanti nel sud della Svezia. Nel 1995, abbandona i moderati entrando a far parte della Gioventù democratica svedese, della quale è leader dal 2000 al 2005. Nel 2010, il suo partito (nato nel 1988 dal gruppo neonazista Bevara Sverige Svenskt) entra per la prima volta nel Riksdag (il parlamento svedese) con il 5,7% per la contea di Jönköping: Akesson diventa così deputato. Il risultato consente ai Democratici di ottenere venti seggi.

Fin dall’inizio, questa formazione si è caratterizzata come depositaria di una cultura estremista e xenofoba. Poi, nel 2012, Akesson – evidentemente consapevole che con quelle caratteristiche un avvicinamento alla stanza dei bottoni sarebbe stato difficile – decide di avviare una politica di “tolleranza zero contro il razzismo e l’estremismo” presenti nel partito. Ne è conseguito, a detta di opinionisti e politologi, un repulisti solo parziale. A farne le spese, l’intera sezione giovanile, mentre altri dirigenti politici, che non avevano preso le distanze da certe idee, sono rimasti nel partito. Akesson, pur potendo giocare un ruolo decisivo nella formazione di un esecutivo di destra, non potrà tuttavia ambire alla premiership, malgrado i consensi del suo partito siano, come abbiamo detto, superiori a quelli dei moderati di Ulf Kristersson.

Ma perché un Paese socialista, liberale e accogliente per decenni, sta conoscendo questa deriva? Tutti ricorderanno i tanti esuli latinoamericani che giunsero in Scandinavia, in fuga dalle dittature, e anche l’accoglienza riservata recentemente a centinaia di rifugiati, curdi compresi, che rappresentano circa il 10% della popolazione svedese. Niente di apparentemente drammatico, visto che la Germania è a quota 12%, e da noi gli immigrati sono circa il 9% dell’intera popolazione. Ma nelle grandi città svedesi le cose sono cambiate radicalmente. Un flusso migratorio poco controllato sarebbe responsabile di gravi episodi di violenza, che hanno trasformato le tranquillissime città del più grande Paese scandinavo rendendole simili a quelle del resto d’Europa e del continente americano. Si sono verificati scontri armati tra gang per il controllo del traffico della droga, con un conseguente aumento del numero delle vittime.

Questi temi sono entrati dunque con forza nel dibattito elettorale. Anche la più tollerante sinistra non ha potuto non prenderne atto. L’attuale premier ha ammesso di avere affrontato con leggerezza la gestione dell’immigrazione. Nel corso della campagna elettorale si è posta l’obiettivo di combattere i “ghetti”, che indubbiamente favoriscono le dinamiche criminali: “Non vogliamo avere Chinatown in Svezia, non vogliamo avere Somalitown o Little Italy. Il nostro punto di partenza – aveva detto Magdalena Andersson, in un’intervista al quotidiano “Dagens Nyether” – è una società in cui persone con background, esperienze e reddito diversi convivono e si incontrano”. Insomma, dietro queste difficoltà, ci sarebbe la mancata integrazione, unica strada – sottolineano i socialdemocratici – per evitare il proliferare della violenza.

Monica Perosino, esperta di Paesi dell’Europa centrale e della Scandinavia, giornalista della “Stampa”, riporta i dati dalla polizia nazionale: “Nel 2022, 47 persone sono state uccise a colpi di arma da fuoco e 74 sono rimaste ferite. Nel 2021 – aggiunge – 45 persone erano state uccise, 115 i feriti. Numeri altissimi per un Paese con dieci milioni di abitanti, dove fino a pochi anni fa non si chiudeva a chiave la porta di casa”. La centralità di un’emergenza, alla quale gli svedesi non erano abituati e che dunque non sono stati in grado di gestire, ha messo ai margini altre problematiche non secondarie. Da un lato, la questione economica. L’esecutivo è stato costretto a stanziare 23 miliardi di euro per tutelare le proprie utilities – le aziende che gestiscono servizi di pubblica utilità (gas, luce, telefono) – e per proteggerle da speculazioni di vario genere. Dall’altro, la questione della Nato con la rimozione del veto turco, in cambio della fine dell’accoglienza dei rifugiati politici curdi che ha riguardato anche la Finlandia (vedi qui). Decisione che ha suscitato non poca indignazione all’interno della sinistra europea, delle associazioni umanitarie e, ovviamente, tra le associazioni e i partiti curdi.

Secondo “Notizie geopolitiche”, “Ankara aveva fatto pesare i molti asili politici offerti ai curdi, circa centomila, e non di rado a oppositori politici al governo turco o all’occupazione turca della Siria settentrionale. Come pure – sottolinea la testata – il sostegno politico alle formazioni curde che ha visto, dal 2019, il divieto di importazione in Svezia di armi turche a causa delle operazioni militari contro le Forze di difesa del popolo kurdo (Ypg), considerato come una propaggine del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) ma anche protagonista nella lotta all’Isis, nel momento in cui decine di migliaia di foreign fighters transitavano liberamente per gli aeroporti turchi diretti in Siria e in Iraq, e i feriti dello Stato islamico venivano curati negli ospedali turchi”.

Il cedimento alle richieste turche, al fine di entrare nella Nato, ha già prodotto la prima vittima. Lo scorso mese Zinar Bozkurt, giovane attivista curdo di 26 anni, omosessuale, esponente del partito curdo Hdp, rifugiato in Svezia dall’età di 18 anni, è stato arrestato, e ora potrebbe essere estradato in Turchia. Cerca di ridimensionare le ragioni dell’arresto il ministro della Giustizia, Morgan Johansson, adducendo il reato di frode fiscale che l’attivista avrebbe commesso in Turchia; ma si fa fatica a credere a questa versione dei fatti. Anzi. Come ha denunciato Abdullah Deveci, l’avvocato di Bozkurt in un’intervista al “manifesto”, “da tre anni i servizi segreti svedesi Säpo hanno una profonda cooperazione con il Mit turco, finalizzata alla persecuzione dei rifugiati curdi”. I legali del giovane tenteranno ora il ricorso presso la Corte di giustizia europea, anche perché il suo orientamento sessuale lo metterebbe ancora più a rischio.

A prescindere dagli esiti di questa storia, la credibilità della Svezia sul terreno della protezione dei perseguitati politici rischia di conoscere la parola fine. Il tutto per garantirsi, entrando nella Nato, una maggiore protezione nel caso si verificasse un’aggressione da parte della Russia, ritenuta dai più assolutamente improbabile. Obiettivo che in ogni caso non si può conseguire consegnando nella mani del carnefice militanti di un popolo perseguitato da oltre un secolo, nell’indifferenza dei potenti della terra.

Archiviato inArticoli
Tagscurdi destra elezioni Svezia immigrati integrazione Jimmie Akesson Nato rifugiati socialdemocratici Svezia Turchia Vittorio Bonanni

Articolo precedente

Cile, Svezia e tra qualche giorno l’Italia: una sinistra senza bussola

Articolo successivo

Letta e Meloni: i commenti sulla cravatta triste e il vestito verde

Vittorio Bonanni

Articoli correlati

Tra Meloni e Salvini difficoltà a destra

La foga contro-riformatrice della destra

A sinistra niente di nuovo

Il laboratorio olandese ripropone lo slogan “socialismo o barbarie”

Dello stesso autore

A sinistra niente di nuovo

Madrid e Lisbona: sinistra a due velocità

Spagna, Sánchez trova l’accordo per il governo

La marcia indietro di Edith Bruck

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
Una politica sonnambula esorcizza il rapporto del Censis
Michele Mezza    4 Dicembre 2023
Roma, il progetto Fori: ben oltre l’Expo
Ella Baffoni    30 Novembre 2023
Bergoglio papa della “rivoluzione pluralista”
Riccardo Cristiano    29 Novembre 2023
Ultimi articoli
Venezuela, referendum come puro espediente propagandistico?
Claudio Madricardo    5 Dicembre 2023
Ultimi giorni dell’umanità a Dubai
Agostino Petrillo    4 Dicembre 2023
Genova, inseguendo il “frontemare”
Agostino Petrillo    1 Dicembre 2023
La foga contro-riformatrice della destra
Stefania Limiti    30 Novembre 2023
A sinistra niente di nuovo
Vittorio Bonanni    28 Novembre 2023
Ultime opinioni
Tra Meloni e Salvini difficoltà a destra
Guido Ruotolo    5 Dicembre 2023
Perché Bergoglio sarebbe andato a Dubai
Riccardo Cristiano    1 Dicembre 2023
Politici dalla doppia vita
Guido Ruotolo    30 Novembre 2023
Lettera sul femminicidio
Lorenzo Cillario    27 Novembre 2023
Franco Prodi, un negazionista all’attacco del papa
Enzo Scandurra    22 Novembre 2023
Ultime analisi
Antisemitismo tra i giovani di sinistra?
Giorgio Graffi    27 Novembre 2023
Il laboratorio olandese ripropone lo slogan “socialismo o barbarie”
Michele Mezza    24 Novembre 2023
Ultime recensioni
“Palazzina Laf”, confino dell’anima
Rossella Lamina    4 Dicembre 2023
Ken Loach contro l’oscenità della speranza
Rossella Lamina    27 Novembre 2023
Ultime interviste
Expo 2030, le ragioni della sconfitta di Roma
Paolo Andruccioli    5 Dicembre 2023
La Terra ha gli anni contati. Serve una Costituzione mondiale
Paolo Andruccioli    5 Ottobre 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Claudio Madricardo covid destra elezioni Elly Schlein Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra guerra Ucraina Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Matteo Salvini Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA