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In Svezia sdoganata l’estrema destra
Cile, Svezia e tra qualche giorno l’Italia: una sinistra senza bussola
A Stoccolma, la più gloriosa tradizione socialdemocratica – peraltro rinnovata e modernizzata in questi ultimi anni di governo, con una robusta presenza di ceti innovativi – non sembra reggere all’avanzata della destra populista, dopo che a Santiago anche l’alleanza di un “populismo di sinistra”, reso vitale da una salda tradizione di militanza operaia, ha perso smalto con il referendum costituzionale (vedi qui).
I risultati italiani daranno un’altra versione di una sconfitta seriale: la sinistra sembra non riuscire più a parlare nel Ventunesimo secolo. La dinamica svedese appare proprio esplicita. Al di là della contabilità finale, che potrebbe vedere, sul filo di uno o due seggi, prevalere uno o l’altro degli schieramenti, il dato politico vede il centrosinistra, con la potente socialdemocrazia integrata dall’alleanza di due ali (una di sinistra più radicale e l’altra di centristi più moderati), in affanno rispetto all’offensiva sociale della destra. Più che una proposta, è un sentimento che mette in ombra le singole strategie programmatiche del governo socialdemocratico uscente, ossia l’insoddisfazione e la paura di vedere logorati i propri margini di benessere. Persino quando non ci sono.
La Svezia, la Finlandia e il biglietto di ingresso nella Nato
Che cosa c’è nell’ostilità della Turchia all’ingresso di Svezia e Finlandia...
Un salario minimo legale ed europeo
Troppi immigrati? Perché il Nord Europa si difende
Che cosa accade a Stoccolma e Copenaghen sul fronte immigrati? È in atto una forte frenata nelle avanzatissime politiche di accoglienza e integrazione di cui si vantavano la Svezia e la Danimarca? Sì, è così. I partiti socialdemocratici, tornati a governare nelle due capitali, hanno corretto energicamente da qualche tempo le proprie politiche sul tema. Come mai e perché? Vale la pena contestualizzare il problema prima di parlare di “stretta autoritaria” o, peggio, di perdita della tradizionale civiltà scandinava e socialdemocratica.
La Svezia ha poco più di dieci milioni di abitanti, di cui un milione e duecentomila sono immigrati regolarmente registrati. In realtà sono molti di più, e comunque oltre il 10% del totale della popolazione, barriera ritenuta compatibile per non creare scossoni sociali e procedere a politiche inclusive. È poi indubbio che negli ultimi vent’anni i Paesi scandinavi abbiano assorbito, in percentuale, più immigrati che gli altri Paesi europei. Inoltre, le società del Nord Europa sono ritenute assai democratiche e accoglienti, ma sociologicamente compatte: religione maggioritaria protestante, valori etici condivisi, parità uomo/donna raggiunta, alta natalità grazie alle politiche sociali.
In Svezia prima donna premier: eletta, bocciata, ma ci riprova
In Svezia il voto alle donne è in vigore dal 1862, primo Paese al mondo a legalizzarlo iniziando dalle elezioni comunali (in Italia entrò in vigore solo nel 1946, in occasione del referendum repubblica/monarchia). Mai però una donna era stata eletta premier fino a mercoledì scorso, quando la scelta di primo ministro è caduta sulla leader socialdemocratica, Magdalena Andersson. L’incarico è durato tuttavia otto ore. Si è trattato di un record. I verdi hanno infatti ritirato l’appoggio al governo non condividendo la legge di bilancio annuale, criticata da destra dal Partito di centro, e da sinistra dagli ecologisti, oltre che dal Partito della sinistra (Stoccolma è governata negli ultimi anni da esecutivi di unità nazionale). Sono lontani i tempi – quelli di Olof Palme e Willy Brandt – in cui in Scandinavia e in Germania governavano saldi monocolori socialdemocratici. La crisi economica e politica post-1989 ha morso anche qui.
A proposito di Berlino, proprio ieri, è andata meglio per gli equilibri di governo. È stato infatti dato il via libera al governo “semaforo” tra socialdemocratici, verdi e liberali, dopo l’accordo sul dicastero delle Finanze che va a questi ultimi. Cancelliere verrà eletto, perciò, il socialdemocratico Olaf Scholz. Il caso tedesco conferma, come in Svezia, la fine dei governi monocolori, o moderati o socialdemocratici (l’unità nazionale tra Spd e Cdu ha contrassegnato le ultime legislature in Germania).
Magdalena Andersson, la più tirchia d’Europa
La ministra delle Finanze svedese, Magdalena Andersson, è diventata nei giorni scorsi presidente del Partito socialdemocratico e si appresta a succedere come premier a Stefan Löfven, che guida un esecutivo appoggiato da centristi, ecologisti e Partito della sinistra. Una formula politica, questa, che ha avuto lo scopo (dopo le elezioni del 2018, in cui i socialdemocratici non hanno raggiunto più del 28% dei voti) di mettere in un angolo i conservatori e l’estrema destra. La notizia potrebbe rallegrarci, perché – perfino in una Svezia che è molto avanti nel protagonismo femminile nella vita sociale – si tratta della prima volta di una donna.
Ma c’è un ma. Lei stessa si è autodefinita la più tirchia dei ministri europei, avendo schierato il suo Paese con quel gruppo dei cosiddetti “frugali” che hanno opposto molte difficoltà alla realizzazione del piano post-pandemico europeo: quello, per intenderci, che sta dando un sacco di soldi all’Italia. Le ragioni di tale avarizia furono illustrate da Andersson in un’intervista: come potremmo spiegare ai nostri elettori e ai nostri pensionati, i quali pagano tasse elevatissime, che il loro denaro deve andare a Paesi come la Spagna e l’Italia in cui ci sono tasse più basse o una forte evasione fiscale? La domanda non fa una piega. Solo che la soluzione del problema non sta nell’essere “frugali”, quanto piuttosto in un’armonizzazione delle politiche fiscali all’interno dell’Unione europea.