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Il moderatismo italiano e i suoi destini

23 Giugno 2022 Rino Genovese  732

Un principio fatale regge i destini del moderatismo italiano, e lo si può esprimere così: “Per quanti sforzi facciate per collocarvi al centro dello schieramento politico, ci sarà sempre un altro che si posizionerà più al centro di voi”. È una sorta di centrismo sempiterno, quello scaturito dalla fine dell’unico partito che abbia coperto tutte le sfumature del centro per oltre quarant’anni: la Democrazia cristiana. Dopo di questa, c’è stata una diuturna corsa al centro da parte di partiti, partitini, o semplici frammenti. L’ultimo in ordine di apparizione ha preso il nome di “Insieme per il futuro”: e i malevoli già pensano che il “futuro” consisterebbe nel conservare almeno un posto di ministro in un prossimo governo, qualunque sia la maggioranza di cui quello sarà espressione (del resto, l’attuale responsabile degli Esteri ha già dimostrato, nella legislatura in corso, capacità indubbie al riguardo). Di Maio si posiziona un po’ più al centro rispetto a Conte – che pure è al centro, ma con qualche lieve inclinazione a sinistra. E nei confronti del povero Letta? Ancora più al centro, naturalmente.

C’è una difficoltà, però. Pare che sia in cantiere un’altra iniziativa, più centrista di tutti i centrismi possibili, che dovrebbe aggregare anche Renzi, e forse perfino l’amico-nemico Calenda (che di centro tuttavia non si autodefinisce), intorno al sindaco di Milano Sala, sponsor un imprenditore e deputato dallo specchiato curriculum centrista – Forza Italia-Scelta civica-Pd-Italia viva –, uno del varesotto che ci metterebbe i soldi. Si tratterebbe di una “cosa” più draghiana di quanto siano draghiani tutti gli altri. Che farà a quel punto il draghianissimo Di Maio? Sarà o no della partita?

In attesa di una risposta, che verrà vivendo, possiamo insistere sull’analisi del centrismo italico. L’obiettivo di chi vota “al centro” è quello della conservazione sociale, ovviamente, o di un “riformismo” (la parola ha cambiato di significato sotto la pressione moderata, e non significa quasi più quello che poteva significare un tempo) di marca neoliberista. L’obiettivo di chi fa politica “al centro” è di stare al governo purchessia, cioè di amministrare l’esistente con un alleato qualsiasi. Per Andreotti era la “politica dei due forni”: mi alleo a destra, mi alleo a sinistra, a seconda delle circostanze e delle opportunità.

È vero che questo centrismo si gioverebbe di una legge elettorale proporzionale; ma anche così – cioè senza una proporzionale coerente, sia pure con uno sbarramento –, presentandosi fuori dai due schieramenti principali, un rassemblement iperdraghiano può arrivare piuttosto in alto. Già il pessimo Monti, con una formazione improvvisata – Scelta civica, nome perfino più anodino che “Insieme per il futuro” –, arrivò più o meno al 10%. Un raggruppamento centrista filo-tecnocratico, potrebbe puntare a un risultato elettorale analogo, comunque di tutto rispetto. Tale da scombinare non poco i giochi di Letta (e anche quelli della destra, in verità). L’elettore qualunquista già grillino potrebbe essere attratto da questa proposta anziché da quella, più di centrosinistra, di Conte e dei suoi. Letta così potrebbe lamentarsi di essere finito in un “campo ristretto” anziché “largo”. Per di più, con il sistema elettorale attuale, se debbo andare a votare il bonzo dei 5 Stelle nel collegio uninominale (si ricordi che non è permesso il voto disgiunto), poniamo l’attuale presidente della Camera Fico, è probabile che non ci vada affatto. Allo stesso modo, l’elettore ex grillino doc, non sarebbe incentivato a votare per un candidato di Letta nell’uninominale, e sceglierebbe magari la candidatura di un dimaiano iperdraghiano.

Insomma, una volta assodato che il moderatismo con la sua corsa al centro è ineliminabile dalla politica italiana, tanto vale dargli lo spazio che gli compete con la proporzionale, che servirebbe tra l’altro – come già detto in un precedente articolo – a motivare maggiormente un elettorato sfiduciato, specie di sinistra. Altrimenti – una volta caduto anche Letta per avere sbagliato i calcoli elettorali, come già accadde a un precedente segretario del Pd, Bersani –, ci toccherà magari di ringraziare i centristi iperdraghiani che avranno evitato una vittoria sic et simpliciter dei torvi personaggi della destra, oppure perché saranno disponibili ad andare al governo con loro al fine di evitare il peggio, trattenendoli su posizioni più… moderate.

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TagsCarlo Calenda centrismo democrazia cristiana Luigi Di Maio matteo renzi moderatismo proporzionale Rino Genovese

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