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Regione Lazio, quelli che non ci stanno
Impressioni elettorali a caldo
Previsioni della vigilia rispettate. Il cartello delle destre vince le elezioni trainato dal partito di Giorgia Meloni che arriva intorno al 25%. Si apre una fase apparentemente scontata – quella del conferimento dell'incarico da parte di Mattarella alla leader di Fratelli d'Italia –, ma il governo di destra-centro che nascerà avrà al suo interno la grossa incognita della sorte di Salvini, che crolla all'8-9%: la Lega lo farà fuori? Berlusconi salva la pellaccia ottenendo un risultato molto vicino a quello leghista. Si conferma un'analisi che vuole Meloni come l'erede del berlusconismo, oltre che del fascismo, e che vede la sua formazione come espressione emergente, ormai, del blocco borghese del Nord, pronto a orientarsi opportunisticamente verso una destra vandeana, guidata da una romana di estrazione popolare.
Per quanto riguarda la "non destra", il Pd, come previsto, non supera il 20%: e si porrà di fatto la questione della segreteria Letta, che ha condotto una inesistente campagna elettorale, oltre ad avere sbagliato il modo di presentarsi alle elezioni. Un fallimento su tutta la linea. Che ha fatto, in gran parte, le fortune di Conte e dei suoi che rimontano, come previsto, fino al 17% circa. Al palo – ma sopra lo sbarramento – resta la lista unitaria tra i verdi e la sinistra di Fratoianni.
A sinistra l’accordo tormentato col Pd
Tutte le ambasce a sinistra del Pd
Il parlamento europeo boccia (per ora) il Green Deal
Il nucleare europeo e i dilemmi della coalizione “semaforo”
Il sole che ride ammiccante, associato alla scritta Atomkraft nein danke (“energia atomica no grazie”), è un ricordo che accompagna tutta una generazione di militanti antinucleari. I verdi tedeschi sono stati tra gli antesignani del movimento di critica all’impiego del nucleare per la produzione di energia già molto prima della catastrofe di Chernobyl. Ricordo che da ragazzo mi colpì il racconto di un amico che descriveva la loro presenza di massa e la loro organizzazione durante quella che è passata alla storia come la “battaglia di Malville” del 1977, una giornata di scontri violenti che si svolsero intorno a un’allora costruenda centrale francese, e a cui parteciparono anche molti militanti italiani. Questo avveniva ancor prima che si costituissero formalmente in partito nel 1980, e cominciassero il loro lungo processo di conquista delle istituzioni.
Oggi che i verdi sono uno degli elementi integranti della colazione che governa la Germania, non è difficile immaginare come la decisione di includere il nucleare nella “tassonomia verde” delle energie in cui investire per la transizione ecologica dell’Unione europea sia stata tormentata, e abbia scosso non poco le acque all’interno della coalizione. Due importanti ministri del governo, Robert Habeck, che presiede al dicastero Economia e protezione del clima, e Steffi Lemke, che sta all’Ambiente, hanno espresso durissime critiche alla decisione presa in sede europea. Habeck ha liquidato con disprezzo tutta la faccenda come greenwashing, mentre Lemke ha tuonato alla radio di una “gravissima falsificazione” in corso, pur ammettendo che sarà difficile “fare macchina indietro”.
Il destino dell’Europa appeso al ministero delle Finanze tedesco
La coalizione “semaforo”, che si appresta a governare la Germania, continua ad accapigliarsi intorno alla futura composizione del governo e sull’attribuzione dei ministeri: in particolare lo scontro è molto duro su alcuni dicasteri chiave, come quello delle Finanze. Dopo i primi pourparler, le trattative ufficiali sono cominciate la settimana scorsa, e i partiti hanno affermato di avere l’obiettivo di chiudere il “contratto di governo” entro fine novembre.
La contesa intorno alle Finanze è particolarmente accesa, dato che si tratta del ministero più importante dopo il cancellierato. È un ministero estremamente politico e potentissimo, visto che non solo pianifica la gestione delle risorse finanziarie, ma è anche un riferimento obbligato per gli altri ministeri – alla faccia della sbandierata “collegialità” delle decisioni che vengono prese. Il ministro delle Finanze è dotato, in Germania, di una sorta di “superpotere”: può esercitare un diritto di veto nei confronti delle proposte avanzate dagli altri colleghi. Sebbene sia stato spesso rilevato dai politologi come questo diritto di veto sia in realtà una “spada dal filo smussato”, rimane la possibilità, per il detentore della poltrona, di bloccare processi e progetti che non lo convincono.