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Forza militare? Ciò che l’Europa potrebbe essere ma non è
Von der Leyen, presidente della Commissione europea, sembra convinta che l’Unione debba dotarsi di una sua propria forza militare. Si parla di un piccolo esercito di cinque o seimila addetti, che – a differenza di quanto avviene con l’attuale battaglione dei millecinquecento, composto solo di forze di terra – dovrebbe potere intervenire nei cieli e nei mari, senza trascurare il cyberspazio, ovviamente, sempre più decisivo in qualsiasi scenario di guerra.
Ma è questa una buona proposta? Apparentemente sì, perché qualsiasi passo avanti nel senso di un’integrazione sovranazionale, dentro un processo politico iniziato nel lontano 1957 con i trattati di Roma, è da accogliere come una notizia positiva. Tuttavia, nel merito, le perplessità sono parecchie. Non è chiaro, per dirne una, quali sarebbero i rapporti di questa nuova forza militare con la Nato: se fossero “di sintonia”, come si è letto o sentito dire, l’Europa sarebbe di fatto ancora una volta al rimorchio della ben più consistente “protezione armata” offerta dagli Stati Uniti. Logica vorrebbe, se si procedesse verso una difesa integrata tra i paesi europei, che questa fosse del tutto separata dalla Nato, la cui funzione – è opportuno ricordarlo – si sarebbe esaurita già negli anni Novanta del Novecento, con la fine del mondo sovietico nei cui confronti la Nato avrebbe dovuto funzionare da ombrello protettivo.