Qual è la linea dell’Unione europea rispetto ai tragici eventi in corso in Israele e nella striscia di Gaza? Questa domanda, che appariva assolutamente legittima durante la prima settimana dopo gli assalti e i massacri terroristici di Hamas in Israele, oggi ha una risposta chiara: la posizione unitaria e univoca dei Ventisette è quella che è stata espressa più volte, fin dai primi giorni, dall’alto rappresentante per la Politica estera e la sicurezza comune dell’Unione, Josep Borrell, e poi formalizzata in un comunicato emesso domenica 15 ottobre dai leader della Ue, e confermata dalla riunione in videoconferenza del Consiglio europeo e dalle dichiarazioni del suo presidente, Charles Michel, il 17 ottobre.
Oltre alla condanna senza mezzi termini degli attacchi terroristici di Hamas contro i civili israeliani e all’appello a liberare gli ostaggi, oltre a “sottolineare con forza” il diritto di Israele a difendersi, i leader dei Ventisette nel loro comunicato hanno affermato che questa difesa deve essere esercitata “in linea con il diritto umanitario e internazionale”, e hanno ribadito “l’importanza di garantire la protezione di tutti i civili in ogni momento in linea con il diritto internazionale umanitario”. I leader dell’Ue hanno anche richiamato “l’importanza della fornitura di aiuti umanitari urgenti”, dicendosi “pronti a continuare a sostenere i civili più bisognosi a Gaza in coordinamento con i partner, garantendo che tale assistenza non venga abusata da organizzazioni terroristiche”, e avvertendo che “è fondamentale prevenire l’escalation regionale”. I Ventisette, infine, hanno sottolineato “la necessità di impegnarsi ampiamente con le legittime autorità palestinesi e con i partner regionali e internazionali che potrebbero avere un ruolo positivo da svolgere nel prevenire un’ulteriore escalation”.
Questa dichiarazione non corrisponde pienamente, invece, alla linea non solo di solidarietà a Israele, ma anche di appoggio incondizionato alla sua risposta agli attacchi subiti da Hamas, anche quando violavano il diritto internazionale umanitario, che fin dall’inizio ha espresso la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Una linea affermata chiaramente durante il suo viaggio lampo in Israele (insieme alla presidente del parlamento europeo, Roberta Metsola, ma senza aver concordato nulla né con Michel, né con Borrell), ma che von der Leyen è stata costretta a correggere dopo il pronunciamento degli Stati membri.
Dietro le quinte, la presidente della Commissione è stata accusata di avere abusato delle sue prerogative, attribuendosi una funzione, quella di rappresentare le posizioni di politica estera dell’Unione, che secondo i Trattati può svolgere solo su mandato del Consiglio Esteri dell’Unione o del Consiglio europeo (i capi di Stato e di governo). Durante la videoconferenza dei leader dell’Ue, diversi Paesi (Irlanda, Francia, Spagna, Lussemburgo, Belgio e Portogallo) l’hanno criticata in modo insolitamente duro per aver rischiato di compromettere al livello internazionale l’unità e l’univocità del messaggio europeo in un’ora tanto grave.
Nelle sue ultime dichiarazioni, finalmente, ogni volta che ha perorato il sacrosanto diritto di Israele all’autodifesa, von der Leyen si è sempre ricordata di aggiungere “nel rispetto del diritto internazionale”. Ma la presidente della Commissione ha ancora cercato di giustificare la sua posizione diversa da quella del Consiglio, nel suo intervento davanti al parlamento europeo, durante il dibattito del 18 ottobre in plenaria a Strasburgo sul conflitto in Medio Oriente, in cui ha indicato una sorta di gerarchia delle affermazioni che possono essere fatte in queste circostanze.
“L’Europa – ha detto – sta al fianco di Israele in questo momento buio. Questo è il punto di partenza essenziale. E credo che fosse importante far passare questo messaggio di solidarietà di persona, in Israele, a pochi giorni dall’attentato di Hamas”. Perché, ha aggiunto von der Leyen, “solo se riconosciamo il dolore di Israele e il suo diritto a difendersi avremo la credibilità di affermare che Israele dovrebbe reagire come una democrazia, in linea con il diritto umanitario internazionale. E che è fondamentale proteggere le vite dei civili, anche e soprattutto nel mezzo di una guerra. Dobbiamo prima ascoltare, se vogliamo essere ascoltati”.
Borrell, che ha parlato prima e dopo la presidente della Commissione nel dibattito di Strasburgo, l’ha chiaramente contraddetta. “Tutti abbiamo condannato – ha detto l’alto rappresentante Ue – l’orrore indescrivibile degli attacchi patiti da Israele, attacchi contro la popolazione civile che hanno lasciato tanti morti, colpendo tante persone indifese in un momento in cui stavano celebrando la vita, e invece hanno incontrato faccia a faccia la morte. Ripetiamolo ancora una volta, e diciamo anche che Israele evidentemente ha il diritto di difendersi. Lo ha sempre avuto, e chiunque venisse attaccato in modo così brutale avrebbe il diritto di difendersi. Ma credo che tutti siamo uniti nel dire anche che il diritto alla difesa, come tutti i diritti ha dei limiti. In questo caso sono i limiti sanciti dal diritto internazionale e in particolare dal diritto umanitario”.
“Certamente – ha continuato Borrell – condanniamo questi tremendi attentati terroristici, ma penso che dobbiamo anche condannare il fatto che ci siano delle vittime civili di Gaza, che sono già tremila. Dimostrare la nostra compassione per le vittime degli attentati terroristici non dovrebbe impedirci di mostrare la nostra compassione anche per altri morti”.
“Allo stesso modo in cui possiamo dire che è una tragedia abominevole uccidere 270 giovani che stavano celebrando la vita”, durante gli attacchi terroristici di Hamas in Israele, “non possiamo dire anche che è una tragedia altrettanto riprovevole che siano morti sotto le bombe 700-800 bambini a Gaza? Non possiamo dire le due cose insieme? Perché se denuncio una tragedia, questo mi dovrebbe togliere la forza morale per denunciarne un’altra? Al contrario: la forza morale per condannare qualcosa ce l’ho se condanno allo stesso modo un’altra cosa uguale che è stata fatta in un altro luogo, da altra gente, magari più vicina a me”, ha sottolineato l’alto rappresentante, ed era chiaramente una risposta a von der Leyen.
“Se non comprendiamo questo, non possiamo essere utili per tentare di risolvere il conflitto”, ha affermato Borrell, e ha aggiunto: “Gli Stati membri dell’Ue sono stati d’accordo nel dire, in un comunicato congiunto insieme ai Paesi del Golfo”, il 10 ottobre, “che sospendere le forniture di acqua a una comunità sotto assedio”, come ha fatto Israele con Gaza, “è contrario al diritto internazionale, e non possiamo accettarlo. Non possiamo accettare che sia così, anche queste cose devono essere prese in conto quando si valuta un conflitto”. E questo vale “in Ucraina come a Gaza, e se non siamo capaci di dirlo in entrambi i luoghi manchiamo della autorità morale necessaria perché la nostra voce sia ascoltata”, ha concluso l’alto rappresentante.
Un riferimento polemico chiaro, ancorché implicito, a quanto Ursula von der Leyen aveva detto sempre al parlamento europeo e sul suo account Twitter nell’ottobre 2022, a proposito dell’aggressione militare russa all’Ucraina, quando aveva qualificato come crimine di guerra e “atti di puro terrore”, gli attacchi della Russia contro le infrastrutture civili, in particolare le forniture di acqua, elettricità, e riscaldamento per uomini, donne e bambini con l’arrivo dell’inverno.