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Nuovo vertice del Pd: una borraccia ancora vuota

La borraccia che le viene passata quando inizia a parlare, al posto del solito bicchiere d’acqua, è il simbolo dello stile da determinata attivista...

Perché la violenza contro le donne?

“Il primo contrasto di classe che compare nella storia coincide con lo sviluppo dell’antagonismo tra uomo e donna nel matrimonio monogamico, e la prima oppressione di classe coincide con quella del sesso femminile da parte del sesso maschile”: così Engels in L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato. Il pensiero socialista ha saputo mettere a fuoco come l’evoluzione sociale sia consistita in un progressivo asservimento della donna all’uomo: specialmente a partire da quelle culture arcaiche in cui è ipotizzabile, al contrario, un sistema delle relazioni del tutto diverso, incentrato sul matriarcato. È soprattutto però con il passaggio al moderno modo di produzione capitalistico che la regola diventa la monogamia come un regime imposto alla donna, per avere la certezza che il patrimonio lasciato in eredità da un uomo vada proprio ai suoi figli e non ad altri. Ma, come Engels non manca di sottolineare, l’istituto monogamico è ipocrita: permette livelli di trasgressione molto differenti nel caso dell’uomo e in quello della donna, con una tolleranza diversa registrata perfino dai codici, che puniscono l’adulterio della donna e non quello dell’uomo, se non in via eccezionale. E con l’adulterio c’è l’altra immancabile istituzione che accompagna la famiglia, quella della prostituzione.

Oggi si dice che le cose siano cambiate. In parte lo sono, è vero, ma non più di tanto, e comunque non esattamente nella direzione sperata. Il capitalismo si è diffuso a tal punto, diventando “modo di produzione e di consumo”, che non esiste più strato sociale al riparo dall’ipocrisia borghese riguardante la famiglia e, più in generale, i rapporti di coppia. Forse le forme più oneste di oppressione della donna sono quelle ancora presenti nel mondo arabo e islamico: in certi contesti, è proclamato a chiare lettere che le donne non contano nulla per sé, che sono solo cose appartenenti a un marito, a un padre, a un fratello. Lì è evidente l’oltraggio che si fa alle persone.

A proposito di un libro di Achille Occhetto

Con il suo ultimo libro, Achille Occhetto (Perché non basta dirsi democratici. Ecosocialismo e giustizia sociale, Guerini e Associati, 2022, pp. 200, 18,50 euro)...

Al cinema lente d’ingrandimento sul conflitto sociale

Come scrive Rino Genovese su “terzogiornale” (vedi qui), è divenuto difficile definire oggi cosa sia una classe sociale e la propria appartenenza ad essa;...

Se i profitti si chiamano stipendi

Una piccola imprenditrice alberghiera in Abruzzo (che si appresta a votare probabilmente per i due improvvisatori, Renzi e Calenda) diceva pochi giorni fa: “Magari non mi do lo stipendio pur di pagare le quattro che lavorano con me”, cioè le addette alle pulizie e al riordino delle camere, assunte con regolari contratti part time. Non c’è motivo di dubitarne, e ci sarebbe semmai da esclamare: “Vorrei vedere!”. È piuttosto la indebita generalizzazione che, nel contesto, la signora intendeva trarne che va criticata: l’impresa privata sarebbe votata al benessere dei dipendenti, quasi un’opera di carità. Ciò che l’imprenditrice ovviamente ometteva di aggiungere era che la sua attività economica le deriva da proprietà ereditate senza versare neppure una tassa di successione degna del nome, e che il denaro che intasca non si chiama stipendio ma profitto.

In linea di massima, i profitti sono aumentati non poco negli scorsi decenni, mentre in Italia, come attestano tutte le statistiche, i salari sono rimasti al palo. Nelle regioni del Nord, quelle a più alta intensità produttiva, le relazioni industriali da tempo sono diventate un affare quasi del tutto corporativo: padroni e padroncini non hanno operai e impiegati, soltanto collaboratori. È la base sociale, come si sa, del leghismo, una forma di populismo a carattere regionale, consolidatosi sullo sfondo di un’ideologia “padana” e xenofoba, esaltante lo spirito d’iniziativa di un certo genius loci –  e che oggi si sta in parte riorientando verso il postfascismo di Giorgia Meloni (mentre il berlusconismo, populismo mediatico adeguato a una fase trascorsa, è ormai in netto declino, pur essendo all’origine delle fortune politiche delle destre estreme, riciclate e non, nel nostro Paese).

Meloni a Cernobbio: atlantismo e conti in ordine

Parlavamo di luoghi del potere qualche giorno fa (qui), a proposito di Rimini e del congresso ciellino. Nel fine settimana è andato in scena...

Inebetita rassegnazione alla catastrofe

Su “terzogiornale” (vedi qui) mi è già capitato di ricordare un’osservazione di Walter Benjamin su un modo di dire del piccolo borghese tedesco degli...

La paura come fattore sociale: una riflessione

C’è un eterno protagonista della nostra storia. La paura. Ma la paura di un tempo, quella precedente al capitalismo, era una paura personale. E...

Piccolo paradosso per evitare una guerra mondiale

Facile porre fine al contenzioso tra la Russia e la Nato: basterebbe che la prima chiedesse di entrare nella seconda! Così, già inutile dopo la fine del Patto di Varsavia, l’Alleanza atlantica diventerebbe superflua del tutto e finalmente potrebbe sciogliersi. In fondo, già prima che si dissolvesse l’“impero del male” (come lo aveva chiamato Ronald Reagan), i “due mondi” avevano mostrato più punti di contatto che differenze: stessa brutalità nell’affrontare le controversie internazionali (gli Stati Uniti con la guerra nel Vietnam, l’Unione Sovietica con l’invasione dell’Afghanistan), stesso industrialismo spinto, con disprezzo totale dell’ambiente. Per arrivare a un ingresso della Russia di Putin nella Nato, tuttavia, sarebbe necessario che essa non fosse quel regime illiberale e nazionalista che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, che non avesse annesso la Crimea, che non mirasse oggi, probabilmente, ad annettersi il Donbass, che si comportasse in questa zona di frontiera con l’Ucraina non diversamente dagli austriaci nel Sud Tirolo. Che fosse, insomma, un’economia capitalistica come tutte le altre, e non quel sistema governato da un ex del Kgb, nostalgico di una grandezza che non può tornare, espressione degli interessi di un’oligarchia che conta, a quanto pare, non più di ventimila persone.

L’interesse capitalistico e il contrasto alla pandemia

Dispiace che sia stato proprio il premier spagnolo Sánchez a dichiarare che sarebbero maturi i tempi per iniziare a considerare la pandemia, in cui...