Tag: capitalismo
Inebetita rassegnazione alla catastrofe
La paura come fattore sociale: una riflessione
Piccolo paradosso per evitare una guerra mondiale
Facile porre fine al contenzioso tra la Russia e la Nato: basterebbe che la prima chiedesse di entrare nella seconda! Così, già inutile dopo la fine del Patto di Varsavia, l’Alleanza atlantica diventerebbe superflua del tutto e finalmente potrebbe sciogliersi. In fondo, già prima che si dissolvesse l’“impero del male” (come lo aveva chiamato Ronald Reagan), i “due mondi” avevano mostrato più punti di contatto che differenze: stessa brutalità nell’affrontare le controversie internazionali (gli Stati Uniti con la guerra nel Vietnam, l’Unione Sovietica con l’invasione dell’Afghanistan), stesso industrialismo spinto, con disprezzo totale dell’ambiente. Per arrivare a un ingresso della Russia di Putin nella Nato, tuttavia, sarebbe necessario che essa non fosse quel regime illiberale e nazionalista che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, che non avesse annesso la Crimea, che non mirasse oggi, probabilmente, ad annettersi il Donbass, che si comportasse in questa zona di frontiera con l’Ucraina non diversamente dagli austriaci nel Sud Tirolo. Che fosse, insomma, un’economia capitalistica come tutte le altre, e non quel sistema governato da un ex del Kgb, nostalgico di una grandezza che non può tornare, espressione degli interessi di un’oligarchia che conta, a quanto pare, non più di ventimila persone.
L’interesse capitalistico e il contrasto alla pandemia
Glasgow, il movimento ambientalista si radicalizza
Scene di ordinario capitalismo, oggi come ieri
La “lunga marcia” del Partito comunista cinese
Fa una certa impressione vedere Xi Jinping indossare la vecchia giacca di Mao. Non che si possa dire che non vi sia una qualche continuità, in questi cento anni di storia cinese all'insegna del Partito comunista (fondato come all'incirca tutti i partiti comunisti nel 1921), ma la celebrazione in pompa magna suona un po' come se si volesse far ruggire una tigre (per prodursi in una metafora, genere di cui era specialista il "grande timoniere") dopo averla operata all'ugola. La Cina non è più quella – sebbene il segretario del Partito e presidente della Repubblica popolare abbia polemizzato contro il "nichilismo storico" di chi non vuole riconoscere i grandi passi avanti compiuti.
D'accordo, il gigantesco paese ha raggiunto un grado di benessere (abbastanza) diffuso; si è formata quella che si dice una "classe media"; la formula del dopo-Mao – "arricchitevi!", lanciata a suo tempo da Deng Xiaoping – ha trasformato la vita di milioni di persone, più di quanto avessero fatto tutte le campagne maoiste messe insieme. Ma c'è un tarlo che rode la vita sociale e politica cinese dall'interno. Ed è la mancanza di libertà, il dominio del partito unico, la lotta sorda tra le cricche, al momento sedata sotto la salda leadership di Xi, ma pronta a riesplodere prima o poi.