“Faremo una battaglia senza limiti, finché non avremo ottenuto il risultato: ci sono le condizioni per poterlo fare. Siamo noi che rappresentiamo la maggioranza di questo Paese. Non possiamo stare fermi, vogliamo batterci. Prendiamo un impegno: noi non ci fermeremo. Andremo avanti fino a quando non avremo raggiunto gli obiettivi”. Sono le parole usate sabato 7 ottobre da un Maurizio Landini particolarmente emozionato sul palco di piazza San Giovanni a Roma, gremita come nelle più grandi occasioni (in Cgil c’è chi ricorda solo il Circo Massimo tra le manifestazioni più partecipate degli ultimi anni).
La riuscita della manifestazione è un fatto indiscutibile ed è il primo messaggio che arriva alla politica dalla piazza sociale. C’è un pezzo d’Italia che non si rassegna e chiede una risposta alla politica. Quella di sabato, con le decine di associazioni (non solo laiche) in piazza insieme alla Cgil, è stata infatti prima di tutto una manifestazione sociale, un importante segnale di una possibile ripresa di un movimento di opposizione, e sicuramente la prova dell’esistenza di una rete associativa che vive nei territori a livello locale e nazionale. La richiesta di partecipazione politica sembra essere più grande (ed esigente) di quello che si rappresenta sui media, e non si esaurisce a quanto pare nei video, nei selfie e nel procedere caotico dei social.
Neppure il video con gli insulti a Giorgia Meloni (condannati subito da Landini) è riuscito a oscurare il successo di popolo, anche se poi – com’era prevedibile – nei titoli della rassegna stampa del giorno dopo l’ha fatta da padrone la polemica sul sessismo dei militanti cigiellini. Ma chi ha partecipato ai cortei di sabato ha capito subito molto bene che si era trattato della solita operazione di distrazione di massa. “Stupisce – ha dichiarato per esempio Cecilia D’Elia, senatrice Pd, responsabile delle politiche per la parità e vicepresidente della Commissione sui femminicidi – che la presidente del Consiglio, come unica reazione alla manifestazione abbia scelto di postare quel video che ovviamente è esecrabile. Noi siamo stati sempre contrari a qualsiasi utilizzo degli attacchi sessisti in politica e in qualsiasi contesto. Ma quel video non si può prendere come l’unica rappresentazione mediatica di una grande manifestazione che ha espresso una grande ricchezza di contenuti”.
Il secondo messaggio lanciato dal segretario generale della Cgil Landini è ancora più ambizioso, ma deve essere tradotto in un percorso credibile. Sulla “via maestra” della Costituzione per difendere i diritti fondamentali dei lavoratori e di tutti i cittadini. La promessa di Landini è semplice e chiara: “faremo una battaglia senza limiti finché non avremo ottenuto il risultato”. Ma è proprio questo “risultato” che si deve delineare nei contorni e nei tempi, perché rifarsi alla Costituzione vuol dire prima di tutto dare consistenza ai suoi principi traducendoli in conquiste, diritti esigibili e realizzati, com’è successo negli anni delle grandi battaglie per il diritto del lavoro e per il diritto alla scuola e alla salute. Ora il sindacato deve essere in grado di ottenere risposte concrete contro il dilagare del lavoro precario, i bassi salari (tra i più bassi d’Europa), il peggioramento delle condizioni di lavoro e, in generale, il peggioramento delle condizioni sociali dei cittadini a partire dal ridimensionamento del welfare e dello svuotamento della sanità pubblica, le tante ingiustizie fiscali. Su tutto questo la gente che era in piazza sabato scorso si aspetta risposte concrete. O almeno di poter partecipare allo sblocco di uno stallo che dura da troppo tempo e ha regalato il timone alla destra.
Dopo aver incassato una grande vittoria d’immagine con la manifestazione (questa volta neppure la solita guerra delle cifre sui partecipanti l’ha potuta ridimensionare), la Cgil ha quindi l’urgenza di cominciare a portare a casa i primi risultati a un anno dalla sconfitta delle sinistre e dell’insediamento del governo guidato da Giorgia Meloni. Il passo successivo potrebbe essere lo sciopero generale. Ma sulla via maestra non sarà una tappa facile per due motivi di fondo: il primo riguarda le divergenze interne al mondo sindacale; il secondo, la difficoltà di individuare e scegliere due o tre punti qualificanti: quali saranno gli slogan dello sciopero? Sul primo punto, la risposta della Cisl è netta: niente sciopero generale. Il segretario generale Luigi Sbarra si è spinto ancora più avanti: i diritti dei lavoratori? “Saranno garantiti se si darà più ascolto a noi e meno a Landini”. La Uil, che negli ultimi anni ha marciato sempre insieme alla Cgil, sembra divisa e titubante. Insomma, il rischio concreto è che si riproponga il vecchio schema degli accordi e degli scioperi separati.
Sul salario minimo, il fronte sindacale e politico potrebbe essere invece più unito. Il giorno dopo la manifestazione di piazza San Giovanni il cartello di forze di opposizione ha dato vita al “Firma day”, l’iniziativa a supporto del salario minimo legale a nove euro l’ora. “Abbiamo bisogno di tornare in parlamento rafforzati da un forte sostegno popolare su questa proposta, perché sotto i nove euro non è lavoro, è sfruttamento”, ha dichiarato la segretaria Schlein. “Non accetteremo mai che una legge di civiltà possa essere affossata”, ha detto il leader dei 5 Stelle, Giuseppe Conte, che comunque sabato a Roma aveva scelto di non esserci.
L’altra grande questione, quella che potrebbe diventare il vero fulcro del possibile sciopero generale, riguarda la prossima manovra finanziaria. Sul nodo delle risorse, ha ribadito Landini, “bisogna andare a prendere i soldi dove sono. Non è vero che in Italia non ci sono, abbiamo 110 miliardi di evasione fiscale, bisogna prenderli lì, non si può continuare a vivere sui lavoratori dipendenti e pensionati che pagano il 95% dell’Irpef. Bisogna tassare le rendite finanziarie e immobiliari”. Per questo, la Cgil propone di ripartire dalla Carta costituzionale. “La nostra Carta parla di cose precise: del diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, a un salario dignitoso, a un fisco progressivo, all’autonomia della magistratura, alla libertà dell’informazione”, ha ricordato Landini. La stessa Costituzione che ripudia la guerra.
Intanto, dopo il bagno di folla che ha accolto sabato la segretaria Elly Schlein a Roma, il Pd prepara il suo appuntamento dell’11 novembre, una manifestazione nazionale che si terrà sempre a Roma, anche se non è ancora stata decisa la piazza. “Ci stiamo preparando – ha detto la segretaria nazionale nell’ultima riunione di direzione –, abbiamo lanciato una grande manifestazione a cui sono tutti invitati per l’11 novembre a Roma sul diritto alla salute, che è messo in discussione dai tagli di Meloni e del suo governo, sulla scuola pubblica come prima grande leva di emancipazione sociale, sul lavoro dignitoso, sul contrasto al cambiamento climatico, sulle politiche industriali che servono al Paese per stare dentro queste transizioni a testa alta”.
Alla manifestazione nazionale, lanciata dal Partito democratico, il Movimento di Conte ha già detto che parteciperà. E lo stesso potrebbe fare l’Alleanza verdi-sinistra, anche se non è stata ancora comunicata una linea ufficiale. “Io penso che di fronte a questo governo ogni occasione per costruire una convergenza debba essere colta – ha spiegato il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni –, il che non vuol dire rimuovere differenze e non confrontarsi, anche talvolta dividersi su singoli elementi di merito, ma avere un approccio che lavori alla costruzione delle convergenze mi sembra non solo una possibilità, ma in questo contesto anche un dovere”.
Una posizione molto diversa da quella del leader di Azione, Carlo Calenda, che si deve ancora riprendere dalla brutta performance con gli operai della Magneti Marelli: “Ho il massimo rispetto per il Pd e per il Movimento 5 Stelle e per le loro battaglie politiche, ma non sono le nostre”. “Il nostro lavoro è far sedere a un tavolo maggioranza e opposizione per parlare di cose concrete, come i salari, non fare manifestazioni. A meno che non si tratti di diritti, pace, guerra, come abbiamo fatto con l’Ucraina. Non si può andare continuamente in piazza, non aiuta la serietà della politica”.