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Corruzione e violenza in America latina

Dal rapporto di Transparency International emerge, nella maggioranza dei Paesi, l’intreccio tra attività criminali e istituzioni pubbliche. Ma ci sono anche alcuni dati in miglioramento

8 Febbraio 2023 Ludovica Costantini  663

L’Uruguay al pari del Canada, e il Cile che si distanzia per soli due punti dagli Stati Uniti d’America: sono i dati dell’ultimo indice internazionale sulla corruzione pubblicato il 31 gennaio 2023 dalla Ong Transparency International. Nicaragua, Venezuela e Haiti registrano invece i numeri peggiori, posizionandosi agli ultimi posti della classifica. “La mancanza di un’azione coraggiosa e decisa per combattere la corruzione e rafforzare le istituzioni pubbliche sta alimentando l’attività criminale organizzata, minando la democrazia e i diritti umani e minacciando gli obiettivi di sviluppo sostenibile” – afferma il rapporto sulle Americhe, secondo cui le attività criminali permeano le istituzioni pubbliche.

L’indice di percezione della corruzione viene pubblicato ogni anno, e classifica 180 Paesi in tutto il mondo in base ai loro livelli percepiti di corruzione nel settore pubblico, con un punteggio su una scala da zero (altamente corrotto) a cento (per nulla corrotto). Il rapporto del 2022 mostra che la maggior parte dei Paesi non riesce a fermare la corruzione, rimanendo in posizione stagnante, come nel caso del Cile, o peggiorando. Inoltre, a livello globale, più di due terzi dei 180 Paesi analizzati hanno un “problema serio” di corruzione nel 2022, secondo la Ong, e il punteggio medio (43 punti) è rimasto senza miglioramenti per l’undicesimo anno consecutivo. Sono pochi, infatti, i Paesi in tutto il mondo che hanno avuto successo nella lotta alla corruzione e sono riusciti ad avanzare nella classifica, tra cui Bolivia e Uruguay, che nell’ultimo report occupano rispettivamente la 126esima e la 14esima posizione.

La debolezza dell’apparato istituzionale ha creato terreno fertile per le organizzazioni militari parastatali che hanno preso il posto dello Stato: “In Honduras, Guatemala e Perù gli studi dimostrano che le bande criminali esercitano una forte influenza anche sui candidati politici, tramite il finanziamento delle campagne elettorali, o anche candidando i membri stessi dei gruppi armati” – afferma Transparency International. L’analisi contenuta nel report procede anche con l’individuazione dei principali problemi che affliggono i Paesi, come l’estorsione nei confronti dei cittadini, per mano delle gang in Honduras, o come la complicità degli apparati di giustizia statali con le organizzazioni armate, come nel caso del Guatemala, dove numerosi giornalisti, che si sono esposti sul problema della corruzione, sono stati arrestati. El Salvador confermail trend negativo iniziato dopo il 2020, quando il presidente Bukele ha avviato una dura guerra contro le pandillas con la dichiarazione dello stato di emergenza: il che ha portato ad arresti ingiustificati, soprusi e violazione dei diritti umani, con la concessione all’esecutivo di poteri straordinari per sospendere le garanzie costituzionali dello Stato di diritto.

Nella sua analisi, Transparency International cita anche l’instabilità politica che affligge il Perù, con sei cambi di governo in sei anni, e dove cinque ex presidenti sono indagati per corruzione, tra cui Pedro Castillo. La repressione delle manifestazioni, innescata dal suo allontanamento a dicembre, ha provocato finora più dicinquanta morti: questo, secondo la Ong, è un indicatore di come la corruzione dell’apparato pubblico influisca sui livelli democratici di un Paese. Registra un trend fortemente negativo, da ormai sei anni, il Venezuela, che ha perso fino a quattro punti nella classifica. Secondo il report sulle Americhe, nel Paese gli affari illegali nel 2022 hanno rappresentato più del 20% del Pil. I gruppi criminali, infatti, esercitano un importante controllo sui processi estrattivi dell’oro, e riescono a mantenere la stretta economica e sociale sulle attività minerarie tramite la corruzione dei comandanti militari.

Dall’altro lato, tra i top performers nella classifica globale, troviamo il Cile, che si conferma alla 67esima posizione per il sesto anno consecutivo, insieme all’Uruguay, che ha un trend estremamente positivo dal 2018, riuscendo a scalare la classifica passando da un punteggio di 70/100 a 74/100. Nel caso del Cile, il risultato non appare sorprendente, proprio perché in linea con gli anni passati: questa stabilizzazione dimostra, da un lato, la fermezza delle istituzioni democratiche, e, dall’altro, rende palese come la lotta alla corruzione non sia stata una priorità negli ultimi anni.

I due Paesi da tenere invece sotto controllo nel prossimo futuro, secondo Transparency International, sono Brasile e Colombia. L’ex presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, insieme ad alcuni membri del suo governo, è stato oggetto di diversi processi con l’accusa di corruzione: ciò mostra come, nonostante un apparato statale costruito nel corso di decenni, attraverso cui sono stati fatti numerosi passi avanti, la lotta alla corruzione occupi ancora un posto importante nell’agenda politica del nuovo governo Lula. Tra l’altro, i governi afflitti dalla corruzione non hanno la capacità di proteggere le persone, ed è quindi più probabile che il malcontento popolare, in tali contesti, si trasformi in violenza. È appunto il caso del Brasile, dove “la combinazione di corruzione, autoritarismo e rallentamento economico si è rivelata particolarmente volatile”, portando anche all’attacco alla democrazia, cui si è assistito a gennaio di quest’anno.

Ci si aspetta, invece, un risultato positivo dalla Colombia che, con l’amministrazione del presidente Petro, potrebbe aprire un nuovo capitolo nella lotta alla corruzione, conducendo così a un riposizionamento del Paese nell’indice internazionale per il 2023. La Colombia, infatti, negli ultimi anni, è rimasta ferma al punteggio di 39/100, e, nonostante ci sia ancora molto lavoro da fare, questi sono i risultati migliori ottenuti dal Paese negli ultimi dieci anni.

Delia Ferreira Rubio, presidente di Transparency International, ha spiegato che “i governi non sono riusciti, collettivamente, a contrastare questo fenomeno e, con ciò, esacerbano l’aumento della violenza e dei conflitti che si registrano oggi, ponendo pericoli per le persone in tutte le parti del mondo”. I governi latinoamericani dovrebbero riuscire a rafforzare le istituzioni pubbliche per costruire una efficace rete di lotta alla corruzione, promuovendo la trasparenza nell’attività statale e giudiziaria, e offrendo un sistema di protezione per chi denuncia crimini di corruzione. Come dimostrano i Paesi top performers, è possibile raggiungere questi obiettivi e migliorare le generali condizioni di vita nella regione, in modo tale che, con uno sforzo collettivo, l’America latina possa raggiungere nuovi livelli di stabilità democratica.

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TagsAmerica latina corruzione Ludovica Costantini Transparency International violenza

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