• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Opinioni » Come dare il bonus per le stragi naziste con i soldi degli altri

Come dare il bonus per le stragi naziste con i soldi degli altri

Un articolo dell’ultimo decreto legge sul Pnrr protegge la Germania dalle richieste di risarcimento per i crimini commessi durante la seconda guerra mondiale. Così si offende il diritto internazionale e si indeboliscono i principi a tutela dei diritti umani e delle garanzie in contesti bellici

10 Maggio 2022 Luca Baiada  3705

Dentro l’ultimo decreto legge per l’attuazione del Pnrr, quello del 30 aprile, all’articolo 43, è comparso un fondo che riguarda i crimini commessi dalla Germania a danno di italiani durante la seconda guerra mondiale. Sembra una buona novità, anche se tardiva. Ma l’apparenza inganna. Ricapitoliamo. Trentamila morti nelle stragi, quasi un milione di deportati, niente giustizia. Sul tema, la Fondazione per la critica sociale organizzò un convegno in Senato. In sostanza, la giustizia penale è stata vanificata, anche grazie all’“armadio della vergogna”, il deposito di fascicoli trascurato per mezzo secolo. Quanto alla giustizia civile, per i risarcimenti, l’Italia non ha protetto i suoi cittadini; e chi ha provato a far causa in Germania, a spese sue, ha trovato orecchie sorde. Nei tribunali italiani, poi, niente tutela, perché gli Stati non si condannano fra loro: è la regola par in parem non habet iurisdictionem.

Negli anni Novanta Luigi Ferrini, un aretino deportato nel 1944 e tornato molto malconcio, fa causa alla Germania. Nel 2004 la Cassazione decide a sezioni unite: basta col latinorum, quando si tratta di crimini gravissimi si può condannare anche uno Stato estero. Da allora fioccano sentenze, ma Berlino non paga. Allora si tenta l’esecuzione forzata: ipoteca su Villa Vigoni, una sontuosa proprietà a Como. Lesa maestà! La Germania di Angela Merkel porta l’Italia davanti alla Corte internazionale di giustizia, all’Aia. L’esito è una pronuncia ipocrita: ammette che le vittime hanno ragione, ma dice che in fin dei conti gli Stati non si processano e la roba loro non si tocca. Fine della storia.

Colpo di scena nel 2014. Interviene la Corte costituzionale. Per la Consulta la decisione dell’Aia è quel che è, ma in Italia non ha efficacia quando si tratta di crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona. La motivazione richiama principi fondamentali, diritto al giudice, effettività della tutela. La strada per i risarcimenti si riapre. Da allora, in Italia, i tribunali emettono altre condanne e si cerca di nuovo il modo di eseguirle. La Germania, come prima, non paga, ma promuove la sua immagine con diversivi.

Intanto i giuristi più moderni considerano la decisione dell’Aia un ferro vecchio, mentre guardano alla sentenza Ferrini e a quella della Consulta come a conquiste della civiltà. E non si tratta solo delle conseguenze della guerra mondiale: la questione dei diritti delle vittime tocca tutti i grandi delitti dei poteri pubblici, civili o militari. Anche oggi, anche in Ucraina.

Adesso, con un atto dello scorso 29 aprile, la Germania si rivolge un’altra volta alla Corte internazionale dell’Aia, con nuove lamentele. È un passo che fa riflettere sulla giustizia internazionale: alla stessa Corte sono arrivati a febbraio il ricorso dell’Ucraina contro la Russia e, ad aprile, quello della Germania contro l’Italia. Certo, i presupposti, i procedimenti e gli argomenti giuridici sono diversi, ma il primo ricorso chiede giustizia su crimini del presente e l’altro si oppone alla giustizia su crimini del passato. Verrebbe da dire che basta temporeggiare e tutto s’accomoda.

Il giorno seguente a questo nuovo ricorso tedesco, viene firmato e pubblicato a Roma il decreto legge n. 36, “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, con dentro il regalo di una “manina”. Una coincidenza che si nota. Forse l’ubbidienza è fulminea, o più probabilmente l’uno-due (ricorso all’Aia e decreto legge) era concordato. Difficile saperne di più, viste le condizioni misere dell’accesso civico, il nostro Freedom of Information Act. Ma la “manina” cosa porta? Un fondo, con una dotazione di cinquanta milioni di euro, spalmati dal 2023 al 2026. Sui dettagli si attende un decreto interministeriale, ma la stoffa c’è già. Vediamo i buchi.

I crimini sono tedeschi, ma non è la Germania a pagare. Si attinge dal denaro della ripresa economica, nel quadro del Pnrr e quindi dell’Europa. In definitiva, a commettere crimini di Stato si rischia solo di farli pagare a qualcun altro. Un’idea che piacerebbe all’Egitto su Giulio Regeni e all’Ucraina su Andrea Rocchelli.

Alle vittime si promette un ristoro. Questi giri di parole si sentono da anni, da quando il finanziamento tedesco di iniziative culturali è stato chiamato riparazione, lenimento, simbolo pesante.

La dotazione del fondo è ridicola. Se i cinquanta milioni fossero divisi fra tutti i creditori per i massacri, per le deportazioni con morte e per quelle con ritorno (come Ferrini), per ogni vittima ci sarebbe qualche centinaio di euro. Un obolo, un bonus stragi. Un bonus, se l’avente diritto è morto, da dividere fra gli eredi, ovviamente.

Ma proprio sull’erogazione arriva il bello, perché ci sono anche le strettoie. Per avere accesso al fondo ci vuole una sentenza definitiva. Al momento, solo alcuni creditori ne hanno una, perché per decenni le cause sono state impossibili. Altrimenti ci vuole una causa già pendente. Oppure – pensa un po’ – una causa da iniziare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto. Un termine, oltretutto, più corto di quello per la conversione in legge. Se ogni famiglia creditrice andasse dall’avvocato, in un mese tutti i legali d’Italia stenterebbero a iniziare tutti i processi.

Questo termine-tagliola è chiamato “decadenza”. Si nota una certa somiglianza con l’improcedibilità inventata l’anno scorso nel processo penale: all’estinzione del reato si è affiancato un nuovo scalino e anche l’impunità è diventata resiliente . Già, solo che i risarcimenti per crimini così gravi non si prescrivono; e invece, la “manina” fa salvi gli “ordinari termini di prescrizione”, come se volesse suggerire qualcosa.

Resta ben poco dei principi della Consulta, quelli del 2014. Principi come: “Il diritto al giudice sancito dalla Costituzione italiana, come in tutti gli ordinamenti democratici, richiede una tutela effettiva dei diritti dei singoli”. Addio alla tutela effettiva. Il diritto al giudice diventa il diritto di sentire un “no” scritto prima, non si capisce se a Roma o a Berlino. Bell’esempio istruttivo. Meno male che le milizie con ambizioni criminali – ovunque, anche in Ucraina, e sotto qualsiasi bandiera – non leggono la gazzetta ufficiale italiana; potrebbero avere l’impressione di un cameratesco incoraggiamento.

Un paragrafo della decisione della Corte internazionale del 2012 invita i due Paesi a nuovi negoziati, ma in dieci anni il problema non si è risolto. Se dopo tanta incuria si invoca l’urgenza, vuol dire che grigi notabilati, mimetizzati nell’immobilismo, hanno costruito il pretesto per un condono di Stato, a danno dei crediti delle vittime. Un beneficio che protegge non solo la Germania, ma più in generale l’impunità del potere.

Archiviato inOpinioni
TagsConsulta Germania giustizia giustizia internazionale L'Aia Luca Baiada Pnrr risarcimento stragi naziste

Articolo precedente

Messico, López Obrador si inventa un referendum e lo vince

Articolo successivo

Cause delle guerre e geopolitica a fumetti

Luca Baiada

Articoli correlati

Il cantiere eterno di Roma: soldi e misteri

Cospito, prima vittoria

Il ritorno al passato della Commissione europea

Il silenzio di Elly (nonostante la conferenza stampa)

Dello stesso autore

La giustizia climatica bussa alla Corte dell’Aia

La Cassazione francese chiude l’operazione “Ombre rosse”

Governo Meloni: pronti al peggio che viene

Tribunali militari: congelato l’autogoverno

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
La destra all’attacco
Rino Genovese    30 Maggio 2023
Perché la destra non assumerebbe in Rai Giordano Bruno o McLuhan?
Michele Mezza    29 Maggio 2023
Bonaccini o non Bonaccini? È questo il problema?
Claudio Bazzocchi    26 Maggio 2023
Ultimi articoli
Visco e la gabbia della “moderazione salariale”
Paolo Barbieri    1 Giugno 2023
DeSantis versus Trump
Stefano Rizzo    31 Maggio 2023
Governo, ecco la riduzione delle tasse per i più ricchi
Paolo Andruccioli    30 Maggio 2023
In Spagna sconfitta della sinistra alle amministrative
Vittorio Bonanni    30 Maggio 2023
Vince il Sultano
Vittorio Bonanni    29 Maggio 2023
Ultime opinioni
Le condizioni per la pace
Rino Genovese    29 Maggio 2023
La destra all’attacco della cultura
Michele Mezza    15 Maggio 2023
Come Elly Schlein è diventata segretaria
Claudio Bazzocchi    10 Maggio 2023
Lucia Annunziata resuscita Fini per parlare alla sinistra
Michele Mezza    26 Aprile 2023
Un manifesto di diritti, una lotta di potere
Michele Mezza    24 Aprile 2023
Ultime analisi
Il cantiere eterno di Roma: soldi e misteri
Paolo Andruccioli    1 Giugno 2023
I conservatori, i progressisti e il mondo contemporaneo
Michele Mezza    23 Maggio 2023
Ultime recensioni
Il ritorno di Moretti
Rino Genovese    22 Maggio 2023
Europa del Nord e socialdemocrazie: un passato senza futuro?
Claudio Bazzocchi    17 Aprile 2023
Ultime interviste
“Il governo Meloni illude i lavoratori”
Paolo Andruccioli    2 Maggio 2023
La manovra del governo Meloni: sotto i numeri niente
Paolo Andruccioli    17 Aprile 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Cina Claudio Madricardo covid destra elezioni Emmanuel Macron Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia Sandro De Toni sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA