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Qualche domanda sul congresso (mediatico) della Cgil
Giorgia Meloni sarà la prima leader di destra a partecipare a un congresso della Cgil. “Giorgia accetta la sfida”. “Giorgia nella fossa dei leoni”. “La prima volta nella tana del lupo…”. Non vi annoieremo con i titoli dei giornali e con gli strilli social. E nemmeno con il dibattito che si è aperto, fuori e dentro il sindacato, sull’opportunità della scelta, che il segretario generale Maurizio Landini ha spiegato con semplicità durante la conferenza stampa di presentazione: “Noi non abbiamo mai avuto pregiudiziali e abbiamo sempre invitato a tutti i nostri congressi i presidenti del Consiglio in carica”. Poi – naturalmente – sono stati i vari governi a scegliere.
E infatti, ripercorrendo la lunga storia congressuale, si scopre che i premier che hanno voluto partecipare “di persona” alle assise del sindacato sono stati in ordine di apparizione: Giovanni Spadolini (1981), Bettino Craxi (1986), Romano Prodi (1996). Silvio Berlusconi, che ha governato l’Italia per un ventennio, inviò al suo posto Gianni Letta (2010). Con un precedente del genere era scontato che la notizia principale del XIX Congresso Cgil, che si terrà a Rimini dal 15 al 18 marzo, sarebbe stata quella dell’annuncio della partecipazione della premier, che parlerà per venti minuti, venerdì 17 marzo. In politica la superstizione è bandita.
La sinistra del futuro e il comunismo come orizzonte
Centrosinistra premiato, astensione e coalizione sono un problema
I ballottaggi confermano ciò che si era intuito nel primo turno delle elezioni amministrative: il centrosinistra è in ripresa di consensi. Dopo Milano, Napoli, Bologna, conquista Roma, Torino e altre città. Inquietante è il numero degli astenuti che supera la metà degli aventi diritto (nella capitale si è recato alle urne solo il 40%). È squinternata perciò la partecipazione democratica, e c’è un problema della democrazia tout court: non si è mai votato così poco nella storia repubblicana. I risultati nelle percentuali oltrepassano, tuttavia, le più rosee previsioni per il centrosinistra. Giusto, da tale punto di vista, tirare il classico sospiro di sollievo.
Il quadro politico in cui si svolgevano queste consultazioni non era facile. La polemica sul green pass è stata, ed è tuttora, feroce. La destra ci aggiungeva una criticità sul governo Draghi, mentre il centrosinistra (Pd in testa) si identificava totalmente con l’esecutivo. La destra – oltre a sbagliare candidati – ha usato toni nella campagna elettorale non adeguati a città che escono da due anni di sofferenze per via della pandemia, e che auspicano ora la tenuta della ripresa economica in atto.