Le controriforme vanno avanti, ma non tutto è perduto. Non sarà facile convincere il Paese ad azzerare la nostra Carta costituzionale. Il 5 aprile scorso, in occasione della presentazione del libro La pretesa del comando (autrici Sandra Bonsanti e la sottoscritta, edito da PaperFirst), nell’ambito della rassegna fiorentina “Leggere per non dimenticare”, sono intervenuti due tra i più importanti costituzionalisti italiani, Ugo De Siervo e Roberto Zaccaria: da loro giunge una visione di fiducia e “ottimismo” rispetto al processo controriformatore in corso.
Già presidente della Consulta il primo, ex presidente della “Rai dei professori” l’altro, De Siervo e Zaccaria sono espressione della scuola costituzionalistica toscana, che faceva capo a Paolo Barile: tengono alla Carta del 1948 e mostrano preoccupazione per l’assalto della destra di governo. Perché si tratta proprio di un assalto. “L’attuale governo è straordinariamente forte e stabile, non c’è alcun bisogno di modificare la Costituzione per renderlo ancora più forte” (Zaccaria). Peraltro, “il premierato, termine molto generico, non esiste nel mondo, per qualche anno lo ha adottato Israele che poi lo ha tolto di mezzo: ci sarà un motivo per cui non esiste da nessuna parte? Fare eleggere il presidente ogni cinque anni direttamente dal corpo elettorale unitamente e contemporaneamente alla elezione dei membri del parlamento, come prevede l’attuale testo governativo, significa che il potere del cittadino elettore si esaurisce in un solo voto. Ogni cinque anni, poi più niente. Pensate: per cinque anni il corpo elettorale sarebbe irrilevante. Io non sono affatto per il presidenzialismo” – dice De Siervo –, “ma comunque quel sistema è una cosa seria. Per esempio, in un sistema come quello americano, il presidente deve lottare contro il congresso che viene rinnovato a metà del suo mandato, esso ha una vita e una dialettica indipendenti dal capo del governo. Con il sistema meloniano, le leggi le farebbe in sostanza il governo” – aggiunge con l’espressione esterrefatta e disgustata di chi sa esattamente che cosa significa la morte del parlamento, avendo visto all’opera l’attuale destra: audito in commissione Affari costituzionali del Senato (come emerge dai verbali) De Siervo ha assistito “alla furia” con cui la destra vuole imporsi. In quella occasione (29 novembre 2023), “il presidente della commissione tagliò i tempi della discussione e i rappresentanti dei gruppi minori si videro costretti a chiamare i loro capigruppo e a indignarsi, per riuscire a ottenere che i lavori non venissero tagliati!”.
Una scena che deve essere apparsa surreale agli occhi di un pacato intellettuale abituato a ragionare sui pesi e i contrappesi delle regole del gioco. Poi un passaggio che riguarda il sistema nel suo complesso: “Se tutto dipende dal voto al presidente, è evidente che il coagulo che lo elegge è essenziale, e sarà lui a fare le liste elettorali, neanche le segreterie nazionali dei partiti conteranno più! Avremo una concentrazione immensa di potere e uno svuotamento immenso di democrazia”.
Proprio richiamando quella parola – concentrazione – Roberto Zaccaria manifesta un suo ottimismo circa l’esito di questa battaglia. Quali speranze abbiamo che tutto questo si fermi? gli viene chiesto. “Dunque, questo è un piano eversivo perché non c’è alcun bisogno che la maggioranza rafforzi i suoi poteri già molto ampi. Il nostro sistema istituzionale è come un tavolo che poggia su tre gambe: parlamento, governo e capo dello Stato. Se ne abbatti una crolla tutto. E pare che questo sia l’obiettivo del breve testo che modifica la Costituzione. Non c’è bisogno, in effetti, di tante parole per modificare e far venire giù tutto. Tuttavia, esiste vistosamente un incrocio di interessi e una partita di scambio: alla Lega interessa l’autonomia differenziata, pasticcio quasi equivalente a quello del premierato – il costituzionalista Villone sostiene, però, che contro quella legge, di tipo ordinario, possono ricorrere alla Consulta una o più Regioni perché si rischia di compromettere l’equilibrio del sistema –, mentre Meloni vuole il premierato”.
Insomma, la competizione all’interno della stessa compagine governativa è alta, ma il punto ancora più interessante per rompere l’ingranaggio della “presa assoluta del comando” è nella concentrazione: dice Zaccaria che “questa è la vera parola ‘pericolosa’. Concentrazione assoluta nelle mani di una persona sola e zero pluralismo. La Lega e Forza Italia avranno paura esse stesse, al momento del voto, di affidare una delega così assoluta e irreversibile”. E ancora: “Quando sarà in ballo la Costituzione italiana, alle urne non andrà come spera la destra, il Paese l’ha sempre preservata da modifiche ampie, eccessive, distorsive. Lo ha fatto contro Berlusconi, poi contro Renzi. E lo farà contro Meloni”. Parola di costituzionalisti.