Giorni complicati per il governo Meloni. Non ci sono solo i vari guai a catena provocati dalle notizie giudiziarie, che coinvolgono esponenti di spicco dell’area governativa, a partire ovviamente dal caso Santanchè, per arrivare poi anche alle brutte notizie di cronaca che coinvolgono la famiglia del presidente del Senato, La Russa. Oltre al teatrino mediatico, sono però le questioni di fondo che bruciano. Una delle due gambe della politica della destra conservatrice (la prima è il presidenzialismo), l’autonomia differenziata, o come la chiamano alcuni studiosi la “secessione dei ricchi”, sembra vacillare sotto i colpi dei critici, anche interni allo schieramento governativo. L’ultima botta sono state le dimissioni eccellenti. Dopo neanche tre mesi dall’inizio dei lavori, il Comitato che deve definire gli standard minimi di servizio pubblico indispensabili per garantire i “diritti civili e sociali”, in vista dell’autonomia differenziata, sembra incrinarsi pericolosamente.
Si è parlato di uno strappo interno ai “saggi” messo in atto dagli ex presidenti della Corte costituzionale, Giuliano Amato e Franco Gallo, insieme all’ex presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, e all’ex ministro della Funzione pubblica, Franco Bassanini. I quattro big – che erano stati scelti insieme ad altri 57 direttamente dal ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli – hanno deciso di fare un passo indietro con una lettera, anticipata dal “Sole 24 Ore”, indirizzata al presidente del Comitato, Sabino Cassese, e allo stesso ministro leghista, nella quale scrivono che “non ci sono più le condizioni per una nostra partecipazione ai lavori del Comitato”.
Il ministro, a quel punto, è caduto dalla sedia. “Stupore e rammarico” – sono state le prime parole di Calderoli, che inizialmente aveva scelto la linea del no comment. “Sono francamente stupito, sorpreso e rammaricato trattandosi, non solo di esperti, ma anche di amici ed ex colleghi con cui ho lavorato da decenni. Mi avevano mandato una lettera, segnalandomi che non avrebbero partecipato ulteriormente ai lavori del Clep, senza però dirmi che si sarebbero dimessi” – ha spiegato il ministro a un sito di informazione. “Avevamo affrontato il tema dei livelli essenziali delle prestazioni di tutte le materie e non solo quelle riferite agli enti territoriali, tanto che era stato creato un sottogruppo ad hoc per studiare tutte le altre materie, concordando che questa estensione nell’ambito dei Lep non fosse pregiudiziale alla definizione stessa dei Lep delle 23 materie possibilmente oggetto di trasferimento alle regioni – ha aggiunto –, quindi questa decisione mi coglie di sorpresa, avevamo concordato un percorso e di colpo hanno assunto questa posizione”.
Calderoli ha anche chiarito che il progetto dell’autonomia differenziata non subirà uno stop: “Assolutamente no – ha risposto a una domanda in proposito –, erano 62 membri nel comitato e ora ne restano 58, ancora più motivati nella definizione dei Lep e nel raggiungimento dell’obiettivo”. E per il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, esponente di Fratelli d’Italia, le dimissioni hanno “un sapore politico” più che “un vero fondamento di merito”. Insomma una vittima, delle vittime, e sappiamo bene che il vittimismo è sempre stata la malattia infantile (ma anche senile) del berlusconismo e ora del melonismo.
Per le opposizioni, siamo in presenza di una “pietra tombale” sul progetto di Calderoli. Secondo l’ex ministro per gli Affari regionali e presidente dei senatori Pd, Francesco Boccia, le quattro dimissioni eccellenti rappresentano il possibile inizio della fine del disegno di legge. “Il buon senso imporrebbe a governo e maggioranza di fermarsi e approfondire” – ha detto un altro esponente dem, Andrea Martella, mentre parla di uno “schiaffo all’autonomia differenziata” la presidente di Azione, Mara Carfagna, aggiungendo che le dimissioni sono “il colpo del ko a una riforma iniqua e sbagliata”. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, “metta davvero l’interesse della nazione davanti ai suoi sogni di gloria legati al premierato, e fermi questo sconsiderato progetto finché è in tempo”, è l’appello lanciato dalla capogruppo M5S in commissione Affari costituzionali, Alessandra Maiorino.
A chiedere “ulteriori approfondimenti da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato” è anche l’Alleanza verdi-sinistra. L’Anpi, da sempre tra le associazioni più critiche nei confronti del disegno di legge, chiede al governo di ritirare il provvedimento, mentre il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, è tornato a ribadire che l’autonomia differenziata “spacca il Paese e penalizza il Sud”.
Sui mali e le degenerazioni costituzionali, civili e politiche “terzogiornale” è intervenuto con vari articoli. In uno dei tanti scritti da Paolo Barbieri si rendono evidenti i disastri che l’applicazione di questa scellerata autonomia differenziata può produrre in un settore chiave come quello della salute (vedi qui). Abbiamo anche evidenziato le aberrazioni giuridiche e politiche di un sistema che affiderebbe ai livelli di tassazione locale la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni: vedi qui.
Ma come ci ha spiegato con dovizia di particolari in varie uscite pubbliche la premier Meloni, il governo di destra non si fa intimorire. Lo schieramento è sempre pronto a spezzare le reni a qualcuno. Così Calderoli e soci vanno avanti incuranti dei problemi e del dissenso che, a quanto pare, è comunque in crescita. E naturalmente si riparte dal Nord. Il presidente della Commissione Affari istituzionali della Lombardia, Matteo Forte (FdI), ha spiegato che il governo ribadisce la volontà politica di proseguire sulla strada dell’autonomia differenziata. “La defezione di quattro membri dalla commissione ministeriale sui livelli essenziali delle prestazioni (Lep), per quanto membri prestigiosi, non può distogliere lo sguardo dalla necessità di dare attuazione a una riforma che il Paese aspetta da oltre vent’anni e che i lombardi hanno chiesto a gran voce nel referendum del 2017”.
Dalle parole ai fatti. Per il 21 luglio è convocato in Lombardia un appuntamento per comprendere l’importanza del lavoro del Comitato per i livelli essenziali delle prestazioni. “Anche perché – spiega Forte – la definizione dei Lep serve a garantire a tutti i cittadini il godimento di diritti essenziali, non può essere dunque clausola di riserva a favore dello Stato e contro la possibilità che le autonomie realizzino politiche in questo senso attraverso mezzi e risorse proprie”. Lapalissiano: siccome i Lep servono a definire la concreta attuazione di diritti universali del cittadino chi meglio di un istituto (universale?) come la Regione è predestinato a fissarli? Una logica che non fa una piega.