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Tag: riforma fiscale

Fisco, rivolta più che “rivoluzione”

“Una rivoluzione attesa da cinquant’anni”: per chi ripone fiducia nelle qualità rivoluzionarie del governo di destra-centro, indubbiamente, le parole che Giorgia Meloni ha usato...

Pensioni, una chance per Boric

In Cile un sistema pensionistico, basato su un meccanismo di capitalizzazione, nel corso del tempo ha evidenziato innumerevoli carenze, che la stragrande maggioranza dei...

Riforma fiscale, alla ricerca del ceto medio perduto

C’erano varie proposte avanzate dal team nominato dal ministro dell’Economia e delle Finanze sul tavolo di confronto con i partiti politici della maggioranza per definire il disegno di legge delega di riforma fiscale, che il governo aveva dichiarato, nella Nota di aggiornamento al Def, essere uno dei ben ventuno collegati alla manovra di bilancio. Alla fine della discussione, è stata scelta la peggiore. Questa ora verrà sottoposta all’approvazione di Draghi e dei segretari dei partiti della maggioranza e confluirà poi in un emendamento governativo al testo della manovra di bilancio ora in discussione al Senato. Ma l’accordo politico c’è, lo hanno tutti assicurato nelle dichiarazioni di ieri.

Si tratta di un intervento sull’Irpef e sull’Irap che configura una manovra regressiva, peggiore di quanto ci si potesse aspettare, vista la discussione nelle commissioni parlamentari competenti di Camera e Senato che avrebbero dovuto fornire consigli per l’elaborazione della legge. Senza contare che anche da Bankitalia erano giunti moniti che sono stati tenuti in non cale. Degli otto miliardi previsti, sette verrebbero utilizzati sull’Irpef e uno sull’Irap. L’Irpef verrebbe ridisegnata lungo quattro aliquote rispetto alle cinque attuali. Il che comporta un’ulteriore riduzione del criterio della progressività contenuto in Costituzione.

La riforma fiscale mira all’efficienza economica e non alla giustizia sociale

Appena conteggiati i voti delle elezioni amministrative, la domanda ricorrente era se quell’esito poteva o no rafforzare il governo Draghi. Tralasciando i pareri dei...

Lega, una tempesta per finta: il governo non rischia

Enrico Letta ha definito l’episodio “gravissimo”, ha convocato i ministri del Partito democratico per discuterne e ha accusato la Lega di voler fare “saltare il banco” della maggioranza parlamentare. Ma l’assenza dei rappresentanti leghisti dal Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al testo del disegno di legge delega sulla riforma fiscale, è stata già ridimensionata il giorno dopo, quando Matteo Salvini si è presentato davanti a cronisti e telecamere denunciando una “patrimoniale nascosta” e sventolando i fogli con le norme incriminate. “Basta togliere questi due commi dalla delega fiscale e facciamo un buon servizio al Paese, non alla Lega”, ha spiegato.

Ora, la drammatizzazione deve essere sembrata al Pd una brillante mossa per animare il dibattito politico in vista dei ballottaggi e scavare nelle contraddizioni interne alla destra. Ma immaginare che la Lega e i suoi referenti nel mondo delle imprese, delle professioni e della rendita, vogliano una crisi del governo Draghi per due commi di una delega rappresenta uno sforzo eccessivo di creatività.

Una riforma fiscale che ancora non c’è

Era atteso in parlamento entro il 31 luglio di quest’anno. Così resta scritto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Poi il disegno di...

Riforma fiscale, da Camera e Senato un documento deludente

Quali sono gli obiettivi che una riforma del sistema tributario dovrebbe porsi nel 2021? Cosa ha insegnato, se lo ha fatto, la crisi verticale...

Una riforma fiscale per chi?

Mentre il Gotha della politica e dei media si concentra sulla legge Zan, passa quasi inosservato il documento delle Commissioni finanze della Camera e...

La questione fiscale diventa globale

Luglio non è lontano e potrebbe essere un mese importante non solo per l’Europa, ma per il mondo intero. Nella prima decade di quel mese, infatti, si terrà a Venezia un’importante riunione del G20 sotto la presidenza italiana, dove dovrebbero approdare le riforme fiscali di cui si sta parlando con insistenza in questi giorni. Il quadro internazionale è stato smosso dai propositi della nuova amministrazione americana di proporre una minimum tax globale sulle multinazionali del 21%, con l’esplicito obiettivo di sottrarre alle grandi corporations la carta dei paradisi fiscali. È di questi giorni però la notizia che la proposta subirà probabilmente un sensibile ridimensionamento: dal 21% la tassazione dovrebbe scendere al 15%. Una riduzione certamente di non poco conto, che viene incontro al coro di proteste subito sollevato da parte delle multinazionali e dei vari paesi, fra cui diversi europei, che praticano paradisiaci dumpingfiscali. Tuttavia, anche in questa dimensione ridotta, l’innovazione non sarebbe da poco.

Attualmente sono almeno trentacinque i paesi che applicano aliquote fiscali tra lo zero assoluto e il 12,5%. Il rapporto dello scorso dicembre della Tax Foundation –un think tank fondato a Washington nel 1937 da influenti manager americani – ci dice che sono ben quindici i paesi che non prevedono imposte sugli utili societari (tra cui le Bahamas, il Bahrain, le Bermuda, gli Emirati arabi uniti). Mentre altri Stati applicano un’aliquota inferiore al 12,5%, fra cui l’Irlanda e l’Ungheria che l’ha recentemente ridotta dal 10% al 9%. Ma a questo dato dobbiamo aggiungere che vi è notevole differenza tra l’aliquota ufficiale e quella realmente praticata, a causa di deduzioni, detrazioni e gli accordi contro la doppia imposizione fiscale, in sé giusti, ma che spesso finiscono per evitare qualsiasi tassazione, come ha documentato uno studio del maggio del 2020 dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università cattolica di Milano, diretto da Carlo Cottarelli. Rimanendo in Europa, fanno scuola il caso dell’Irlanda, ove in luogo dell’aliquota del 12,5%, si è scesi persino allo 0,005%, o quello del Lussemburgo, dove dal 25% ufficiale si è scesi anche del 99% raggiungendo un irrisorio 0,3%; oppure quello dell’Olanda che dal nominale 25% giunge al concreto 2,44%; o il Belgio dove si può arrivare a scendere dal 29% al 2,9%. I “paesi frugali”, appunto.

Draghi, verso una controriforma fiscale?

Come si ricorderà, Mario Draghi, nel presentare alle camere il suo programma di governo il 17 febbraio scorso, aveva sottolineato come una riforma fiscale...