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Elly una promessa più che una speranza

L'invasione del Partito democratico da parte di una società civile metropolitana, abbiente e ambiziosa, che ha soverchiato gli apparati amministrativi raccolti attorno al richiamo...

Servizio pubblico multimediale: anche qui servirebbe un partito

Esiste un partito per una nuova idea di servizio pubblico multimediale? Oppure dobbiamo sempre e solo omologarci a partiti, benché di sinistra, che misurano la strategia industriale della comunicazione con i nomi e cognomi dei dirigenti? Quanto sta accadendo in queste ore, al vertice della Rai, riproduce l’umiliante cerimonia di occupazione del potere da parte della maggioranza del momento; ma si trova, per pura coincidenza, a maneggiare temi nodali per la stessa sicurezza del Paese.

Uno spunto ce lo potrebbe offrire l’arte, in particolare la smagliante mostra aperta a Milano sull’opera di Hieronymus Bosch. Guardando quei quadri grotteschi, e stridenti con il senso comune del suo tempo, potremmo cogliere il modo in cui si reagì a un altro passaggio brusco della storia, a quel tornante del Quattrocento con cui si arrivava allo scintillante Rinascimento: si era appena giunti in America, nell’indifferenza generale, e qualcuno già percepiva l’incombere di una nuova epoca, in cui scienza e calcolo avrebbero sostituito ogni riproduzione classica della realtà, come accadde nel lungo secolo della matematica, aperto con il rogo di Giordano Bruno e proseguito, fra guerre di religione e di commercio, con le grandi opere di Galilei, Leibniz, Pascal, Newton. Nasceva la borghesia degli scambi e della contabilità, mentre declinavano i poteri verticali del papato e degli imperi.

Elly Schlein, la candidatura che vuol essere un’onda

Si può essere ottimisti o pessimisti, sostenere che si tratta di un tentativo velleitario, o invece assolutamente necessario per un Partito democratico in perenne crisi di identità, tanto da farsi sottrarre sempre più consensi da Conte nei sondaggi. Ma la candidatura di Elly Schlein – già organizzatrice di OccupyPd, ex europarlamentare, ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna con la presidenza Bonaccini, e deputata ora iscritta al Pd per poter correre alle primarie – rappresenta senza dubbio una novità, e potrebbe essere in grado di arrestare l’emorragia di consensi che affligge il partito. Nell’affollata assemblea di domenica 4 dicembre, “Parte da noi”, tenuta al Monk di Roma, c’era una folla di sinistra che non si sente rappresentata da nessuno, e una significativa presenza di amministratori legati al territorio: tra gli altri, il sindaco di Arquata del Tronto, cittadina ancora in rovina dopo il sisma del 24 agosto 2016.

La storia di Elly Schlein è singolare e internazionale, non esattamente legata a istanze popolari. Un curriculum che ha fatto storcere più di un naso, considerando molti, la sua, una vicenda elitaria. Come se – va ricordato – i dirigenti del Pd fossero legati mani e piedi alle masse. Il nonno materno, Agostino Viviani, era un noto avvocato senese antifascista, mentre il nonno paterno, Harry Schlein, era emigrato negli Stati Uniti da una famiglia di origine ebraica dell’Europa orientale. Elly si è impegnata come volontaria durante la campagna elettorale dell’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Il 13 maggio del 2013 fu una delle organizzatrici di OccupyPd, una veemente protesta contro il vergognoso siluramento dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, in corsa per il Quirinale, da parte di 101 grandi elettori targati Pd, i cui nomi non sono mai stati resi noti, anche se provenivano da ben determinate correnti del partito. In aperto dissenso con la segreteria di Matteo Renzi, uscì dal partito, e nel 2020 sostenne, con la sua lista “Emilia-Romagna coraggiosa”, la candidatura di Stefano Bonaccini alla presidenza della Regione, che si affermò contro la leghista Lucia Borgonzoni. Nell’occasione, Schlein prese ben 22mila preferenze.  

Classe o partito?

Nel Novecento, e forse fino a qualche decennio fa, sarebbe apparso privo di senso porre l’alternativa “classe o partito?”. Era infatti palese che ci fossero delle classi sociali, con una certa consapevolezza di sé, e dei partiti politici che sostenevano, con maggiore o minore coerenza, i loro interessi. In Italia era evidente che i liberali e i repubblicani fossero i partiti della borghesia, che la Democrazia cristiana fosse un insieme di correnti in parte tradizionalmente legate alla piccola proprietà contadina, in parte al grande capitale – soprattutto nel momento del massimo fulgore dell’impresa pubblica –, e che proprio il suo “interclassismo” fosse l’opposto di quei partiti, come quello comunista e quello socialista (fino a un certo punto), che facevano riferimento alle prospettive del movimento operaio. Del resto, anche l’interclassismo – un cemento ideologico-religioso non da poco – alludeva al fatto che le classi sociali ci fossero, avessero una loro identità, e si trattasse di farle collaborare tra loro attraverso la mediazione politica.

Oggi le classi sono, piuttosto, dei concetti di attribuzione: cioè, da un punto di vista sociologico, con riferimento alle differenze di reddito, o anche in base alla collocazione all’interno dei processi produttivi e di scambio, si può considerare che qualcuno sia un tecnico, un operaio, o un lavoratore dei servizi – più una categoria, quindi, che una classe, per la quale ci vorrebbe la consapevolezza dell’appartenenza a un collettivo. È diventato alquanto improbabile che una persona consideri se stessa come facente parte di una classe: e ciò per la semplice ragione che le classi erano essenzialmente il portato di un conflitto sociale aperto. Semmai, in certe fasi, anche latente, ma di cui c’era la certezza di qualcosa di durevole. Se una volta, per esempio, braccianti e contadini poveri avevano occupato il terreno di un “signore”, avevano preso coscienza di una contrapposizione nei confronti dei proprietari terrieri, ed essa si era depositata in una memoria, appunto, di classe. Oppure gli operai di una fabbrica avevano intrapreso uno sciopero contro il “padrone”, per ottenere aumenti salariali e condizioni migliori di lavoro, e attraverso il conflitto veniva sedimentandosi il sentimento di una contrapposizione di interessi tra i lavoratori e i capitalisti.