Tag: licenziamenti
Delocalizzazioni, licenziare con garbo
Gkn, i lavoratori vincono il primo round
Lavoratori più protetti con i nuovi ammortizzatori sociali. Ma chi paga?
Lavoro, una sentenza che fa ben sperare
Gkn, una lotta operaia dal profumo antico
Erano in tanti sabato scorso a Campi Bisenzio. Davvero molti, ed era tempo che non si vedeva una manifestazione così. Davanti c’era un’unica parola secca e determinata, in campo rosso: “insorgiamo”. Senza la retorica dei punti esclamativi. Infatti non è un auspicio, è la comunicazione di un dato di fatto. Come a dire: sta a voi decidere ora cosa fare. Gli operai della Gkn, licenziati via mail (la modernizzazione del vecchio ad nutum), in 422 della fabbrica madre e in 80 delle ditte in appalto – dettaglio, questo, non secondario –, hanno deciso di insorgere contro la decisione della proprietà, il fondo britannico Melrose, che rincorre i fasti della globalizzazione in crisi: chiudere qui per aprire altrove. Non si sa dove. Si conosce invece l’intenzione di far gravare interamente sul costo del lavoro, azzerando gli occupati e cancellando uno stabilimento, le conseguenze della contrazione mondiale in atto nel settore automobilistico.
L’accordo governo-sindacati non scongiura i licenziamenti
Non credo ai miracoli. Eppure sembrerebbe che Draghi ne abbia compiuto uno, a giudicare dalla pletora di lodi che gli cascano sul capo, provenienti da parti che dovrebbero essere opposte, almeno sul tema dei licenziamenti: se per gli uni, i padroni, sono l’implementazione più potente del loro potere di comando, per gli altri, i lavoratori, una questione di sopravvivenza. Specialmente dentro una crisi che li ha decimati e impoveriti. In realtà ci si dovrebbe porre seriamente la domanda su chi è uscito vincente da quelle sette righe e mezzo che costituiscono l’avviso comune firmato da governo e sindacati, con l’intervento determinante della Confindustria. Il più enfatico nel celebrare “l’abilità e la fermezza dimostrata dal presidente Draghi” è senz’altro Carlo Bonomi. Ma il capo di Confindustria non si ferma lì. Va ben oltre. Ascrive alla sua organizzazione il merito di tornare a quello che quest’ultima aveva chiesto a settembre, “un grande Patto per l’Italia”, tale da potersi configurare come “una visione sul futuro” e nell’immediato condizionare il contenuto del testo governativo più volte annunciato sulla riforma degli ammortizzatori sociali.