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Migranti, le pulsioni di una destra becera

Incapaci, incompetenti, pericolosi. Il ministro Salvini galoppa a briglia sciolta nella sua prateria di inciviltà, ignoranza, razzismo, e fa a gara con il ministro dell’Interno Piantedosi a chi la spara più grossa. Se il responsabile del Viminale è convinto che la nostra opinione pubblica incentivi le partenze, Salvini non si contiene: “L’Italia è sotto attacco”. La ferita, che sanguina ancora, del naufragio “colposo” di Cutro sta avendo delle terribili conseguenze. La Guardia costiera, al pari dei vigili del fuoco e dei medici e degli infermieri del pronto soccorso, sono istituzioni sacre nel nostro Paese. Ma i vertici della Guardia costiera non sono riusciti a impedire la loro “politicizzazione”. La Lega di Matteo Salvini li ha costretti a schierarsi contro le Ong, accusandole di intralcio ai soccorsi in mare. 

È gravissima l’accusa, lanciata la settimana scorsa. Nessuno, neanche dall’opposizione, ha protestato contro la presa di posizione del comando generale delle Capitanerie di porto che ha accusato le Ong di rallentare la macchina dei soccorsi: “Con le continue chiamate dei mezzi aerei, le Ong hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione del centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, sovrapponendosi e duplicando le segnalazioni dei già presenti assetti aerei dello Stato”. Accuse infamanti, che dovrebbero essere valutate dall’autorità giudiziaria. Se fosse vero che le Ong hanno ostacolato, impedito, rallentato l’attività di soccorso, la Guardia costiera dovrebbe denunciare gli episodi che hanno provocato quel ritardo nelle operazioni, risalendo agli autori di questi ritardi. Insomma, saremmo di fronte a reati da perseguire penalmente. Altrimenti, sono solo accuse politiche.

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Stragi contro cui ribellarsi

Quei sessanta corpi senza vita sulla battigia di Cutro (altre decine sono i dispersi) raccontano della impotenza e della cattiveria umana. In questi momenti scorrono immagini terribili nella memoria. Come quelle del corpicino di un bimbo siriano, di origine curda, affogato nel naufragio di un barcone nel mare greco, nell’agosto del 2015. O i quasi quattrocento uomini e donne che non ce l’hanno fatta, galleggiando a pochi metri da una spiaggia di Lampedusa, ormai quasi dieci anni fa. O i cento albanesi speronati da una nave militare italiana nei giorni della Pasqua del 1997, mentre a bordo di una motovedetta albanese cercavano di arrivare a Brindisi (era l’Italia del centrosinistra che faceva il blocco navale, per impedire l’“invasione” albanese).

Questi corpi senza vita raccontano del Mediterraneo come di un gigantesco cimitero, e li abbiamo sulla coscienza tutti (dall’Unione europea all’Italia). Anche noi, che oggi ci indigniamo, che non abbiamo ormai più voce per protestare, per prendere le distanze dalla barbarie umana. Sì, dovremmo indignarci, scendere in piazza, impedire che si ripetano le stragi di innocenti. Non fare nulla ci fa essere complici.