
“Il prezzo che paghiamo per la libertà di possedere armi è che qualcuno talvolta sarà ucciso”, aveva detto Charlie Kirk nel 2023, una settimana dopo l’assassinio di tre bambini e tre adulti alla Christian Covenant School di Nashville, nel Tennessee. Il 10 settembre, l’attivista ultraconservatore ha sperimentato di persona le conseguenze tragiche del Secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che garantisce il diritto dei cittadini di possedere e portare armi.
L’attacco è avvenuto alla Utah Valley University, a Orem, durante un evento della sua tournée chiamata American Comeback Tour, un format che Kirk (classe 1993) portava nei college americani discutendo con studenti e studentesse su temi nevralgici dell’attualità. Sotto lo slogan Prove me wrong, si confrontava con le questioni tipiche della “dottrina” Maga (“Make America Great Again”) vicina al presidente degli Stati Uniti. Nel momento in cui è stato ucciso, Kirk stava appunto parlando di sparatorie. “Quanti mass shooters trans ci sono stati in America negli ultimi dieci anni?” – gli aveva appena chiesto uno studente. “Troppi”, aveva risposto il trentunenne dal palco, ribattendo: “Considerando anche la violenza delle gang criminali?”. Sarebbero state le sue ultime parole: una domanda inquisitoria e sarcastica sulle discrepanze tra genere e sesso che sarebbero diffuse tra chi commette omicidi di massa.
A soli 18 anni, nel 2012, Charlie Kirk, aveva fondato Turning Point Usa, organizzazione politica di estrema destra, che oggi conta centinaia di migliaia di aderenti negli Stati Uniti, soprattutto studenti universitari e liceali, e ha anche movimenti gemelli all’estero, come per esempio l’ormai potente Turning Point UK. Milionario, influente all’interno dell’orbita pro-Trump, aveva raccolto decine di milioni di dollari per campagne politiche, compresa quella per la rielezione presidenziale, e molti lo vedevano come un possibile candidato con ambizioni future. Con oltre 7,5 milioni di follower su Instagram e sette milioni su TikTok, attraverso i suoi podcast e i suoi giri per i college statunitensi, promuoveva la teoria della “grande sostituzione” (“the ‘Great Replacement’ is not a theory, it’s a reality”), portata avanti da gruppi di estrema destra, come quelli che hanno partecipato al Remigration Summit (di cui abbiamo parlato qui). E predicava altre teorie radicali tipiche degli ultraconservatori razzisti statunitensi: per citarne una, sosteneva che il Civil Rights Act, conquista della società nordamericana contemporanea in tema di diritti civili, avesse creato un mostro che era diventato un’arma anti-bianchi. Antiabortista e con posizioni autoritarie e machiste sul ruolo della donna nella famiglia, era arrivato a sostenere che una bambina di dieci anni che aveva subito uno stupro e fosse rimasta incinta dovesse, per legge, portare a termine la gravidanza.
Date le sue posizioni estreme, sui social si sono scatenate le reazioni di tutta l’area antifa, che ha “festeggiato” la morte del trentenne. Per esempio, George Abaraonye, presidente eletto dell’Oxford Union, sarebbe stato protagonista di commenti sarcastici e celebrativi dopo la morte di Kirk. Abaraonye più tardi ha chiesto scusa, sostenendo che la sua reazione sia stata impulsiva e non corrispondesse ai suoi valori. Sui social si sono visti i video di interviste nei campus universitari di varie città, anche europee, in cui si chiede a ragazze e ragazzi cosa pensano della morte del giovane di estrema destra. Davanti all’ostentato disinteresse o ai sorrisi delle persone interpellate si è gridato alla mancanza di empatia. Ma, come già nel caso dell’omicidio di Brian Thompson, il ceo delle assicurazioni sanitarie UnitedHealth Group (vedi qui), in un contesto polarizzato e violento, i pareri si fanno sempre più aspri.
Certo è che Charlie Kirk, quando nel 2020 era stato ucciso George Floyd, il quarantenne afroamericano assassinato dalla polizia mentre mormorava “I can’t breathe” sotto il ginocchio di un agente, aveva sostenuto che fosse morto di overdose, condannando a più riprese le proteste del movimento Black Lives Matter e rifiutando il minuto di silenzio per la sua morte. Anche per questo motivo, più di 6800 persone avevano firmato una petizione per impedirgli l’accesso nell’ateneo dello Utah.
Nonostante girasse con una scorta, per la quantità di minacce ricevute, Kirk è stato ucciso. Ma da chi? E perché? Nelle ore immediatamente successive, sui social network sono cominciate a circolare teorie di ogni tipo, rendendo labile, come ormai accade sempre più spesso, il confine tra cronaca e disinformazione. Tra le varie narrazioni, c’è chi ha parlato di un “assassinio politico” interno all’area Maga, organizzato per mettere a tacere Kirk, che chiedeva al presidente, come molti altri esponenti repubblicani, di pubblicare i famosi Epstein files, che, secondo i democratici, legherebbero Trump al giro di prostituzione minorile del milionario statunitense. Negli ultimi giorni, infatti, era stato reso pubblico un biglietto di auguri di Trump a Jeffrey Epstein, che riportava un dialogo sulle loro passioni comuni, accompagnato dal disegno di un immaturo corpo femminile.
Finalmente, nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, è stato arrestato il presunto colpevole dell’omicidio, il ventiduenne Tyler Robinson, le cui foto erano state pubblicate su tutti i media dall’Fbi, con una ricompensa di centomila dollari per chi fornisse informazioni. Mentre le immagini del giovane rimbalzavano sui social, Robinson, come riportato dal “New York Times”, ironizzava sull’app di messaggistica Discord, dicendo che si trattava di “un suo sosia che provava a metterlo nei guai”, e scrivendo agli amici frasi surreali come: “In realtà sono Charlie Kirk, volevo uscire dalla politica, così ho finto la mia morte e ora posso vivere la mia vita dei sogni in Kansas”.
Il profilo del presunto omicida è quello di molti giovani statunitensi: famiglia tradizionale che frequentava la Chiesa mormone, repubblicana e “trumpiana”. Fin da bambino aveva dimestichezza con armi di vario genere, per esempio un bazooka, ed era un cacciatore. Eppure, da parte governativa, si è subito gridato all’omicidio politico, imputando prima di tutto le università, considerate riserve di democratici oltranzisti e non centri di cultura quali sono. L’aspro dibattito si è concentrato attorno ai messaggi incisi sui tre proiettili ritrovati dagli investigatori sul posto. Uno reca le parole della canzone della Resistenza, “Bella Ciao”, mentre gli altri riportano diverse frasi tra cui “Ehi, fascista, beccati questa”. Queste citazioni, apparentemente riconducibili all’universo antifa, sono piuttosto legate strettamente a quello del gaming, in particolare a un videogame, Helldivers 2. L’ultima – “guarda che rigonfiamento, che cos’è?” – è addirittura un’espressione goliardica a sfondo sessuale, usata in community online, come il Forum 4chan. Più che un rivoluzionario un nerd, insomma. Il movente, infatti, rimane vago. Se le destre si sono concentrate sul fatto che il giovane avesse una relazione con una persona transgender, altri hanno invece messo in evidenza le dichiarazioni della famiglia: “Qui siamo tutti repubblicani”.
Ciò che sappiamo con certezza è che siamo vicini alle elezioni di midterm, un momento importante per Trump, che, già durante la campagna elettorale, aveva girato a suo favore un evento come l’attentato contro di lui, in cui era rimasto ferito a un orecchio. Nel frattempo, il feretro di Kirk è stato trasportato da Orem a Washington a bordo dell’Air Force Two, accompagnato dal vicepresidente Vance: un gesto che sottolinea quanto la sua figura fosse diventata centrale negli Stati Uniti a guida trumpiana. Si sta anche preparando una cerimonia commemorativa allo State Farm Stadium di Glendale, in Arizona, che può ospitare oltre sessantamila persone. Ad annunciare la data del 21 settembre è stato il Turning Point Usa, l’organizzazione di cui Kirk era il co-fondatore: “Celebriamo la straordinaria vita e l’eredità duratura di Charlie”. Ma quale eredità?
La sua morte è stata presentata come il sacrificio di un giovane uomo, bianco, cristiano e padre di fronte alla violenza delle sinistre, una vittima dei nemici della libertà di espressione, di questi famosi e temibili antifa dai cappucci neri, una sinistra “partito dell’omicidio”, come ha scritto Elon Musk su X, registrando oltre 63 milioni di visualizzazioni. Trump, per parte sua, ha invece pubblicato una foto di Kirk circondato da un’aureola dorata – santificato insomma – con la scritta “martire della libertà”.
È certo che la morte dell’enfant prodige delle destre ha mostrato una falla nel sistema di sicurezza dello Stato: anche personalità pubbliche legate alla politica governativa possono essere uccise. Come già accaduto negli anni Sessanta, quando le istituzioni sembrano perdere il monopolio della violenza, sono indotte a esercitarla in modo più autoritario. E quando i cittadini e le cittadine non si sentono protette, tendono alla giustizia privata – specialmente in un Paese dove le armi si comprano al supermercato. Sotto la guida di Trump, gli Stati Uniti si allontanano sempre più dall’ideale di una democrazia liberale. Invece di santificare un “martire”, ci si dovrebbe porre le domande giuste, per esempio intorno a come sia stato alimentato un clima di tensione politica così esplosivo. Secondo uno studio del politologo James Piazza, i Paesi in cui i politici hanno usato discorsi di incitamento all’odio hanno subìto, in media, 107,9 attacchi terroristici interni, rispetto ai 12,5 dei Paesi in cui i politici hanno usato solo raramente tale linguaggio. Quest’omicidio avviene in un Paese in cui recentemente il ministero della Difesa è ridiventato il ministero della Guerra. Ci si dovrebbe poi ancora interrogare sul Secondo emendamento, quello difeso strenuamente da Kirk. È giusto che circolino così tante armi? Questioni cruciali per l’interesse pubblico, eppure lontanissime dai repubblicani.
L’internazionale delle destre estreme, presente ormai in quasi tutti i Paesi occidentali, si è espressa anche in Italia tramite i suoi volti noti. Matteo Salvini ha detto di avere pianto per l’omicidio dell’attivista Maga, mentre Giorgia Meloni l’ha citato in un videomessaggio al festival EuropaViva di Vox, in corso a Madrid. Per Meloni il rampollo dell’ala Maga statunitense era un padre coraggioso, che con il suo sacrificio “ci dimostra ancora una volta da che parte stanno violenza e intolleranza”. Ha poi parlato di “archiviare definitivamente l’Europa ideologica della sinistra”, combattendo l’immigrazione irregolare.
Di sicuro questa morte non fa bene a nessuno. Non c’è niente da festeggiare. Si tratta di un omicidio che arriva in un momento nevralgico per la politica statunitense, e che, inoltre, distoglie l’attenzione dalla situazione drammatica a Gaza e in Cisgiordania, servendo solo alla sete di vittimismo delle destre, e facendo diventare un martire qualcuno che ha incitato alla violenza, negato i diritti civili, sostenuto posizioni razziste e machiste.
Le ripercussioni di quest’omicidio sono chiare. Le destre al potere cercheranno di sfruttarlo per un’ulteriore stretta contro le sinistre autorganizzate. Nel nostro Paese, dopo il “decreto sicurezza” e la chiusura del Leoncavallo (di cui abbiamo parlato qui), il rischio è che strumenti pubblici siano utilizzati per colpire avversari politici etichettati come violenti, invece di aprire un serio dibattito su ciò che servirebbe, per esempio investimenti e politiche sociali. Come si può leggere in un editoriale del “Guardian”, “in questo momento pericoloso, la risposta a tali crimini odiosi dovrebbe essere quella di unirsi per riaffermare la non violenza e la tolleranza civica. Promuovere invece la divisione non farà altro che aumentare la minaccia nei confronti di politici e attivisti di ogni orientamento infliggendo un altro colpo alla democrazia stessa”.