Mentre la flat tax, che piace tanto al ministro Salvini e alla premier Meloni, aumenta i divari sociali e non incrementa le entrate fiscali (e il ministro Giorgetti ammette che non ci sono le risorse sufficienti per coprire gli aumenti di spesa sociale che sarebbero necessari), il dibattito politico sulla riforma fiscale langue e viene rimandato a tempi migliori. In questo contesto, riparlare di una imposta patrimoniale, per di più europea, sembra una bestemmia, o comunque un’idea strampalata e pericolosa di qualche manipolo di socialisti di altri tempi. E invece l’ipotesi di una tassa da applicare sui grandi patrimoni (oltre i 5,4 milioni di euro) non appare come un’assurdità al cittadino medio. Stiamo parlando dei risultati di un sondaggio realizzato, nel corso del mese di settembre, da Demopolis, per conto di Oxfam, un’organizzazione internazionale presente in ottantacinque Paesi del mondo, con la missione del contrasto alla povertà e alle diseguaglianze.
La prima evidenza che emerge dal sondaggio riguarda la situazione attuale, ovvero il giudizio sull’equità di un sistema fiscale vecchio e condizionato da anni di politiche neoliberiste, all’insegna del falso slogan “meno tasse per tutti”. Per gli intervistati da Demopolis (oltre quattromila persone, che formano un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta) le tasse in Italia non sono né eque né giuste. Citiamo qualche percentuale dal report. Per il 71%, le disuguaglianze in Italia sono aumentate negli ultimi cinque anni e sono di natura per lo più economica, ma i divari si manifestano sempre più analizzando l’accesso ai servizi, soprattutto quelli sanitari. La ricerca demoscopica ha analizzato le percezioni e le sensibilità dell’opinione pubblica non solo sui temi della disuguaglianza economica, ma anche sulle possibili policies che si potrebbero mettere in campo. Per quanto riguarda la percezione della diseguaglianza, l’83% degli intervistati ritiene che il principale ambito in cui si manifestano le più forti sperequazioni sia il reddito. Oltre il 70% denuncia un accesso sempre più diseguale alla sanità (con un fortissimo aumento dei divari territoriali), mentre c’è una maggioranza assoluta che lamenta l’aumento dei divari nelle opportunità di accesso al mondo del lavoro (55%) e nelle disponibilità patrimoniali (51%).
Sistemi di imposizione fiscale e crescita delle diseguaglianze sono elementi strettamente legati. I divari sociali non nascono dal niente, non sono mai dovuti al destino cinico e baro che premierebbe i ricchi e penalizzerebbe i poveri. La conferma di ciò arriva anche da questo sondaggio, da cui emerge un’opinione pubblica abbastanza definita. Per il 72% degli italiani, la lotta all’evasione e all’elusione fiscale potrebbe infatti contribuire a ridurre le disuguaglianze. Ma servirebbe anche un sistema fiscale diverso da quello attuale, più progressivo, e che non comporti disparità tra contribuenti nelle stesse condizioni economiche. Il giudizio negativo sull’equità fiscale del sistema attuale risulta tra l’altro trasversale alle famiglie politiche italiane. Tra quell’85% di intervistati, che giudica “il sistema fiscale italiano poco o per niente equo”, ci sono anche gli elettori di Forza Italia e Fratelli d’Italia (76% dei rispondenti) e quelli della Lega di Salvini (77%). Ovviamente le stroncature del sistema fiscale italiano crescono tra le famiglie elettorali di sinistra, con un 86% di giudizi negativi da parte degli elettori di Alleanza verdi-sinistra, e un 89% del Partito democratico, e con ben il 93% degli elettori del Movimento 5 Stelle.
“Questa indagine demoscopica conferma come un riequilibrio complessivo del prelievo non sia oggi più derogabile – spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia –, e quanto la potente suggestione di una riduzione generalizzata delle imposte, su cui si è incardinata la riforma fiscale dell’attuale governo, non attecchisca in modo preponderante tra i cittadini”.
Il bluff di “meno imposte per tutti” è svelato. Neppure un quarto degli intervistati crede ancora alla favoletta inventata anni fa da Silvio Berlusconi, e prima di lui dalla signora Thatcher e da Reagan. Il sondaggio di Demopolis non rilancia quindi giudizi scontati o luoghi comuni anche sul punto più delicato, quello di un eventuale aumento della tassazione sui patrimoni dei più ricchi. Gli intervistati, a quanto pare, hanno capito molto bene che, quando si parla di “patrimoniale sui grandi patrimoni”, non ci si riferisce all’aumento delle tasse sulla casa di quei pensionati che hanno fatto sacrifici per anni per garantirsi un tetto. Così sette italiani su dieci sarebbero oggi favorevoli a un’imposta europea sui grandi patrimoni, che in Italia si applicherebbe allo 0,1% più ricco della popolazione, ovvero circa cinquantamila cittadini, con patrimoni netti superiori ai 5,4 milioni di euro.
Sarebbe una misura in grado di rafforzare l’equità del nostro sistema fiscale generando considerevoli risorse da destinare al finanziamento dei crescenti bisogni sociali, al contrasto a povertà e disuguaglianze e alla lotta contro i cambiamenti climatici. Una misura sostenuta, tra l’altro, dai 320.000 firmatari dell’Iniziativa dei Cittadini Europei #TaxTheRich (unitevi anche voi, c’è tempo fino al 9 ottobre su www.oxfam.it/lagrandericchezza oppure su www.taxtherich.it), promossa da Oxfam con la sua campagna #LaGrandeRicchezza, alla quale hanno dato il loro contributo anche altre associazioni e campagne come quella di “Sbilanciamoci”.
Anche sulla tassa ai super-ricchi, stupisce il consenso trasversale. Il supporto all’imposta europea sui grandi patrimoni è infatti molto ampio tra gli elettori di Avs (94%), Pd (88%) e 5 Stelle (86%), e nella porzione di popolazione che dichiara di astenersi dal voto (73%). Tra le principali forze dell’attuale maggioranza, il supporto raggiunge – al netto di chi non esprime una posizione definita – una maggioranza relativa: il 49% dei favorevoli contro il 42% dei contrari, tra chi vota Fratelli d’Italia, il 45% dei favorevoli contro il 42% dei contrari nell’elettorato di Forza Italia, e il 46% dei favorevoli contro il 43% dei contrari tra gli elettori della Lega.
“Che i ‘super-ricchi’ dovrebbero essere maggiormente chiamati a far fronte ai bisogni della collettività è convinzione della maggioranza assoluta degli italiani – si legge nel report di Demopolis – e, secondo due intervistati su tre, dovrebbero farlo in forma strutturale, attraverso una tassazione fortemente progressiva, mentre per il 16 per cento sarebbe sufficiente incentivare libere donazioni per attività filantropiche e di pubblica utilità”. Secondo gli analisti, che hanno realizzato il sondaggio, dalle interviste effettuate emerge “un auspicio che attraversa trasversalmente le anime dell’opinione pubblica nazionale e che risulta minoritario (seppur prossimo al 50 per cento) esclusivamente nei segmenti di elettorato ascrivibili alla maggioranza di governo, mentre supera il 70 per cento dei consensi anche nella componente degli italiani che si dichiarano astensionisti”.
Il discorso inevitabilmente torna nel campo della politica. Non esistono, infatti, sistemi fiscali perfetti o totalmente giusti; ma esiste la necessità di riattivare una raccolta equa tra i cittadini per le grandi risorse che servono per rilanciare un welfare sempre più in crisi e schiacciato dalle privatizzazioni, e per reperire risorse per la sfida del secolo: la transizione ecologica.
“A fronte di risorse pubbliche insufficienti ad affrontare le sfide del momento, come l’espandersi dell’area della vulnerabilità o il finanziamento di una transizione ecologica giusta, e visti gli stringenti vincoli di bilancio dettati dalle nuove regole fiscali europee, l’ampio supporto pubblico, di cui gode in Italia la proposta di un’imposta sui grandi patrimoni, è un chiaro richiamo alla politica” – commenta ancora Maslennikov. “Sta dunque alla politica agire nel solco di una maggiore equità fiscale e in linea con la volontà di chi è stanco di sentirsi dire che non ci sono abbastanza risorse per abbattere le liste d’attesa nelle strutture sanitarie pubbliche, per stabilizzare il personale precario nelle scuole dei propri figli, per l’edilizia residenziale popolare, per gli alloggi universitari, per trasferimenti adeguati a chi è intrappolato o sprofonda nella povertà”.
In chiusura, vogliamo ritornare su una delle risposte contenute nel sondaggio per la sua capacità di dirci qualcosa di più sull’Italia di oggi, perché è vero che milioni di italiani hanno capito che la favola del “meno tasse per tutti” era solo un cavallo di Troia per far diventare ancora più iniquo il sistema. Ma accanto a loro ci sono tantissime persone che sono pronte al baratto. Alla domanda “secondo lei cosa sarebbe preferibile?” in tema di tasse, le risposte hanno un qualcosa di triste e drammatico al tempo stesso. Il 67% degli intervistati si dichiara a favore di un aumento del prelievo fiscale a carico dei più ricchi, non tanto come atteggiamento “vendicativo”, ma per potere usufruire “tutti” di maggiori e migliori servizi pubblici. Dov’è dunque la drammaticità della risposta? Sta in quel 20% che sostiene la posizione opposta: non bisogna toccare i super-ricchi perché producono ricchezza (anche se non ci si chiede mai per chi si produrrebbe questa ricchezza). L’unica soluzione secondo costoro è “pagare tutti meno tasse e avere meno servizi pubblici”. Come vogliamo interpretare questo messaggio?