In Portogallo sono passati cinquant’anni dalla “rivoluzione dei garofani”, quando un gruppo di militari democratici, fortemente caratterizzati a sinistra, mise fine alla troppo longeva dittatura fascista di António de Oliveira Salazar, al potere dal 1932. Ma “a volte ritornano”, e la grande affermazione alle elezioni legislative di domenica di Chega (“Basta”), formazione di estrema destra fondata cinque anni fa da André Ventura, fa un po’ impressione. Passato nel giro di due anni – tra il 2022 e il 2024 – dal 7 al 18% e da 18 a 48 seggi, il partito (come Vox in Spagna e Fratelli d’Italia in Italia) si rifà al motto “Dio, patria e famiglia”; ma, non essendoci limiti al peggio, oltre a essere, com’è ovvio, razzista a trecentosessanta gradi e amante delle teorie del complotto, è anche dichiaratamente anti-donne, pieno di suprematisti bianchi, neonazisti, ovviamente nostalgici del vecchio regime.
Di fronte a questo quadro sconfortante, c’è da augurarsi che i vincitori del voto anticipato, determinato dalle dimissioni del primo ministro socialista, Antonio Costa (vedi qui), ovvero i conservatori di Alleanza democratica – coalizione formata dal Partito socialdemocratico, storica formazione moderata portoghese, dai popolari del Cds-Pp e dai monarchici – rinuncino a costruire una coalizione con Chega, che tuttavia potrebbe essere utile, in quanto, con il 29,5% dei voti, Alleanza democratica non potrebbe governare. Al riguardo, netta è stata la posizione del leader moderato Luís Montenegro, ma non mancano tentazioni all’interno dell’Alleanza, che verosimilmente non dovrebbero prevalere.
I socialisti del nuovo leader, il quarantasettenne Pedro Nuno Santos, hanno conseguito il28,7% delle preferenze, dunque quasi come i conservatori (a separarli sarebbero solo cinquantamila voti), registrando però un calo molto forte rispetto al 41% di due anni fa. Il principale partito della sinistra portoghese ha dunque pagato il prezzo del rocambolesco scandalo che ha coinvolto un incolpevole Costa, vittima di un incredibile errore burocratico: il vero accusato di corruzione non era il premier – che intanto, pur professando la propria innocenza, si era dimesso –, ma un ministro omonimo, Antonio Costa Silva. Un pasticcio costato caro ai socialisti, al governo dal 2015. Dal canto loro, le tre liste minori di sinistra – il Blocco di sinistra, la coalizione di comunisti e verdi, e il partito della sinistra europeista Livre, con i quali i socialisti avevano governato dal 26 ottobre 2019 al 30 gennaio 2022 – hanno ottenuto, rispettivamente, il 4,4, il 3,3 e il 3,2%. Il tutto caratterizzato da una grande partecipazione al voto, con un astensionismo che si ferma al 33,7%, la percentuale più bassa dal 1995.
Di fronte a questo quadro così incerto, quali scenari si possono aprire? Se verrà confermata la conventio ad excludendum nei confronti di Chega, l’unica soluzione sarebbe una coalizione tra socialisti e Alleanza democratica, magari guidata da Montenegro, che vedrebbe premiato il suo lungo impegno politico (venticinque anni), quando ormai tutti lo davano verso la fine della sua presenza sulla scena politica portoghese. Un’ipotesi a quanto pare sostenuta anche da Santos, malgrado la sua sia una linea politica più spostata a sinistra rispetto a quella di Costa, e che tuttavia sarebbe pronto a fare buon viso a cattivo gioco al fine di evitare guai peggiori. Per avere la maggioranza assoluta servono 116 seggi, e Alleanza democratica, anche con l’aiuto del piccolo partito Iniziativa liberale (5%), arriverebbe solo a 79.
Questa complicata situazione si inserisce all’interno di un quadro economico relativamente buono. Dopo la crisi causata dalla pandemia, che aveva comportato una drastica flessione del Pil pari al 7,6% nel 2020, il Paese si è ripreso registrando una crescita del 6,7% nel 2022, poi ridimensionata drasticamente nel 2023 a causa della guerra, solo +1,2%, che dovrebbe però nell’anno in corso aumentare fino al 2. Una situazione seconda solo a quella dell’Irlanda. Altri dati importanti riguardano l’aumento dell’inflazione, tema comune a tutta Europa, che in Portogallo è arrivata nel 2022 all’8,1%. Se guardiamo poi alla riduzione del deficit, passato dal 2,9% del 2021 al 1,3% nel 2022, e a quella del debito pubblico, che dal 125,5% del Pil del 2021 è sceso al 114,7% del 2022, emerge una capacità del governo di tenere sotto controllo i conti pubblici, senza compromettere la crescita economica. Un quadro che però non è stato sufficiente ai socialisti a restare in piedi dopo la surreale vicenda dei due Costa.