• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Articoli » “Aiutateci”, il grido dalla ciminiera di Portovesme

“Aiutateci”, il grido dalla ciminiera di Portovesme

Per evitare la chiusura dell’impianto i lavoratori dell’azienda, di proprietà della multinazionale Glencore, attuano la forma di protesta estrema. 550 dipendenti sono già in cassa integrazione e potrebbero essere licenziati. In gioco 1500 posti di lavoro. L’azienda scarica le responsabilità sul governo per gli alti costi dell’energia. Venerdì prossimo l’incontro al ministero

1 Marzo 2023 Paolo Andruccioli  496

“Una piccola cosa l’abbiamo ottenuta: la notizia di questa nostra tragedia ha sorvolato il mare ed è arrivata anche a Roma, al ministero. Ma è solo un piccolo passo e noi di passi in questi anni ne abbiamo visti tanti, e non hanno mai portato a niente. Quattro impianti sono già chiusi e gli altri stanno già al 50%. Siamo sull’orlo del baratro. Abbiamo bisogno solo di un piccolo aiuto del governo”.

Le immagini sono sfocate, ma le voci chiare. A parlare, in un video che sta facendo il giro della rete, sono i quattro operai della Portovesme Srl del Sulcis Iglesiente, asserragliati da ieri (28 febbraio) sulla più alta ciminiera dell’impianto sardo Kss, a cento metri di altezza. Mentre parlano, si vede dietro di loro la tenda da campeggio che dovrebbe proteggerli dal vento e dalla pioggia. Il tempo è inclemente. Caschetti in testa, giacche a vento, sacchi a pelo: i lavoratori non hanno intenzione di mollare nonostante la preoccupazione di tutti, a partire dai parenti, dai compagni di lavoro e dai sindacalisti, che hanno organizzato un presidio alla base della ciminiera dell’impianto.

Quando gli operai parlano dei tanti passi falsi che sono stati fatti in questi anni dalla politica (sia locale, sia nazionale) hanno ragione. La crisi è di lunga data e ha coinvolto in quella zona della Sardegna meridionale tanti impianti e condizionato le vite di migliaia di lavoratori. Basta fare qualche nome per ricordarci il progressivo e inesorabile declino industriale. A Portovesme si lavorava l’allumina da bauxite nello stabilimento Eurallumina, ora chiuso; l’alluminio primario (lingotti da fonderia) negli stabilimenti Alcoa, ex Aluminia, ex Alsar ex Alumix, chiusi o in procinto di essere chiusi, e infine le lavorazioni appunto del piombo, dello zinco nello stabilimento della Portovesme Srl. Tutta una storia industriale rimessa in discussione e su cui pesano le mancate scelte di riconversione e di innovazione di impianti che all’estero non sono più inquinanti, come negli anni dell’industrializzazione forzata. Nello stesso tempo, lo sviluppo di Portovesme si è intrecciato con le fortune, prima, e con la tormentata crisi del settore minerario sardo poi.

Oltre al video, con le drammatiche dichiarazioni dei quattro operai sulla ciminiera, ieri sul sito di Collettiva.it, la piattaforma online della Cgil, è stato pubblicato un podcast con le parole del segretario della Cgil sarda, Fausto Durante. Intervistato da Giorgio Sbordoni, il sindacalista ha parlato dal presidio organizzato davanti ai cancelli dell’azienda: “Il presidente della giunta regionale, Solinas, firmando un verbale di accordo con sindacati e azienda aveva promesso che, entro il 28 febbraio, la Regione avrebbe messo in campo una soluzione al caro energia per proteggere i posti di lavoro. Ma la Regione non basta, di questa situazione deve occuparsi il governo, aprendo un tavolo. Bisogna coinvolgere in questa vertenza il convitato di pietra, l’Enel”. E questa mattina (primo marzo) è arrivata la notizia della convocazione di venerdì. Sino a oggi l’azienda, sulla base di un accordo siglato a fine gennaio, aveva sospeso l’avvio della procedura di cassa integrazione, in attesa di trovare un’intesa sul prezzo dell’energia; ma in assenza di una soluzione i lavoratori sono stati costretti a scegliere ancora una volta la strada di una clamorosa protesta per sollecitare un confronto sui tavoli nazionali. L’appuntamento è stato fissato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, per venerdì 3 marzo, alle 10, con la sottosegretaria Fausta Bergamotto, Regione Sardegna, istituzioni locali, azienda e parti sociali. Non si hanno notizie precise sull’eventuale coinvolgimento dell’Enel evocato dalla Cgil della Sardegna.

La questione centrale, questa volta, è proprio quella relativa ai costi dell’energia. Come si ricorda oggi su qualche quotidiano, a un certo punto l’Unione europea intervenne contro il governo italiano, perché fornendo elettricità con lo sconto per garantire le produzioni, rischiava di distorcere la libera concorrenza. La prima a mollare fu l’Eurallumina, ricorda Giorgio Meletti su “Domani”: l’azienda ha fermato la produzione nel 2009, da allora politici regionali e nazionali di ogni colore hanno annunciano mediamente tre volte all’anno l’imminente ripresa della produzione. Poi Bruxelles fece una mega multa all’Alcoa, che decise di andarsene, visto che gestisce fabbriche di alluminio in tutto il mondo (anche in Islanda, dove l’energia è geotermica e viene via gratis).

Dall’inizio del 2010 sono passati tredici anni: dei duemila operai espulsi ne sono tornati al lavoro solo un centinaio. Nel frattempo, dei 450 lavoratori Eurallumina di allora qualcuno è morto, qualcuno è andato in pensione, qualcuno ha continuato a prendere la cassa integrazione, qualcun altro ha trovato altri lavoretti. E poi è cominciato l’incubo dell’Alcoa, che dava lavoro a duemila persone. In quel caso il protagonista politico fu Silvio Berlusconi, che ha dato poi la linea a tutti i suoi successori. Invece di risolvere il problema dell’energia alla radice, si è pensato di scaricare le responsabilità da azienda ad azienda. Se una non ce la fa ad affrontare i costi dell’energia, ce ne sarà sicuramente un’altra che subentrerà. Ma si trattava solo di una farsa. E anche quando si decise di farla finita per sempre con l’elettricità prodotta dalle centrali a carbone e di ricorrere al gas, si scoprì che la Sardegna non ne ha.

E arriviamo così ai nostri giorni: a quei quattro operai asserragliati a cento metri di altezza. “Stiamo bene fisicamente, anche se abbiamo patito il freddo: siamo esposti al vento e all’acqua”, ha raccontato al telefono dell’agenzia Agi uno dei lavoratori, saliti coi caschetti da lavoro della Portovesme Srl e con lumicino con l’immagine di papa Francesco. “Siamo preparati a restare quassù a lungo, non ci basta l’annuncio dell’incontro col ministero venerdì. Non vorremmo che la convocazione fosse solo un modo per spegnere l’attenzione mediatica seguita al nostro gesto. Da più di un anno, abbiamo posto il problema del caro energia e del futuro della Portovesme Srl. Dal governo ci aspettiamo su questa vertenza lo stesso impegno che è stato riservato ad altre simili in Italia. Dall’azienda abbiamo ottenuto una serie di proroghe, ma il problema va risolto a livello istituzionale”.

Fino in fondo, dunque, con il coraggio della disperazione. Come purtroppo è già successo tante volte in passato. Le lotte operaie del Sulcis non sono mai state leggere ed effimere. Nel 1904, dopo un eccidio in miniera, fu proclamato il primo sciopero generale nazionale. E trent’anni fa otto minatori rimasero quarantacinque giorni (anche Natale e Capodanno) nelle gallerie, quattrocento metri sottoterra, mentre, a pochi chilometri, quatto operai dell’Enichem resistettero due mesi barricati su una ciminiera.

Archiviato inArticoli
Tagsalluminio caro energia cgil ciminiera Enel Fausto Durante operai asserragliati Paolo Andruccioli Portovesme protesta Sardegna Sulcis vertenza

Articolo precedente

Tunisia, Saïed il dittatore

Articolo successivo

Pd, dal partito “contendibile” al partito “conteso”

Paolo Andruccioli

Articoli correlati

“Insufficiente”. Stellantis licenzia a Mirafiori

La Cgil riparte dalla società

L’ultima rivoluzione dell’industria

Il termovalorizzatore di Roma nelle mani dei giudici

Dello stesso autore

“Insufficiente”. Stellantis licenzia a Mirafiori

La Cgil riparte dalla società

L’ultima rivoluzione dell’industria

Il termovalorizzatore di Roma nelle mani dei giudici

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
L’eterno ritorno dei “taxi del mare”
Agostino Petrillo    26 Settembre 2023
La versione di Giorgio: modernizzazione senza conflitto e senza popolo
Michele Mezza    25 Settembre 2023
I migranti, i 5 Stelle e il Pd
Rino Genovese    22 Settembre 2023
Ultimi articoli
Bologna, una sentenza molto attuale
Stefania Limiti    29 Settembre 2023
Paradossi nelle elezioni americane
Stefano Rizzo    29 Settembre 2023
Benvenuti a Haiti!
Vittorio Bonanni    29 Settembre 2023
“Insufficiente”. Stellantis licenzia a Mirafiori
Paolo Andruccioli    28 Settembre 2023
Meloni ci ripensa, banche in festa
Paolo Barbieri    27 Settembre 2023
Ultime opinioni
Napolitano, il craxiano del Pci
Rino Genovese    25 Settembre 2023
La violenza giovanile maschile
Stefania Tirini    13 Settembre 2023
Per una scissione nel Pd
Nicola Caprioni*    12 Settembre 2023
Dalla democrazia politica alla democrazia delle emozioni
Massimo Ilardi    7 Settembre 2023
Il bagnasciuga di Giorgia Meloni
Giorgio Graffi    4 Settembre 2023
Ultime analisi
Tutti i progetti portano a Roma
Paolo Andruccioli    28 Luglio 2023
Roma riprende la cura del ferro
Paolo Andruccioli    21 Luglio 2023
Ultime recensioni
“Io capitano” di Garrone
Antonio Tricomi    21 Settembre 2023
L’ultima rivoluzione dell’industria
Paolo Andruccioli    20 Settembre 2023
Ultime interviste
Ecco perché a Brandizzo c’è stata una strage
Paolo Andruccioli    4 Settembre 2023
“La pace è un cammino”
Guido Ruotolo    6 Giugno 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Cina Claudio Madricardo covid destra elezioni Emmanuel Macron Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra guerra Ucraina Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA