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Libertà o pace? Dialogo sulla guerra

7 Novembre 2022 Lorenzo Cillario e Giorgio Graffi  675

Eleuterofilo – Ciao. Allora stai andando alla manifestazione per la pace in Ucraina?

Tirannofilo – Certo. E tu? Cosa ne pensi?

E. Potrei anche partecipare: però si deve fare una distinzione chiara tra aggressore e aggredito e si deve dire, senza se e senza ma, che una pace non è possibile se non alle condizioni del secondo, l’Ucraina.

T. (con fastidio) Con questo ritornello avete un po’ stufato. Mi sembrate le pecore del famoso libro di George Orwell, La fattoria degli animali, quando, per interrompere qualsiasi discussione, venivano fatte esplodere nel belato “quattro gambe buono, due gambe cattivo!”. E poi non mi sembrate molto coerenti: pensate alle aggressioni contro la Serbia, o l’Iraq, tutte e due intraprese senza mandato dell’Onu.

E. (con fastidio ancora maggiore) Veramente mi sembrate voi le pecore di Orwell. Prima di tutto, le situazioni sono molto diverse: in Kosovo, la Serbia negava la libertà alla popolazione albanese; in quello dell’Iraq, Saddam (anche se non aveva le armi chimiche, questo te lo concedo) opprimeva curdi e sciiti. Ma c’è un elemento più importante, anzi decisivo: se si viola il principio dell’integrità territoriale (ribadito negli accordi di Helsinki, firmati anche dall’allora Unione sovietica), allora qualunque aggressore può sedersi al tavolo delle trattative e pretendere che gli venga riconosciuta la sovranità su territori acquisiti in questa maniera illegale, qualunque sia la motivazione che adduce.

T. Sì, purtroppo sì. In linea di principio è inaccettabile, naturalmente. Ma se l’aggressore dispone di armi nucleari, purtroppo sì. Molte volte siamo costretti a sacrificare i nostri principi più nobili a un meno nobile principio di realtà. Scelgo, cioè, il male minore. Io non amavo particolarmente Saddam Hussein: però, se non ci fosse stata l’aggressione americana all’Iraq, non si sarebbe scatenata la reazione sunnita da cui è nato l’Isis; e, nonostante tutto, preferirei Saddam all’Isis.

E. Mi sembra che tu stia decisamente divagando. Tornando al tema della nostra discussione?

T. Per non lasciare al Tiranno la possibilità di provocare una guerra nucleare, distruggendoci a vicenda, polverizzando tutto, la vita stessa sul pianeta, dobbiamo sacrificare tanti nobili principi e sederci al tavolo della trattativa con lui. Ha torto. Non solamente torto, torto marcio. Però, visto che ha anche lui le armi finali, e minaccia, sconsideratamente, di usarle, devi ascoltare le sue ragioni, quali che siano, se per caso ne ha, che l’hanno indotto a entrare in un tunnel che, a rigore, non conveniva nemmeno a lui. D’altra parte, anche se non riesci a convincerli, devi costringere gli ucraini a trattare; accettando – volenti o nolenti – le condizioni della Russia per aprire la trattativa. Per esempio, l’Ucraina dovrebbe impegnarsi a una neutralità perenne e a riconoscere i diritti delle popolazioni russofone (rispettando gli accordi di Minsk, cosa che non ha fatto), e la Russia, dal canto suo, a non interferire mai più negli affari interni dell’Ucraina, riconoscendo che ha il diritto di scegliere il governo che vuole. Non pensi?

E. Io penso che Putin ci stia prendendo in giro; che cerchi di ingannarci, di impaurirci. Oppure non pensi che sia folle?

T. Nel qual caso converrai che bisognerebbe calmarlo, invece di aizzarlo, come stiamo facendo noi, l’Occidente. Gli stiamo urlando che è un pazzo criminale.

E. Ma no, è furbo. Infido. Non è pazzo.

T. Può essere. Le valutazioni sull’opportunità della trattativa, infatti, riguarderanno anche il dubbio se stia facendo sul serio o bluffando. Ma quanto è sensato rischiare? Ti pare si debba giocare d’azzardo anche noi, se la posta è il mondo? Anche istinti suicidi, alla “muoia Sansone con tutti i filistei”, non sono da escludere. Se messa all’angolo, disperata, come stiamo tentando di ridurla (sanzioni su sanzioni, armi all’Ucraina, guerra a oltranza per procura), la Russia potrebbe giocarsi il tutto per tutto.

E. Via, non saranno così stupidi!

T. Noi invece sì?

E. Mmh. Però non mi hai risposto: come si potrà evitare che in futuro situazioni simili si ripetano? Come scongiurare che i tiranni, lui o altri, disponendo tra l’altro di armi di distruzione totale possano imporre la loro volontà, prendersi quello che vogliono con la violenza? Che la cosa possa ripetersi, chiunque sia l’attore?

T. Ti rispondo. A patto che tu non pensi che il rischio nucleare venga solo dai tiranni.

E. Non dirmi che temi un dottor Stranamore, un generale nordamericano impazzito che… quella era solo fantascienza, l’immaginazione di Kubrick, un genio del cinema.

T. Non dico di no. Ma non dimentichiamo che nella storia, sul piano della realtà, furono proprio eleuterofili come te gli unici a usare davvero le armi nucleari. Hiroshima, Nagasaki. Quelli non erano crimini contro l’umanità?

E. Ne convengo. Non fu carino. Ma c’era la guerra; il Giappone non si arrendeva. Un quadro storico molto diverso da quello odierno.

T. Sono d’accordo con te. Ma gli americani il pianeta lo condizionarono eccome, anche grazie a quelle bombe. Imponendogli una lunga sudditanza. Che probabilmente sarebbe ancora più sfacciata se proprio la Russia non avesse interferito; l’Unione sovietica, a quei tempi.

E. Vabbè, non ricominciamo a divagare. Dimmi piuttosto: come possiamo cautelarci per il futuro?

T. Vanno messe al bando le armi atomiche, anzi tutte le armi, specie se di distruzione di massa. Questa terribile crisi – che almeno serva a qualcosa di buono – deve spingere l’umanità, i suoi organismi, l’Onu, a mettere al bando gli armamenti nucleari. Il passo sembra folle ma… folle è chi non lo fa.

E. No, folle sei decisamente tu.

T. Probabile. Ma come impedire che qualcuno si avvantaggi del ricatto atomico? Lasciando che le armi atomiche proliferino? Che chi le ha ne produca sempre di più, nuovi tipi? E chi non le ha ancora possa dotarsene? La reciproca deterrenza non funziona più, è evidente. Di questo passo, prima o poi, siamo spacciati. Saltiamo per aria tutti.

E. Trattare con la Russia di Putin? Mettere al bando le armi nucleari? Tu sei matto, davvero.

T. È il pensiero del papa, più o meno.

T. Su, ora andiamo a berci qualcosa. Non servirà a niente, ma è stata una bella chiacchierata.

T. Ti confesso: mi affiora ultimamente un pensiero ancor più sconcertante.

E. Sarebbe?

T. Mi chiedo se un giorno il mondo, anche noi intendo, non dovrà addirittura ringraziarlo.

E. Chi, Putin? Non abbiamo ancora cominciato a bere, e sei già ubriaco fradicio.

T. Putin è un leader spregiudicato e ha i nervi di acciaio. Pokerista e scacchista. Si è preso enormi rischi; ha rotto gli indugi, prima che le tensioni arrivino a un punto di non ritorno, con rotture irreversibili. Sta giocando di anticipo. L’ordine mondiale non può più essere lo stesso di prima, con un comando unipolare statunitense. La Nato non può più spadroneggiare ed espandersi ad libitum verso Est, come aveva cominciato a fare in Ucraina, in spregio a tutte le promesse. L’Europa deve decidere se unirsi davvero, rappresentare anche i popoli slavi (e quelli “asiatici”, della stessa Russia) o chiudersi in una visione solo “atlantica” delle alleanze. Ce la farà ad aspettare che anche in Occidente si faccia strada l’idea che è necessario instaurare con lui un nuovo dialogo? Sulla base di nuove regole, di un nuovo rispetto reciproco? Ce l’avrà la Russia la “pazienza” di aspettarci?

E. Oddio. No. Non ti seguo. Allora hanno ragione a diffidare di te: sei un putiniano di ferro.

(Come non sentendolo T. prosegue tra sé e sé)

T. Poi c’è la Cina. Superpotenza indiscussa che sta per superare le altre… L’India, il Brasile, il Sudafrica… Potenze regionali emergenti… Credimi: non siamo l’ombelico del mondo.

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