• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Editoriale » Destra e sinistra nella pandemia

Destra e sinistra nella pandemia

14 Ottobre 2021 Rino Genovese  1161

“Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra?” domandava un Giorgio Gaber già declinante verso un più o meno esplicito qualunquismo. Che consiste, anzitutto, nel porre sotto tensione la distinzione, polverizzandola o scompigliandola al punto da renderla di fatto inattiva. Invece la linea di demarcazione tra la destra e la sinistra c’è, eccome. Soltanto, i due termini vanno considerati come concetti di posizione: il che significa che la loro definizione e il loro possibile contenuto mutano a seconda dei contesti in cui sono inseriti. Se, come diceva Mao, solo nel deserto non ci sono una destra e una sinistra, ciò vuol dire che esse sono categorie relative all’interno di uno spazio sociale e politico di cui non è possibile tracciare una volta per tutte la mappa. E dunque, in ciascuna situazione specifica, ci si può rinfacciare “sei di destra!” o “sei troppo a sinistra!”, dando vita al triste spettacolo in cui si sono esercitati a lungo i partiti socialisti e comunisti (nei quali, come sapeva Pietro Nenni, c’è sempre qualcuno “più puro” che ti epura).

Ciò detto, mai come di fronte alla recente pandemia si sono viste all’opera una destra e una sinistra. Lo ha mostrato bene Antonio Tricomi nel suo libro da poco uscito, Epidemic (Jaca Book), in cui evidenzia come fin dalle vecchie pestilenze, almeno durante quelle avvenute già sotto lo spirito del capitalismo, si dava l’alternativa: lascio ogni attività economica e mi ritiro in chiusure parziali o totali, al fine di proteggere la mia vita e quella degli altri, o resto in ballo con tutti i miei affari, rischiando, sì, ma seguitando a fare denari? È il dilemma posto al borghese: accettare la selvaggia selezione naturale proposta dall’infezione o cercare di correre ai ripari, sapendo che questo gli farà perdere un sacco di soldi?

Tra l’inverno e la primavera del 2020, in Italia, a questa domanda si è data una risposta che può essere detta “di sinistra”: la salute va protetta anche a costo di subire un danno economico. D’altronde la Costituzione parla chiaro in proposito, mettendo, come già abbiamo avuto modo di ricordare in un precedente articolo, la salute al primo posto, definendola “fondamentale” – cosa che nella Costituzione non si dice di nessun altro diritto. Per fare un paragone con che cos’è “di destra” in un contesto simile, basti pensare alle prime dichiarazioni di Boris Johnson riguardo alla cosiddetta immunità “di gregge” (e già nell’uso di questa parola risuona l’eco del vecchio reazionario darwinismo sociale): teniamo aperte tutte le attività, facciamo ammalare la popolazione il più possibile e, a un certo punto, l’infezione si estinguerà da sola. Discorso non solo scientificamente infondato, come si sa, dato che i virus, diffondendosi senza freni, danno vita a varianti dalle quali non si può essere protetti, ma soprattutto dal costo umano altissimo: pagato dalla Gran Bretagna, nonostante la tardiva conversione alle chiusure, in termini di sofferenze e di morti (vero è che anche l’Italia, nelle regioni del nord, in particolare in Lombardia, ha pagato un prezzo spropositato: ma qui per via delle precedenti scelte – “di destra”, appunto – che avevano pressoché azzerato la sanità pubblica, oltre che per uno stile di vita in cui si sta tutti molto appiccicati).

Però il governo Conte – con un cerchiobottismo che Tricomi chiama non a torto “neo-moroteo” – nell’estate 2020 procedette alle riaperture (perfino i locali da ballo ritornarono a funzionare), con la conseguenza che in autunno si fu punto e da capo, stavolta con il ricorso a chiusure mirate, mentre cominciava quell’attesa dei vaccini che solo adesso, dopo più di un anno, sembra che ci stiano effettivamente conducendo fuori dalla pandemia. Il centrismo italico celebrava se stesso e la sua tipica “saggezza” – prima un po’ a sinistra, poi una sterzata a destra, e ancora una correzione a sinistra – che lo ha reso famoso, il suo slogan più prezioso essendo quello delle “convergenze parallele”. Insomma, se ci vollero un bel po’ di manovre e qualche colpo sotto alla cintura affinché la Democrazia cristiana riuscisse a riassorbire, negli anni del dopoguerra, l’Uomo qualunque di Guglielmo Giannini, si può affermare che sia bastato un Giuseppe Conte perché la variante neoqualunquistica grillina, e il suo populismo peraltro già “di centro”, rientrassero nei ranghi.

A differenza del qualunquismo, che mira a scompigliarla, il centrismo conferma la distinzione destra/sinistra. Con slittamenti progressivi da una parte o dall’altra, ma raddrizzando di continuo la barra ­– anche a costo di quell’altra specialità italiana che è il trasformismo –, esso ha bisogno di una destra e di una sinistra per esistere. Tuttavia, oggi nel nostro Paese, ci sono tanti “centri” e – si può dire – nessuna sinistra. È un problema per il sistema politico. Per esempio, chi sostiene una misura di sinistra come quella di un’imposta patrimoniale progressiva – a parte “terzogiornale” e altri quattro gatti? Se un De Gasperi redivivo dicesse: “Sono un uomo di centro che guarda a sinistra”, si volterebbe e cosa vedrebbe? Il vuoto. Oppure, come in un gioco di specchi in un film di Orson Welles, la sua stessa immagine riflessa da mille frammenti.

Per questo siamo costretti a seguire ciò che a volte può essere proposto come “di sinistra” nelle giravolte del centrismo italico. Al contrario, una destra c’è, e si vede, pure parecchio aggressiva, di matrice fascista o leghista, nazional-populista o, all’occorrenza, ancora populistico-locale, come sulla questione della cosiddetta autonomia regionale differenziata.

Infine, ci sarebbe da affrontare la questione di una sinistra che si vuole radicale la quale, seguendo un’impostazione tratta all’incirca dal pensiero di Michel Foucault (ma su questo c’è da discutere), ritiene che tutte le misure prese durante la pandemia, e da ultimo quella sulla obbligatorietà del pass sanitario, siano espressioni di quel controllo sulla vita da parte del potere che renderebbe quest’ultima una vitaccia indegna di essere vissuta. Essi – si direbbe – preferirebbero la morte piuttosto che sottomettersi a un condizionamento che avrebbe raggiunto l’apice con la “dittatura sanitaria”.

Bisogna essere chiari su questo punto (al di là delle strumentalizzazioni di destra a cui queste posizioni si espongono). È del tutto in linea con un pensiero e con una pratica anarchica e libertaria, che fa a pieno titolo parte della storia della sinistra, assumere una postura del genere contro “il potere”. Ma essa, rinnovellata oggi sulla base di testi che non sono più quelli dell’anarchismo classico, fu per lo più messa da parte già un centinaio di anni fa e oltre. E – soprattutto in Italia, dove si lamenta la mancanza di una sinistra in generale – è opportuno riesumarla? Non si contribuisce così a tenere in piedi un’impasse, con il rifiutarsi di analizzare cosa il centrismo italico propone, evitando di passarne al setaccio i contenuti per vedere cosa in essi ci sia, di volta in volta, di destra o di sinistra, e puntando naturalmente a tempi migliori?

Archiviato inEditoriale
Tagsanarchismo Costituzione destra pandemia Rino Genovese salute sinistra

Articolo precedente

Glasgow, ultima spiaggia per la riconversione ecologica?

Articolo successivo

Pass sanitario: una protesta a più facce

Rino Genovese

Articoli correlati

Corte dei conti, la tracotanza del governo

Il significato di una parata militare

Come usare l’eredità di don Milani

Perché i padroni si buttano a destra?

Dello stesso autore

Il significato di una parata militare

La destra all’attacco

Le condizioni per la pace

Inno a Lagioia

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
Pnrr, si profila uno stile polacco
Luca Baiada    8 Giugno 2023
Corte dei conti, la tracotanza del governo
Stefania Limiti    6 Giugno 2023
Emilia-Romagna, la catastrofe annunciata
Massimo Serafini    5 Giugno 2023
Ultimi articoli
L’Europa non vuole sentire parlare di pace
Giorgio Graffi    9 Giugno 2023
Brasile, Lula si barcamena
Claudio Madricardo    8 Giugno 2023
Affitti brevi: Nardella controcorrente
Agostino Petrillo    7 Giugno 2023
Scontri in Kosovo, le responsabilità del premier Kurti
Vittorio Bonanni    7 Giugno 2023
Visco e la gabbia della “moderazione salariale”
Paolo Barbieri    1 Giugno 2023
Ultime opinioni
La crisi culturale della scuola italiana
Stefania Tirini    7 Giugno 2023
Il significato di una parata militare
Rino Genovese    5 Giugno 2023
Come usare l’eredità di don Milani
Michele Mezza    5 Giugno 2023
Le condizioni per la pace
Rino Genovese    29 Maggio 2023
La destra all’attacco della cultura
Michele Mezza    15 Maggio 2023
Ultime analisi
Città da riprogettare. Roma, il caso di Porta Maggiore
Paolo Andruccioli    6 Giugno 2023
Il cantiere eterno di Roma: soldi e misteri
Paolo Andruccioli    1 Giugno 2023
Ultime recensioni
Il ritorno di Moretti
Rino Genovese    22 Maggio 2023
Europa del Nord e socialdemocrazie: un passato senza futuro?
Claudio Bazzocchi    17 Aprile 2023
Ultime interviste
“La pace è un cammino”
Guido Ruotolo    6 Giugno 2023
“Il governo Meloni illude i lavoratori”
Paolo Andruccioli    2 Maggio 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Cina Claudio Madricardo covid destra elezioni Emmanuel Macron Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia Sandro De Toni sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA