Tag: Yolanda Díaz
Yolanda Díaz, una ministra da invidiare
L’ha “scoperta” anche il prestigioso quotidiano “Le Monde”, che una settimana fa le ha dedicato un ritratto a firma di Sandrine Morel, corrispondente da Madrid, segnalandola come personaggio “in ascesa” e “carismatica”, molto apprezzata tra gli industriali, oltre che dai sindacati, per la sua capacità di tenere aperto il dialogo sociale. Si tratta di Yolanda Díaz (galiziana, classe 1971), comunista, avvocata e ministra del Lavoro dal gennaio 2020 nel governo formato dalla coalizione tra Partito socialista (Psoe) e Podemos, dal marzo 2021 anche coordinatrice di quest’ultima formazione politica e vicepresidente del governo presieduto da Pedro Sánchez, dopo le dimissioni dai due incarichi di Pablo Iglesias.
Alla sua caparbietà e abilità si devono tre conquiste: il salario minimo fissato a 950 euro; la deroga al licenziamento per problemi medici che ha limitato i danni del Covid; la legge che ora regola il cosiddetto lavoro telematico (Ley del teletrabajo). A Díaz va pure il merito dell’accordo di avanguardia per introdurre nel codice del lavoro una “presunzione di lavoro salariato” per i fattorini che consegnano pasti a domicilio attraverso piattaforme come Deliveroo o UberEats. La ministra del Lavoro ha più volte precisato che “questi lavoratori ora sono dipendenti e potranno beneficiare di tutte le tutele derivanti dal loro status”.
Anche la sinistra di Madrid non funziona?
Pessimo segnale per la sinistra europea il risultato delle elezioni nella Regione di Madrid, dove si è votato martedì. Esce sconfitto il “modello spagnolo”, cioè il governo che, dal 13 gennaio 2020, vede insieme socialisti del Psoe e Podemos. È un esecutivo che unisce insieme sinistra di governo e sinistra radicale accanto ad alcune liste regionali (Podemos nacque dal movimento de los indignados che si sviluppò a iniziare dal 2011). Si tratta di una unità di governo non facile, maturata dopo due elezioni politiche senza né vinti né vincitori nel 2015 e 2016. Non fu semplice, infatti, convincere Psoe e Podemos che dovevano provare a governare insieme come voleva gran parte dell’opinione pubblica iberica. Non c’erano alternative, se non tornare alle urne. Ma i socialisti erano considerati troppo “moderati” da Podemos, mentre questi ultimi erano ritenuti “poco affidabili” da chi ha avuto in varie legislature responsabilità governative (Felipe González, Luis Rodríguez Zapatero). Fu la necessità a fare virtù. Il governo di sinistra era però pure il tentativo di sperimentare un’alternativa al moderatismo blairiano, clintoniano o renziano. A provare a spostare a sinistra il baricentro di una forza che si candida al governo ci aveva già provato Jeremy Corbyn in Gran Bretagna con esiti disastrosi, anche per via della Brexit. Ora, dopo il voto di Madrid, sotto i riflettori finisce la Spagna del premer socialista Pedro Sánchez che sembrava aver imboccato la strada giusta.
La sconfitta della sinistra a Madrid è cocente. I Popolari capeggiati da Isabel Diaz Ayuso, 42 anni, presidente uscente della Regione di Madrid, ora lanciata come leader nazionale, hanno stravinto anche se per governare avranno bisogno dell’astensione di Vox (9%), formazione di estrema destra che non cela nostalgie per i decenni della dittatura di Francisco Franco, definitivamente sdoganata e con velleità di puntare al governo della Spagna.