
Punto e a capo, si va a settembre. Il percorso, stando al riassunto di un’esponente di opposizione, “richiede ancora un ulteriore sforzo di sintesi”. Il disegno di legge sul suicidio assistito, il cosiddetto “ddl fine vita”, che ristagna al Senato da inizio legislatura, dovrebbe finalmente avere l’onore di essere esaminato dall’aula di palazzo Madama al rientro dalle meritate vacanze estive, in una fase dei lavori auspicabilmente non intasata da decreti legge e altre scadenze cogenti. In origine, il provvedimento, che riproduce il contenuto di una proposta di legge approvata solo in prima lettura dalla Camera nel corso della passata legislatura, reca la prima firma del senatore del Pd Alfredo Bazoli e le sottoscrizioni di larga parte dei senatori di opposizione appartenenti al Movimento 5 Stelle, all’Alleanza verdi-sinistra e al gruppo per le Autonomie.
Il testo che i senatori dovranno licenziare, tuttavia, dovrà fare i conti con il pesante intervento dei relatori di maggioranza, che – dopo una lunga gestazione negoziata tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – hanno depositato una proposta di nuovo testo che ribalta sostanzialmente la logica della norma. Nuovo testo che, nel regime di distorsione permanente del sistema parlamentare causata dallo sciagurato bipolarismo in salsa italica, parte per così dire coi favori del pronostico, e rischia di essere il binario morto sul quale si arenano le speranze di quanti si sono battuti per il riconoscimento del diritto alla scelta consapevole di una fine dignitosa.
La battaglia parlamentare non è chiusa, tuttavia. Anche perché esiste un vincolo esterno, rappresentato dalla sentenza n. 242 del 22 novembre 2019 della Corte costituzionale. Il parlamento, infatti, sarebbe da tempo tenuto a intervenire sulla materia: la Consulta, prima della citata sentenza, aveva già dedicato al tema del suicidio assistito, nel 2018, una ordinanza proprio per dare il tempo al legislatore di fare il suo dovere. E con la sentenza del novembre 2019 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dalla legge n. 219 del 2017 (“Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”) agevola l’esecuzione del proposito di suicidio di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
Nella proposta depositata originariamente dalle opposizioni, la finalità della norma era chiarita all’articolo 1: “La presente legge disciplina la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita, alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge e nel rispetto dei princìpi della Costituzione, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.
Il testo di maggioranza parte dal principio opposto, a cominciare dal titolo dell’articolo 1, “Inviolabilità e indisponibilità del diritto alla vita”. Sono due probabilmente i punti chiave della proposta della coalizione di destra-centro per “correggere” la rotta indicata dal ddl Bazoli: la costituzione di una Commissione nazionale di valutazione, di nomina governativa e mandato quinquennale, cui spetta il parere obbligatorio sulla possibilità di escludere la sanzione penale per chi assiste il suicidio (parere che l’autorità giudiziaria deve tenere in considerazione ai fini della esclusione della punibilità di chi assiste il soggetto che pone fine alla propria vita), e l’esclusione del servizio sanitario nazionale per le procedure legate all’esercizio del diritto a una fine dignitosa. Il testo, infatti, stabilisce che “il personale in servizio, le strumentazioni e i famaci di cui dispone a qualsiasi titolo il servizio sanitario nazionale non possono essere impiegati al fine dell’agevolazione dell’esecuzione del proposito di cui al medesimo articolo 580 del codice penale”. Insomma, par di capire: non si può fare, ma se proprio non si può evitare il cittadino si rivolga ai privati. In coerenza – si direbbe – con una certa visione del diritto alla salute differenziato per censo; o, alla peggio, messo a carico delle casse pubbliche ma in convenzione con strutture private.
Secondo Laura Santi, la giornalista perugina che si è autosomministrata il farmaco letale dopo una lunga battaglia per ottenerlo, si tratta di un testo “veramente infausto”, il cui fine “non è regolamentare ma escludere un diritto”. Il suo ultimo appello non ha risparmiato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che secondo l’accusa di Santi “ha concordato il testo sottobanco col Vaticano. Non ragionate – ha aggiunto – come membri di partito”.
Sull’altro fronte della trincea, in una recente intervista a “Repubblica”, il cardinale Angelo Bagnasco, ex presidente della Conferenza episcopale italiana, ha liquidato come “opinioni” le accuse di Laura Santi sulle ingerenze vaticane. Facendosi interprete della Costituzione, ha spiegato che in essa la salute è tutelata come diritto dell’individuo ma anche come “interesse della collettività”, denunciando in sostanza come deriva individualista la pretesa di regolamentare il diritto al suicidio assistito. Quindi “la Chiesa ha il dovere di dire le proprie convinzioni” e il parlamento “interverrà, spero, tenendo conto che nessuna autorità umana decide il bene e il male in assoluto. C’è una legge naturale che è il fondamento dei valori morali”.
Dovessimo scommettere su quale appello ascolteranno con più attenzione i senatori di maggioranza alla ripresa dei lavori sul “ddl fine vita”, se quello di Bagnasco o quello di Laura Santi, avremmo pochi dubbi. Ma la sentenza della Consulta qualche paletto lo fissa: e questo lascia spazio, almeno in teoria, a un lavoro fatto “con equilibrio ed empatia”, come auspicato dalle opposizioni. Prime risposte a settembre.