
Ha gettato nello sconcerto più di una redazione giornalistica la notizia, pubblicata dal “Guardian” lo scorso 21 giugno, secondo cui il quotidiano tedesco “Bild Zeitung” si appresterebbe a sostituire la sua redazione e una parte dei collaboratori con una intelligenza artificiale. La notizia è stata poi nei giorni scorsi ridimensionata, in parte smentita. Avvisaglie del cambiamento in corso erano comunque nell’aria da tempo. A febbraio di quest’anno, Matthias Döpfner, Ceo di Axel Springer, uno dei più grandi editori tedeschi, aveva già sottolineato in un’intervista: “Il processo della creazione giornalistica sta diventando il fulcro di ciò che facciamo. La componente di produzione materiale degli articoli sta diventando un sottoprodotto, sempre più supportato tecnicamente e automatizzato. Questo significa ristrutturare le redazioni e spostare personale e costi”. La casa editrice punta a migliorare i risultati del gruppo di cento milioni di euro nei prossimi tre anni, tagliando i costi e aumentando il fatturato.
Ora è diventato chiaro che cosa significhi, in concreto, questa ristrutturazione: nella sola redazione della “Bild” verrà tagliato un numero di posti di lavoro a tre cifre. Il numero di edizioni regionali sarà ridotto da diciotto a dodici, le sedi più piccole saranno chiuse completamente, e il livello dirigenziale sarà sfoltito. Lo “Handelsblatt” ha riportato una dichiarazione del caporedattore della “Bild”, Marion Horn, secondo cui il giornale abolirà progressivamente le funzioni legate al mondo della carta. La maggior parte dei posti di lavoro, tuttavia, sarà eliminata a livello dirigenziale. “Ci stiamo congedando da prodotti, progetti e processi che non potranno mai più avere successo economico” – ha dichiarato Christian Senft, portavoce di Springer, che ha aggiunto che la “Bild” sostituirà parzialmente i redattori con l’intelligenza artificiale, nell’ambito di una ristrutturazione prevista da tempo. “Stiamo esaminando e testando l’uso dell’IA generativa nel reparto editoriale, in vari punti, per supportare l’intero processo giornalistico” – ha detto Senft.
In particolare, il piano prevede che i redattori umani siano supportati nelle loro ricerche da LLM (Large Language Models). LLM è un algoritmo capace di riconoscere contenuti, generarli, riassumerli e tradurli. Per farlo ha bisogno di big data, ossia di enormi set di dati. Altri compiti dell’IA in redazione dovrebbero essere la creazione di video e articoli per i social media e la ottimizzazione delle attività di ricerca online, compresa l’organizzazione dei metadati. Inoltre, l’IA dovrà progettare il layout dell’edizione cartacea, e leggere gli articoli ad alta voce sul sito bild.de.
I dirigenti, in ogni caso, sono cauti: mettono l’accento principalmente sul risparmio di tempo e risorse: “Crediamo nelle opportunità dell’IA. Vogliamo utilizzarla in Springer per migliorare il giornalismo e preservare il giornalismo indipendente nel lungo periodo. Abbiamo molte iniziative in corso per esplorare le aree di applicazione dell’IA per i nostri marchi giornalistici, sia nei flussi di lavoro della produzione editoriale sia in termini di esperienza dei lettori”. Hanno inoltre messo in rilievo che il supporto ai redattori, da parte dell’IA, dovrebbe creare più tempo e spazio per la creatività giornalistica, e che non ci sarà alcuna autonomia dei testi frutto della introduzione di tecniche informatiche avanzate: in linea di principio, tutti i contenuti dell’IA devono ancora essere controllati da un umano prima della pubblicazione, dato che provengono da fonti che sono umane e quindi vanno verificate. Il lavoro dell’IA è solo di ricucitura e assemblaggio. Inoltre, per mantenere gli standard di qualità giornalistica nonostante le misure di riduzione dei costi, l’azienda afferma di volere investire in scrittori, reporter e redattori, in grado di dare contributi originali.
La questione è per molti versi emblematica: da una parte, un’attività considerata “creativa” e appannaggio finora solo di autori umani; dall’altra, l’irrompere dell’IA anche in settori non strettamente ripetitivi e quantificabili. In realtà, il mondo dell’informazione probabilmente non ha molto da temere, se non in termini di possibile perdita di posti di lavoro. Al di là di quello che può essere lo spauracchio della sostituzione della componente umana nella produzione di notizie, esistono, però, dei limiti ben precisi a quello che attualmente la tecnologia può fare, e non avrebbe senso un nuovo luddismo quale soluzione alla questione tecnologica che si pone. Già il pioniere Alan Turing sosteneva che la macchina può sostituire l’uomo in campo lavorativo “purché si accetti una precisa definizione del lavoro (…), può eseguire tutto quel che è scritto in un Book of Rules”, cioè deve seguire dei compiti chiaramente definiti e assegnati.
In un libro recente, Etica dell’intelligenza artificiale, che sfata tutta una mitologia negativa nata ultimamente sulla questione, Luciano Floridi, uno dei massimi studiosi del settore, ha rimarcato che “le tecnologie possono fare sempre più cose meglio di noi”, ma lo fanno unicamente sulla base di una enorme capacità di calcolo. In sostanza “non pensano”. Il problema è farne un “cattivo uso”, non mirato a migliorare le nostre società. La IA – dice Floridi – non pensa più di quanto non pensi un tostapane o una lavastoviglie, solo è in grado di gestire una enorme quantità di dati e di ordinarli. Da questo punto di vista, può costituire più un supporto e un alleggerimento in determinate attività del lavoro umano di quanto non costituisca una reale minaccia.
Basterebbe pensare ai progressi fatti segnare negli ultimi anni dai traduttori online, in grado ormai di fornire un prodotto grezzo più o meno accettabile, o alla trascrizione automatica di interviste che sta sostituendo il penoso lavoro dello sbobinamento. Così, invece di alimentare fantasmi hollywoodiani con intelligenze artificiali nemiche e sterminatrici, o di incitare i giornalisti alla distruzione delle macchine, occorrerebbe interrogarsi sull’uso che stiamo facendo delle tecnologie, sulla grande opportunità che esse prospettano di liberazione e miglioramento del lavoro umano: opportunità che finora sono state, purtroppo, per lo più disattese.