• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Opinioni » Incontri sulla via di Königsberg: la guerra secondo i filosofi

Incontri sulla via di Königsberg: la guerra secondo i filosofi

La tensione intorno all’enclave russa di Kaliningrad, che fu la città di Kant e del suo “Progetto per una pace perpetua”, e alcuni interventi di pensatori contemporanei

24 Giugno 2022 Agostino Petrillo  582

Strano pensare che la sonnacchiosa, provinciale cittadina della Prussia orientale, in cui secondo la leggenda Immanuel Kant scandiva il ritmo delle giornate con le sue metodiche passeggiate – sempre allo stesso orario, facendo immancabilmente il medesimo percorso, tanto che gli abitanti regolavano gli orologi al suo passaggio –, sia oggi uno dei punti caldi del conflitto europeo. Occupata nel 1945 dai russi, e progressivamente de-germanizzata, ha assunto nel secondo dopoguerra il nome di Kaliningrad. Divenuta dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica una vera e propria enclave, senza più collegamenti diretti con il territorio russo, collocata com’è tra Polonia e Lituania, la città è importante per diversi motivi: non solo ha una posizione strategica per il controllo del Baltico, ma è anche prossima alla sede di una flotta e a installazioni missilistiche, e riveste inoltre il ruolo di un vero e proprio avamposto proiettato verso l’Europa occidentale e le postazioni della Nato. Per questo insieme di motivi, è stata a lungo una città chiusa, cui non era permesso accedere, e in cui sono state concentrate la logistica militare e – si sospetta – armi atomiche.

Dietro il suggestivo scenario architettonico di quel che rimane di una cittadina della Germania romantica, non si può senza apprensione e malinconia intravedere i silos che pare celino i micidiali missili nucleari Sarmat, oggi incombenti sulla Lituania. Per una ironia della storia, si è trasformata in una sorta di polveriera pronta a esplodere proprio la “città filosofica” in cui Kant, nel 1795, scrisse il suo Progetto per una pace perpetua. All’epoca, l’Europa veniva da anni di tensioni e conflitti, e altri se ne preparavano, chiaramente presagiti dal filosofo, per cui il testo aveva il senso di un monito, più che di una proposta politica immediatamente praticabile. In una nota accorata del testo Kant scriveva infatti, pieno di speranza: “Le massime dei filosofi circa le condizioni che rendono possibile la pubblica pace debbono essere prese in considerazione dagli Stati armati per la guerra”. Una pia illusione?

E oggi cosa dicono i filosofi su quanto sta avvenendo? Qualcuno li prende in considerazione? La riflessione ritorna di attualità nel momento in cui la questione di Königsberg sta assumendo aspetti sempre più drammatici, dato che la Lituania, applicando le sanzioni, ha limitato gli scambi tra Kaliningrad e la Russia, ricevendo in cambio pesantissime minacce.

Viene in mente proprio quanto diceva Jürgen Habermas, in una lunga intervista alla “Süddeutsche Zeitung”di fine aprile, passata per la verità senza alcuna eco. Il vecchio filosofo, ormai ultranovantenne, metteva in guardia l’Unione europea dal fare mosse avventate, criticando in particolare la fornitura di armi all’Ucraina; e sosteneva che non c’è la possibilità di vincere una guerra su cui aleggia la possibilità dell’uso dell’arma atomica. Per Habermas, se è giusta l’autodifesa dell’Ucraina, la risposta europea dovrebbe stare all’interno di due estremi da scongiurare entrambi: la sconfitta totale dell’Ucraina, da un lato, e l’escalation del conflitto in una terza guerra mondiale, condotta con armamenti nucleari.

Riprendendo appunto la tradizione pacifista di ascendenza kantiana, Habermas ha sostenuto le prudenti posizioni di Olaf Scholz, che ha cercato di evitare un invio incontrollato e totale di armi all’Ucraina, dato che ciò avrebbe significato un sempre maggiore coinvolgimento tedesco nel conflitto (su questo, vedi il nostro articolo del 2 giugno scorso). Ha fatto anche notare che esiste una soglia sempre più esile tra la fornitura di armi e una escalation della guerra: il che rende il margine di manovra per la diplomazia estremamente limitato, e la situazione progressivamente sempre più rischiosa, con la possibile dilatazione di un conflitto regionale a una scala europea, se non planetaria. Habermas ha insistito, a questo proposito, sulla necessità di un aiuto che rimanga al di qua della linea rossa di un coinvolgimento diretto nella guerra, dato che si sta giocando una “partita a poker che rischia di finire male”.

Sulla fornitura indiscriminata di armi all’Ucraina, ha avanzato qualche dubbio pochi giorni fa anche un altro filosofo tedesco, spesso su posizioni contrapposte a quelle di Habermas, Peter Sloterdijk. Nel corso della presentazione del suo ultimo libro, Sloterdijk ha insistito su una dimensione “distorsiva” e “allucinatoria” che caratterizzerebbe l’operato di Putin, un visionario che “si sveglia la mattina e vede la Russia circondata”; il leader russo, a suo avviso, “non fa semplici affermazioni controfattuali, ma costruisce una storia interamente falsa con l’ausilio di pochi frammenti di realtà correttamente compresi”. E ha rincarato la dose aggiungendo che “raramente c’è stato un politico in cui la menzogna costituisca una parte così grande delle sue espressioni linguistiche”. Per Sloterdijk, la situazione creatasi sarebbe il frutto di un “dilettantismo frenetico”. Putin viene descritto come un “piccolo uomo, relativamente insignificante, arrivato a capo di un grande complesso politico, che ora fantastica sulla sceneggiatura corrispondente”. Ma a una domanda diretta sull’invio di armi pesanti all’Ucraina, Sloterdijk si è espresso in maniera analoga a Habermas, sostenendo che “la fornitura di armi pesanti sarebbe più o meno sinonimo di ingresso nel conflitto. Se i politici occidentali Scholz e Macron e persino gli Stati Uniti lo hanno finora evitato ci sono buone ragioni”.

Ultimo, in ordine di tempo, a irrompere nel dibattito sulla guerra è il filosofo sloveno Slavoj Zizek, che sostiene invece, in una recentissima intervista al “Guardian”, la necessità di un aiuto pressoché incondizionato all’Ucraina. Zizek, come sempre provocatorio, non risparmia gli strali al pacifismo neutralista, che vede sostanzialmente minoritario e impotente, e afferma che “oggi non si può essere di sinistra se non si sta inequivocabilmente con l’Ucraina”, vista e considerata la dimensione che assume il “piano imperialistico globale di Putin”.

Mentre i filosofi discutono, la situazione a Königsberg-Kaliningrad si fa sempre più tesa, e il rischio della escalation paventato da Habermas sempre più concreto. Torna alla memoria un altro monito di Kant, che nel testo già menzionato ricordava le due forme di pace possibili: una auspicabile come ideale regolativo, razionale, ottenuta tramite “il diritto internazionale fondato su un federalismo di Stati liberi”; l’altra, tristissima, che vede, nel fallimento di questa ipotesi, tutte le ambizioni di potenza venire annichilite dai conflitti armati nel “grande cimitero del genere umano”.

Archiviato inDossier Opinioni Ucraina
TagsAgostino Petrillo Germania guerra Ucraina Habermas Immanuel Kant Kaliningrad Königsberg Peter Sloterdijk Russia Slavoj Zizek Ucraina

Articolo precedente

Chi è Gustavo Petro, primo presidente di sinistra in Colombia

Articolo successivo

Regionali in Andalusia, un colpo per Sánchez

Agostino Petrillo

Seguimi

Articoli correlati

Le condizioni per la pace

Chi ha ucciso il ponte Morandi?

Drôle de guerre

Prilepin e gli altri

Dello stesso autore

Chi ha ucciso il ponte Morandi?

L’affitto impossibile

A Genova le manie di grandezza della destra

Il silenzio italiano sui salari

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
Bonaccini o non Bonaccini? È questo il problema?
Claudio Bazzocchi    26 Maggio 2023
Chi ha ucciso il ponte Morandi?
Agostino Petrillo    24 Maggio 2023
Inno a Lagioia
Rino Genovese    23 Maggio 2023
Ultimi articoli
Vince il Sultano
Vittorio Bonanni    29 Maggio 2023
L’anti-ambientalismo è una strategia della destra
Paolo Barbieri    26 Maggio 2023
Annunziata annunzia che non c’è più la Rai
Michele Mezza    25 Maggio 2023
Una parte del Pd contro la maternità surrogata
Vittorio Bonanni    25 Maggio 2023
All’Antimafia una presidente invisa alle associazioni dei parenti delle vittime
Stefania Limiti    24 Maggio 2023
Ultime opinioni
Le condizioni per la pace
Rino Genovese    29 Maggio 2023
La destra all’attacco della cultura
Michele Mezza    15 Maggio 2023
Come Elly Schlein è diventata segretaria
Claudio Bazzocchi    10 Maggio 2023
Lucia Annunziata resuscita Fini per parlare alla sinistra
Michele Mezza    26 Aprile 2023
Un manifesto di diritti, una lotta di potere
Michele Mezza    24 Aprile 2023
Ultime analisi
I conservatori, i progressisti e il mondo contemporaneo
Michele Mezza    23 Maggio 2023
La mappa sociale della sinistra al tempo di ChatGPT
Michele Mezza    24 Marzo 2023
Ultime recensioni
Il ritorno di Moretti
Rino Genovese    22 Maggio 2023
Europa del Nord e socialdemocrazie: un passato senza futuro?
Claudio Bazzocchi    17 Aprile 2023
Ultime interviste
“Il governo Meloni illude i lavoratori”
Paolo Andruccioli    2 Maggio 2023
La manovra del governo Meloni: sotto i numeri niente
Paolo Andruccioli    17 Aprile 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Cina Claudio Madricardo covid destra elezioni Emmanuel Macron Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia Sandro De Toni sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA