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Unione europea, credibilità in bilico su gas e nucleare

La Commissione dovrà prendere una decisione importante sugli investimenti verdi, che riguarda l’inserimento di energie fossili nella Tassonomia

5 Novembre 2021 Lorenzo Consoli  564

È sempre più probabile che la Commissione europea attribuisca, entro la fine dell’anno, i requisiti di sostenibilità ambientale e climatica ai settori dell’energia nucleare e dell’elettricità generata dal gas naturale, nel sistema europeo di classificazione degli investimenti “verdi”, la “Tassonomia”. Il regolamento dell’Unione sulla Tassonomia verde, già approvato e in vigore dal luglio 2020, definisce sei obiettivi, due specificamente climatici e quattro più generalmente ambientali, e mira a evitare che le imprese rivendichino qualità ambientali ingannevoli o inesistenti (greenwashing), come argomento di marketing per attrarre gli investimenti. 

Due dichiarazioni recenti, piuttosto sibilline, della commissaria ai servizi finanziari, Mairead McGuinness, e della stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, sembrano indicare, tuttavia, che proprio su questa strada sia avviato l’esecutivo comunitario, dopo mesi di incertezza e di divisioni interne e di fortissime pressioni da parte degli Stati membri.  

Il 20 ottobre McGuinness affermava, in una intervista al “Financial Times”, che “rimane aperta la domanda” se si debba allargare al gas e al nucleare l’etichetta di sostenibilità della Tassonomia, prospettando un possibile compromesso con l’introduzione di una “etichetta gialla”, accanto a quella verde, per le attività economiche che, pur non essendo sostenibili in assoluto, possono comunque avere un ruolo nella transizione ambientale, e non vedersi penalizzate negli investimenti privati. A questo proposito, McGuinness ricordava che la Commissione sta studiando come ridefinire le cosiddette “attività di transizione” per evitare che la Tassonomia diventi “troppo binaria”.  

La dichiarazione di von der Leyen è arrivata a sorpresa durante la conferenza stampa al termine del Consiglio europeo di Bruxelles, il 22 ottobre scorso, che ha discusso a lungo della forte impennata dei prezzi energetici. Per “l’energy mix” del futuro – ha detto la presidente della Commissione – “è ovvio che abbiamo bisogno di più rinnovabili ed energia pulita. Se guardiamo ai prezzi di produzione delle rinnovabili, sono considerevolmente diminuiti: il solare è dieci volte meno caro di dieci anni fa; e l’energia eolica, molto volatile, è il 50% meno cara che dieci anni fa. Quindi questa è la strada da prendere. Le rinnovabili sono carbon-free, e sono prodotte nell’Unione. C’è molta indipendenza in questo”. “Accanto a ciò – ha sottolineato a questo punto von der Leyen –, abbiamo bisogno di una fonte stabile: il nucleare; e, durante la transizione, naturalmente anche del gas naturale. Per questo, come abbiamo già annunciato ad aprile, presenteremo la nostra proposta sulla Tassonomia”.

Tre fattori hanno contribuito a indebolire le resistenze iniziali della Commissione, in questo braccio di ferro in corso fra Bruxelles, da una parte, e un nutrito gruppo di governi europei, dall’altra: 1) il forte rincaro dei prezzi dell’energia registrato negli ultimi mesi, dovuto in gran parte alla ripresa post-pandemica, ma che ha messo in luce quanto sia ancora rilevante il ruolo del gas nel mercato elettrico europeo; 2) un’alleanza di fatto degli Stati membri che sostengono la necessità di continuare a finanziare il gas per compiere la transizione energetica (circa una decina, e tra questi l’Italia) con i Paesi (una decina anche in questo caso, soprattutto dell’Est) che sono fortemente dipendenti dalle energie fossili, e si affidano soprattutto al nucleare per attuare la decarbonizzazione, o che, come la Francia, producono tradizionalmente gran parte della loro elettricità in centrali atomiche; 3) il parere scientifico, emesso la primavera scorsa dal Centro comune di ricerca della Commissione europea, secondo cui il nucleare, oltre a non produrre gas-serra, sarebbe assolutamente sostenibile dal punto di vista ambientale, anche sulle questione più cruciali: cioè sul rischio di gravi incidenti negli impianti, come quelli di Chernobyl e Fukushima, e circa il trattamento delle scorie radioattive.   

Il regolamento della Tassonomia prevede che sia classificata come “sostenibile”, secondo una valutazione tecnica basata su criteri scientifici, ogni attività economica che contribuisce al raggiungimento di uno dei sei obiettivi, ma a condizione che “non danneggi significativamente” nessuno degli altri cinque obiettivi. Inoltre, altre attività possono essere qualificate come “abilitanti” o “di transizione” rispetto al raggiungimento di uno dei sei obiettivi, e ottenere così una patente temporanea di sostenibilità, fino a quando non saranno più necessarie. 

Le valutazioni tecniche non erano presenti nel regolamento già approvato, e sono state o saranno oggetto di ulteriori decisioni applicative (“atti delegati”) affidate alla Commissione. I primi atti delegati sono stati presentati dalla Commissione il 21 aprile scorso, e coprono tredici settori economici, riguardanti i primi due obiettivi (mitigazione del riscaldamento globale e adattamento alle sue conseguenze). Gli altri quattro obiettivi, che saranno oggetto di altri atti delegati l’anno prossimo, riguardano la transizione all’economia circolare, la protezione degli ambienti acquatici e delle risorse marine, la prevenzione e il controllo dell’inquinamento di aria, acqua e suolo, e la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

La Commissione, che aveva tuttavia già annunciato una decisione separata sul nucleare da prendere dopo l’estate, ha stralciato dalla sua decisione di aprile anche la classificazione del gas naturale, annunciando che presenterà su questo entro la fine dell’anno un “atto delegato complementare”. La nuova decisione dovrà stabilire delle precise condizioni per classificare temporaneamente come “sostenibili” gli investimenti in nuove centrali elettriche e impianti di cogenerazione alimentate a gas, probabilmente imponendo una soglia massima di emissioni rigorosa, equivalente a cento grammi di CO2 per kilowatt/ora. 

Ma accanto a questo, secondo indiscrezioni, la Commissione si appresterebbe a proporre una seconda classificazione, che si potrebbe definire di sostenibilità condizionata, per gli impianti a gas come “attività di transizione”, e che sarebbe valida fino alla data del 31 dicembre 2030 (sunset clause). In questo caso, i limiti per le centrali elettriche sarebbero notevolmente allentati, con una soglia massima di 340 grammi di CO2 per kilowatt/ora riguardo alle emissioni dirette e 700 kg di CO2 per kilowatt all’anno; per gli impianti di cogenerazione, la soglia sarebbe fissata, in termini di emissioni per ciclo di vita, a 250 o 270 grammi di CO2 per kilowatt/ora, con in più un risparmio di energia di almeno il 10% rispetto alla produzione separata di calore ed elettricità.    

Per quanto riguarda il nucleare, le indiscrezioni indicano che la Commissione si starebbe orientando verso la classificazione di alcune attività del settore come attività “abilitanti”, per le quali sarebbe giustificata la patente di sostenibilità, anche qui a certe condizioni e per un periodo di tempo limitato. Queste attività potrebbero non comprendere la costruzione delle centrali e la produzione di energia elettrica in quanto tali, ma riguarderebbero lo stoccaggio e il trattamento delle scorie nucleari, l’estrazione e il trattamento dell’uranio, e il trattamento, comprese le possibilità di riciclaggio su cui sono in corso le ricerche, del combustibile nucleare esaurito.

La Commissione, in conclusione, rischia grosso: è in gioco l’integrità di tutto il sistema degli investimenti sostenibili per il clima e l’ambiente su cui l’Unione europea punta, con l’ambizione di stabilire un gold standard di trasparenza, credibilità, affidabilità e prevedibilità di lungo termine non solo per l’Europa ma per l’economia globale. Se, in caso di cedimento agli interessi delle lobby del fossile e del nucleare, contro la Tassonomia dovesse schierarsi tutto il mondo ambientalista, pronto a denunciarla come niente di più che un esercizio di greenwashing in se stessa, sarebbe difficile mantenere la credibilità di questo strumento sui mercati. Non solo dal punto di vista ambientale, dunque, ma anche da quello finanziario. 

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