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Che cosa significa la Lega nel governo
Era del tutto prevedibile. Se al governo hai una forza politica che rappresenta gli interessi del Nord del paese (non tutti, ovviamente, ma di quello che si può chiamare il blocco borghese del Nord), è chiaro che ci si trovi poi davanti a un continuo tira e molla e a dover trattare sulle "riaperture": da quale giorno debbano partire, se a fine aprile o a metà maggio, a che ora si debba andare tutti a letto, se alle 22 o alle 23, e così via. Ma quando, ormai più di un anno fa, ci fu il lockdown nazionale (quello con i severi controlli per le strade, che in seguito non si sarebbero più visti), le regioni in cui i contagi erano quasi nulli dovettero adeguarsi perché – per una scelta governativa del tutto condivisibile – non si potevano lasciare sole le regioni del Nord a sbrigarsela con un'epidemia galoppante. Le differenze territoriali italiane – e il fatto incontrovertibile che il virus avesse cominciato con l'infestare le regioni settentrionali del paese anche per le scelte più o meno sconsiderate che là sono state fatte negli scorsi decenni, come la delocalizzazione del sistema produttivo con il continuo viavai degli uomini d'affari tra Oriente e Occidente, o, per quanto riguarda la Lombardia, il quasi completo affossamento della sanità pubblica – furono giustamente messe da parte. Il paese dimostrò in quel caso, in barba a tutti i sovranismi strumentali, di avere davvero un "sentimento nazionale", se si pensa al consenso molto ampio con cui quelle misure draconiane furono accolte.
Vaccini, corporazioni e paraculi all’italiana
La campagna per le vaccinazioni – nonostante le polemiche su AstraZeneca – ha subito uno scatto con il governo Draghi e il generale Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza Covid. Chi è riuscito a farsi vaccinare, almeno nel Lazio più che altrove, parla di organizzazione perfetta ed efficiente. Il problema è che di vaccini a disposizione non ce ne sono ancora in modo sufficiente. Quindi, bisogna procedere a scaglioni e con priorità, come si fa nel resto d’Europa. Ed è qui che si riacutizza una vecchia malattia italiana: il corporativismo delle caste, il familismo associato a quello che per i più è “paraculaggine” e non reato fuori dalle regole (esempio tipico è chi non paga le tasse considerato in Italia “furbo”).
Ecco così che le cronache pullulano di casi di chi non ha fatto attese, file o code per il vaccino perché “amico” o “famigliare” di politici locali o di medici compiacenti. Esistono anche le liste, in linguaggio militare, di “riservisti” – c’è pur sempre un generale a capo di tutto – che non si capisce come siano compilate (sono quelli che vengono sottoposti a vaccinazione qualora qualcuno non si presenti all’appello concordato). Inoltre, ci sono numerose categorie che richiedono priorità in nome di “esposizione al virus”. Dopo il personale sanitario e militare, è stata la volta di insegnati di ogni ordine e grado insieme ai “fragili” per età o complicanze di malattie pregresse, lavoratori e detenuti degli istituti di pena.