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“Partito del lavoro? Il nome non basta per essere di sinistra”....

Cofferati, il Pd sta affrontando un momento molto difficile della sua storia. Dopo la sconfitta elettorale e una crisi di consenso, che sembra non...

Francia, anziani e giovani contro la riforma delle pensioni

Questa volta l’opinione pubblica moderata non può far finta di non vedere, anche se da noi le prime pagine dei principali quotidiani ignorano la...

Ricchi sempre più ricchi. E la sinistra non vede

Più sei ricco e più alta è la probabilità di un tuo ulteriore arricchimento. Più sei povero e più alte sono le possibilità di rimanere miserabile. Il fenomeno della diseguaglianza è nazionale e mondiale. Sconcerta, ma non cattura l’attenzione dei politici e delle opinioni pubbliche. Neppure di quella di sinistra e dei suoi partiti. Circolano spesso notizie sui rapporti delle istituzioni e delle associazioni della società civile, ma l’emozione dura il tempo di una notizia dell’ultima ora. Forse non vogliamo sapere. Eppure i dati sono pesanti, come quelli contenuti nell’ultimo Rapporto Oxfam (una campagna internazionale di associazioni che si battono contro la povertà e la fame nel mondo). Negli ultimi dieci anni, i miliardari hanno raddoppiato la propria ricchezza, registrando un incremento del valore delle proprie fortune superiore di quasi sei volte a quello registrato dal 50% più povero della popolazione.

Dal 2020 a oggi, la ricchezza dei miliardari è cresciuta al ritmo di 2,7 miliardi di dollari al giorno. Crisi e pandemia, e ora la guerra in Ucraina, non hanno certo favorito la giustizia sociale. Secondo la Banca mondiale, nel primo anno della pandemia, le perdite di reddito del 40% più povero dell’umanità sono state il doppio rispetto a quelle registrate dal 40% più ricco, e la disuguaglianza di reddito globale è tornata ad aumentare nonostante il balzo cinese. Ma con le cifre ci fermiamo qui. Sappiamo quanto possono essere noiose.

La corsa dei prezzi spiazza il governo Meloni

L’esecutivo, che aveva promesso la moltiplicazione dei pani e dei pesci, è costretto a fare i conti con una corsa dei prezzi che non...

Governo Meloni, l’autarchia impossibile

Distinguere la realtà dalla propaganda. La propaganda: “La Commissione ha promosso la nostra manovra giudicandola in linea: l’Italia è quindi inserita nella metà dei Paesi europei che sono dalla parte giusta. Questo risultato è una grande soddisfazione. Abbiamo smentito i gufi nazionali”. Sono le parole usate dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a proposito del giudizio di Bruxelles sulla manovra. Ovviamente, anche la presidente del Consiglio ha tirato un sospiro di sollievo. Alla sua prima manovra, Giorgia Meloni era in ansia come una liceale di fronte ai “quadri” dell’esame di maturità: “Siamo particolarmente soddisfatti del giudizio espresso dalla Commissione europea sulla legge di Bilancio – ha detto –, una valutazione positiva che conferma la bontà del lavoro del governo italiano, sottolinea la solidità della manovra economica e ribadisce la visione di sviluppo e crescita che la orienta”.

La realtà: la Commissione europea ha effettivamente promosso la manovra italiana sugli aspetti riguardanti i conti, la spesa pubblica e le misure contro il caro energia, ma ha bocciato senza esitazioni tutte le norme sulla lotta all’evasione, con preciso riferimento ai pagamenti elettronici e al tetto del contante. Bocciata anche sul fisco, perché non è stata approvata “la legge delega sulla riforma fiscale per promuovere ulteriormente la riduzione delle imposte sul lavoro.”. Quasi gli stessi concetti erano stati espressi nelle audizioni parlamentari da autorevoli istituzioni italiane, prima fra tutte la Banca d’Italia.

Sindacati in piazza. Contro una manovra che premia l’evasione fiscale

È terminata oggi (16 dicembre) la settimana di scioperi e manifestazioni indetta dalla Cgil e dalla Uil contro la prima manovra economica del governo...

Scandalo Ue, quelle porte girevoli della sinistra

I dietrologi potrebbero pensare che lo scandalo delle tangenti europee sia stato orchestrato. Un misterioso regista manovrerebbe nell’ombra per ricoprire di fango la sinistra italiana ed europea. Il giorno dopo la triste telenovela Soumahoro, arriva infatti la notizia di un’inchiesta giudiziaria della magistratura belga, che ha coinvolto personaggi noti e meno noti sulla scena parlamentare europea, ma appartenenti tutti ai partiti di sinistra e perfino al sindacato internazionale. Tra gli arresti eccellenti, ci sono Antonio Panzeri, ex segretario della Camera del lavoro di Milano e oggi rappresentante di Articolo uno al parlamento europeo (con un pezzo della sua famiglia), l’ex vicepresidente del parlamento, la socialista Eva Kaili, vari assistenti parlamentari, ma anche il segretario del sindacato internazionale, Luca Visentini (che è stato subito rilasciato e di cui comunque non sono state rese pubbliche le accuse). Siamo di fronte a una montatura mediatica? Se anche questa fosse la verità, forse non lo sapremo mai. Ma in attesa delle prove, possiamo e dobbiamo azzardare qualche considerazione politica.

La prima considerazione riguarda le istituzioni europee. La notizia sta facendo grande rumore perché colpisce un luogo comune: la correttezza assoluta – nordica – del parlamento e del Consiglio europeo. Queste cose, si pensa, al Nord non possono succedere. Impensabile una tangentopoli sopra il confine delle Alpi. È impossibile un sistema di corruzione che ricordi la “Milano da bere” degli anni Novanta. Bruxelles non può essere equiparata, o paragonata, alle capitali corrotte ed è invece un sicuro baluardo contro le pressioni di poteri esterni, siano essi Stati sovrani (come il Qatar) o grandi multinazionali. Sarà anche antipatica questa Bruxelles che si immischia nei fatti nostri e ci vuole dettare continuamente nuove regole. Ma è pur sempre un esempio ammirevole e incontaminato delle categorie kantiane. E invece il mito crolla di fronte alla cronaca di una (possibile) corruzione dei parlamentari a favore di agenti esterni, e per interessi che certo non rappresentano i cittadini europei che hanno votato. Lo stupore e il disorientamento del gruppo dirigente europeo è un messaggio chiaro.

Manovra economica, i fischi e gli applausi

Fischi e applausi per la prima assoluta del governo Meloni. Le critiche alla manovra sono tante, e non arrivano solo dalla società civile e dai sindacati (la Cgil ha indetto già scioperi territoriali insieme alla Uil), ma anche da luoghi istituzionali importanti, come la Banca d’Italia, la Corte dei conti, l’Ufficio parlamentare di Bilancio e via dicendo. Tra i no alla manovra scopriamo varie sorprese; ma abbiamo ascoltato anche applausi più o meno rumorosi. Il teatro della comunicazione è sempre più da interpretare. Cominciamo dagli applausi.

Lucio Caracciolo, ispiratore di “Limes” e grande divulgatore della geopolitica, ha fatto notizia per le sue dichiarazioni su uno degli aspetti più controversi e antichi: il ponte sullo Stretto. Si tratta di un’opera da sempre osteggiata, ma che andrebbe finalmente realizzata “perché è una priorità strategica per l’Italia”. A Caracciolo non è piaciuta la presa di posizione critica della commissaria europea ai Trasporti, la romena Adina Valean, secondo la quale per finanziare il progetto serve un progetto (lapalissiano). Caracciolo spera che il governo Meloni riesca ad attivare quel progetto e che non fallisca come tutti i governi precedenti, dal 1876, quando il ministro Giuseppe Zanardelli diceva: “Sopra i flutti o sotto i flutti, la Sicilia sia unita al continente!”.

Arci, un associazionismo che ricrea la società

Pace, ambiente, lavoro, mutualismo, beni comuni, difesa del diritto all’aborto, ma anche difesa del reddito di cittadinanza e progettazione di azioni di solidarietà verso...

Pensioni, primo tradimento della premier

La finanza creativa del governo più a destra della storia repubblicana introduce un altro modo per finanziare la manovra 2023: drenare risorse destinate inizialmente...