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Distensione tra Biden e Maduro

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In Venezuela vince Maduro

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Dopo la ritirata da Kabul, si tratta su Caracas

La fuga da Kabul è l’esempio più lampante della crisi egemonica e militare dell’Impero statunitense. Ma ci sono altre aree del mondo in cui lo stesso Impero non viene a capo di problemi di lunga durata. È il caso del Venezuela, dove neppure l’amministrazione Trump è riuscita a buttare giù dalla torre il presidente Nicolás Maduro con ciò che resta del chavismo. Le ultime notizie raccontano dell’avvio di una trattativa sul futuro di Caracas: a Città del Messico, con la mediazione per merito diplomatico del presidente messicano Andrés Manuel López Obrador e di Marcelo Ebrard, ministro degli Esteri, oltre che della Norvegia. Si sta negoziando, dalla metà di agosto, fra governo e opposizione venezuelani. Dietro le quinte c’è il ruolo svolto dal Vaticano, in particolare dallo stesso Bergoglio molto sensibile alle questioni latinoamericane.

Un primo risultato del negoziato è l’accordo per la partecipazione di gran parte dell’opposizione alle elezioni amministrative del 21 novembre. Cosa ha reso possibile questo inaspettato obiettivo? Maduro e il suo governo sono tornati a dialogare con l’opposizione di Piattaforma unitaria di Henrique Capriles (più dialoguero e popolare di altri oppositori), Leopoldo López e il presidente pro forma Juan Guaidó, nominato presidente alternativo nel 2019 su indicazione statunitense (l’Unione europea ha smesso da oltre un anno di riconoscerlo come presidente legittimo, errore – bisogna ammetterlo – che l’Italia non ha commesso per merito dei 5 Stelle).