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Il ritorno del virus. La sinistra e la battaglia per la...
I dati non lasciano dubbi: siamo dinanzi a una nuova ondata, la prima dall’inizio della pandemia che colpisce in piena estate, con esiti e dinamiche ancora imprevisti. Un anno fa avevamo un quarto dei contagiati di oggi, e le stime ci dicono che l’abbandono di ogni cautela, e soprattutto il crollo dei tamponi, non permettono di avere una visione realistica del fenomeno. Per Andrea Crisanti non ci sono dubbi: siamo all’inizio di una spirale che non potrà che peggiorare. L’estate, con la sua inevitabile promiscuità e il messaggio di un “liberi tutti” che ormai sta dilagando – dice il direttore della clinica di microbiologia dell’Università di Padova –, moltiplicherà geometricamente l’area del contagio.
La domanda che torna implacabile è la seguente: cosa abbiamo oggi, dopo più di due anni di vicissitudini con il virus, più del febbraio del 2020, quando iniziò l’epidemia? Al netto dei vaccini, peraltro ormai palesemente inadeguati e superati, dobbiamo rispondere niente. Non abbiamo una rete territoriale più robusta ed efficiente, non abbiamo una strategia ospedaliera più adeguata alle ondate dei ricoveri, non abbiamo una dotazione di letti di terapia intensiva che ci rassicuri. Ma soprattutto non abbiamo, e questa è la colpa imperdonabile, sistemi di controllo e misurazione del fenomeno che ci facciano reagire almeno con il minimo ritardo, se non proprio con quella capacità predittiva che ci siamo sempre detti essere indispensabile per ridurre l’area delle vittime.
Perché in Europa la campagna vaccinale è ancora indietro
La scoperta del tesoro di Anagni, con quasi trenta milioni di dosi di vaccino AstraZeneca, diciamo l’intero fabbisogno attuale del nostro paese per completare almeno il giro della prima somministrazione, rende quasi caricaturale lo scenario dell’emergenza sanitaria. Siamo tutti appesi alla data di un’eventuale vaccinazione, nella speranza, che ogni giorno che passa sbiadisce un po’ di più, di chiudere questa terribile parentesi della pandemia. Ma forse la prima forma di intossicazione da cui liberarci è proprio l’idea che viviamo una crisi che, per quanto acuta, prima o poi ci riporterà dove ci ha trovato. In realtà siamo nel pieno di una transizione che ci sta accompagnando verso un mondo che stentiamo a identificare. I vaccini ne sono il testimonial.
Noi siamo abituati a un’idea di vaccino come toccasana: si sviluppa, si produce, si distribuisce e ci si immunizza, cancellando il rischio del virus. Ora però ci stiamo accorgendo che il record di velocità nella sua produzione (davvero impensabile che, dopo pochi mesi, si sia riusciti a elaborare procedure cosi precise per colpire esattamente quel tipo di virus, fra le decine di migliaia che pullulano attorno a noi) presenta numerosi imprevisti; e soprattutto che la gestione dei farmaci sta rispondendo a logiche fino a oggi esterne alla fase terapeutica. Anche perché la stessa ricerca e produzione industriale del prodotto è stata del tutto eccentrica e anomala, questa volta, rispetto alla storia scientifica dei vaccini.