
“Dimmi dove sono finiti i fiori” (Sag mir wo die Blumen sind), cantava a Berlino la roca e inconfondibile voce di Marlene Dietrich, riprendendo volutamente in tedesco l’inno antimilitarista di Peter Seeger. Erano gli anni Sessanta, sembrava lontanissima l’idea di una qualunque forma di riarmo della Germania. Ancora negli anni Ottanta, i cortei della sinistra alternativa tedesca venivano aperti spesso da una struggente versione della canzone riadattata da Hannes Wader. Pacifismo e antimilitarismo sembravano radicati in maniera inestirpabile nel Paese. Chi si occupava di cose militari veniva trattato con una sorta di commiserazione, e i generali avevano scarso credito e limitato ascolto da parte della politica. Il servizio militare, pur essendo ancora obbligatorio fino al 2011 – anno in cui è stato definitivamente abolito –, aveva l’alternativa del servizio civile praticata da moltissimi.
Trascorsi pochi decenni, eccoci a fare i conti con le dichiarazioni di Friedrich Merz alla “Bild Zeitung”, in cui il cancelliere non esclude un ritorno alla coscrizione obbligatoria, inneggiando alla rinascita della Bundeswehr. La cosa era nell’aria, e Merz, da furbo di tre cotte qual è, l’aveva preparata da tempo. Già l’8 giugno scorso, in una intervista abilmente pilotata rilasciata alla “Bild am Sonntag”, si era lasciato andare alle memorie nostalgiche del servizio militare da lui svolto a metà degli anni Settanta, rievocando il cameratismo e il “senso di comunità e di sicurezza” che aveva riscontrato nell’esercito. Ora la sortita sul ritorno della coscrizione obbligatoria, che tiene dietro a dichiarazioni precedenti del medesimo tenore. Prima Merz ha dichiarato al Bundestag, il 15 maggio scorso, di volere costruire in Germania “l’esercito più forte d’Europa”, poi il ministro degli Esteri, Johann Wadephul, della Cdu, a seguito dei colloqui avuti a Istanbul con il suo omologo statunitense, Marco Rubio, ha annunciato che la Germania punterà in futuro a raggiungere l’obiettivo del 5% per la spesa per la difesa della Nato, come richiesto da Trump.
Si tratta di somme enormi. Il ministro delle Finanze, Lars Klingbeil, della Spd, ha presentato la sua bozza per il Bilancio federale 2025, approvata martedì 24 giugno dal governo. La coalizione rosso-nera vuole investire massicciamente nell’esercito, mentre le spese in sanità e servizi non vedono incrementi: centinaia di miliardi di euro verranno spesi per il riequipaggiamento della Bundeswehr, che si trova ad affrontare compiti enormi nel quadro delle responsabilità che intende attribuirle la Nato.
Come ha riportato un notiziario della catena televisiva Ard, nei prossimi cinque anni sono in gioco fino a 649 miliardi di euro. Oltre alla Bundeswehr, si prevede che ne trarrà beneficio tutta l’industria bellica tedesca e la languente industria pesante. Già per quest’anno, sono stati stanziati novantacinque miliardi di euro: il che rappresenta un aumento significativo rispetto agli investimenti degli anni precedenti. Diversi progetti di riarmo, come l’acquisto di 105 nuovi carri armati Leopard 2 per la neonata “Brigata Lituania”, sono già stati avviati, ricorrendo al fondo speciale da cento miliardi di euro stanziato dall’ex coalizione “semaforo”; ma sono duecento i miliardi che, nei prossimi anni, verranno investiti in artiglieria, carri armati, sistemi di difesa aerea. È evidente che qualcuno dovrà gestire le armi acquistate, e i ridotti effettivi dell’esercito attuale non sono certo sufficienti a coprire questa necessità.
Così si parla di centinaia di migliaia di giovani uomini e donne che dovrebbero andare a ingrossare le fila della Bundeswehr, come richiedono insistentemente, a gran voce, il responsabile della Cdu per la difesa e consigliere di Merz, Roderich Kiesewetter, e il generale a capo della Bundeswehr, Carsten Breuer, che hanno parlato di almeno mezzo milione di soldati necessari in tempi brevi, oltre a una riserva militare e civile. Una vera e propria rivoluzione per il Paese, dato che al 31 gennaio 2025, la Bundeswehr contava solo 182.857 soldati attivi. Per completare in fretta il nuovo reclutamento, Kiesewetter ha suggerito addirittura di estendere la coscrizione obbligatoria alle donne tramite un emendamento costituzionale. Ufficialmente, però, la coalizione rosso-nera al governo sostiene ancora il servizio militare volontario sul modello svedese. Questo approccio mira a reclutare, ogni anno, migliaia di giovani come conseguenza di una libera scelta. Tuttavia, nel clima che si sta creando, crescono i dubbi sulla idoneità di questo modello a soddisfare il numero di militari che parrebbe necessario. “Se non riusciremo a motivare un numero significativamente maggiore di giovani ad arruolarsi volontari nelle forze armate, attraverso il servizio militare di base nel prossimo futuro, la Bundeswehr non avrà mai il numero necessario di soldati attivi e di riservisti addestrati”, ha dichiarato Christian Richter, colonnello della riserva ed esperto presso l’Istituto per la difesa e gli studi strategici della Bundeswehr.
Ma le vocazioni stentano: lo scorso anno, le domande di ammissione alla Bundeswehr sono state 51.200, con un incremento del 18,5%. Nel 2023, il numero era stato di sole 43.200. Alla fine di aprile, il leader della Spd, e ora vicecancelliere, Lars Klingbeil, aveva già messo in discussione il servizio militare volontario. “Stiamo ancora provando la strada del volontariato” – ha dichiarato alla “Bild” – ma “se non dovesse funzionare, il Bundestag può sempre decidere che una certa percentuale di giovani venga obbligata ad arruolarsi nella Bundeswehr”. Anche il ministro della Difesa, Boris Pistorius, anche lui socialdemocratico, è sulla stessa linea: ha spiegato in parlamento, il 15 maggio scorso, che “la natura volontaria del servizio, concordata nell’accordo di coalizione, è solo provvisoria (…), lo dico con grande ponderazione e onestà (…), se non riusciremo a reclutare volontari a sufficienza dovremo pensare ad altre soluzioni”.
È in atto dunque una profonda trasformazione della società tedesca, che non potrà essere portata a termine senza una modificazione della cultura pacifista finora prevalente. Certo, l’enorme investimento nella difesa può essere letto anche come un potenziale nuovo motore economico per la Germania, dati i numerosi fallimenti industriali degli ultimi tempi; ma il ritorno del militarismo tedesco non può essere ridotto a una questione di contingenza economica e politica. La Zeitwende – la “svolta epocale” di cui aveva parlato Olaf Scholz, avviando il rifinanziamento dell’esercito – già comincia a presentare una serie di conseguenze. In primo luogo, la militarizzazione implica una crescente accettazione della guerra come strumento politico e per la salvaguardia degli interessi nazionali. Poiché tali livelli di accettazione e atteggiamenti – rispetto alle azioni che vengono intraprese – sono difficili da valutare tra i decisori politici, e ancor di più nella società in generale, si finisce per stabilire una semplice equazione tra il processo di militarizzazione e l’aumento della potenza militare, anche se la cosa non è così semplice né così lineare, ma procede in maniera spesso contraddittoria.
Un altro aspetto della militarizzazione è l’influenza politica delle forze armate, o meglio, il rapporto tra le forze armate e le élite politiche del Paese. L’influenza formale dell’esercito in Germania è stata sinora limitata, soprattutto perché la percentuale di alti ufficiali presenti nel ramo legislativo è stata a lungo trascurabile. Ma il fatto che Boris Pistorius, arruolatosi da giovane nella Bundeswehr, ricopra oggi la carica di ministro della Difesa, può essere visto come il primo segnale che l’esperienza militare sta acquisendo una maggiore importanza.
Nel complesso, però, la popolazione tedesca continua ad avere un atteggiamento piuttosto scettico nei confronti della forza militare. Emerge dai sondaggi come, anche nella situazione attuale, la maggior parte dei tedeschi non sarebbe disposta a difendere la Germania con le armi, sebbene sia aumentata la percentuale di coloro che lo farebbero se assolutamente necessario. La società tedesca si trova sottoposta a forze e pressioni contrastanti, e in un futuro forse non lontano potrebbe di nuovo chiedersi: “Dimmi dove sono finiti i fiori”.