
Un sussulto. È quanto ci aspettiamo dai referendum di domenica e lunedì prossimi. Non si è sottolineato forse a sufficienza che, nella recente tornata delle elezioni amministrative, c’è stato un incremento della partecipazione – ha votato oltre il 54% degli aventi diritto –, del tutto in controtendenza rispetto alle previsioni. Se il dato si confermerà, se potremo dire che l’astensionismo ha fermato la sua corsa, e che anzi si può parlare di un ritorno al voto, allora non solo il raggiungimento del quorum potrebbe essere meno lontano di quello che si pensi, ma soprattutto si misurerà la consistenza di un’opposizione sociale, prima ancora che politica, base di un’alternativa all’orribile governo attuale.
Scriviamo “sociale” a ragion veduta. I referendum voluti dalla Cgil, e anche quello importante sulla cittadinanza, sono l’occasione migliore per riportare ai seggi elettorali una sinistra dispersa che negli anni si è rifugiata in una sorta di nullismo. I referendum danno inoltre la possibilità, a tanti giovani e giovanissimi, di una scelta che affonda le radici nei loro bisogni concreti: nei lavori e lavoretti malpagati, precari, alle dipendenze di qualcuno che fa il bello e il cattivo tempo, con rischi crescenti di incidenti mortali. Perfino quell’elettorato qualunquistico o semiqualunquistico, che in passato aveva votato per i 5 Stelle, senza più trovare in seguito la sponda di un grillismo che non distingueva tra destra e sinistra, può oggi riattivarsi per qualcosa, come l’oggetto dei referendum, che non prevede un’opzione tra questo o quel leader.
È in breve – come d’altronde è ovvio che sia – una frastagliata “coalizione sociale” (per usare un’espressione cara a Maurizio Landini) quella che sarà all’opera domenica e lunedì prossimi. Ed è l’inizio di una partita più lunga, che, attraverso passaggi ulteriori, dovrà vedere nei prossimi mesi le forze politiche non di destra impegnarsi nella costruzione di una piattaforma programmatica di alternativa. Anche il peso delle diverse componenti all’interno di questa “piattaforma programmatica” dipenderà in larga misura dal successo dei referendum, e soprattutto dal livello di partecipazione al voto che raggiungeranno. Non è un segreto per nessuno che nel Partito democratico, e fuori di questo, ci sono gruppi avversi alla segreteria Schlein: essi puntano, apertamente o non apertamente, a un risultato scadente, che permetta loro di dire che la segretaria si è sbagliata a imbarcarsi nella battaglia referendaria.
Come scrive anche Vittorio Bonanni (vedi qui), Schlein ha però mostrato coraggio nelle sue scelte recenti, confortata in questo dai risultati elettorali e da un’opinione di sinistra che non ne può più dell’eterno moderatismo e delle posizioni centriste, tra l’altro del tutto fuori fase nel panorama politico che abbiamo sotto gli occhi. I fatti stanno palesando che, nei confronti di un’ondata di estrema destra come quella attuale, un’opposizione democratica deve anzitutto riguadagnare consensi da quelli che, delusi, si sono allontanati dalla politica. Deve mostrare un minimo di radicalità nei contenuti riformatori, riconsiderando criticamente i provvedimenti neoliberisti del passato. Deve, insomma, riaprire una via alla speranza.