
Struggente il testamento che il giovane Ousmane ha lasciato poco prima di togliersi la vita: “Mia madre non fa altro che piangere per me. Mi manca molto come mi manca l’Africa. Se dovessi morire riportate il mio corpo in Africa, mia madre ne sarà lieta. Possa la mia anima riposare in pace”. Queste poche righe ci raccontano l’inferno delle nuove generazioni del mondo prive di prospettive. Scappano dai loro Paesi per mancanza di futuro, di lavoro, per la siccità e i disastri climatici e ambientali provocati da questa parte del mondo opulento e industrializzato, così come dalle guerre etniche e di religione. I tanti Ousmane vorrebbero tornare a casa, alla fine di un percorso di vita dignitoso, come scrive Ousmane Sylla, 21 anni, della Guinea, che si è impiccato il 4 febbraio scorso nel Centro per il rimpatrio di Ponte Galeria, alle porte di Roma. Un lager, un carcere, un luogo dove annegare sogni e speranze. E in quella struttura sono scoppiati disordini alla morte di Ousmane, con quattordici migranti arrestati, mentre la procura di Roma ha aperto un fascicolo contro ignoti per istigazione al suicidio.
Strana e terribile questa Europa che caccia, che cerca di dominare, vessandole, le nuove generazioni del mondo, che – è bene ripeterlo – non minacciano nessuno con la contaminazione, il meticciato. Questi sono processi in corso da decenni, ormai sono centinaia di migliaia i figli europei di terza e quarta generazione di immigrati.
Ricordo lo scrittore Gabriel García Márquez, che raccontava di come – nonostante i muri ai confini con il Messico – l’America latina avesse già invaso gli Stati Uniti, con la sua cultura, i libri, il cinema, la musica e (perché no?) anche la cucina. È cambiato il mondo e l’Europa è sempre più egoista, cieca, incapace di governare i flussi migratori che premono dai diversi continenti, dai Paesi in guerra, da quelli piegati dalla fame e dalle crisi ambientali e climatiche.
Di fronte a questa tragica complessità, come rispondiamo? Proviamo a chiederci quanto sia cambiata la “coabitazione” tra “noi” e “loro” in questi ultimi quarant’anni.
Fasce di sottoproletariato maghrebino hanno traslocato da noi per conquistare fette di mercato, con la prostituzione e lo spaccio. In alcune aree, come nel casertano, pagavano il pizzo ai casalesi allo stesso modo dei contrabbandieri di sigarette degli anni Ottanta con Raffaele Cutolo. Al Nord, mafie slave e albanesi-kosovare si erano specializzate in rapine nelle ville, nelle tabaccherie, e nell’assalto ai portavalori. Contemporaneamente, però, andavano avanti processi di integrazione di centinaia di migliaia di lavoratori.
Adesso abbiamo scoperto che gran parte dei reati che creano allarme sociale sono figli nostri. Le violenze domestiche, gli stupri, i femminicidi ne sono una tragica conferma, Eppure la destra becera, con in testa la Lega di Matteo Salvini, continua a brandire la bandiera di “fuori i neri dall’Italia”. E i cori razzisti nelle curve degli stadi ne sono la traduzione popolare.
Le guerre che si combattono appena fuori dai nostri confini creano instabilità, crisi. E rischiano di armare eserciti contrapposti. Sono patetici i proclami del governo e della sua maggioranza sulle proposte contro l’immigrazione clandestina. In tempi di guerra i diritti vengono calpestati. Tanto più se riguardano i diritti dei senza patria, dei migranti. Prendete l’aumento punitivo della detenzione nei Centri per i rimpatri. Adesso i reclusi – perché di detenzione parliamo – possono rimanere prigionieri in queste strutture fino a sei mesi. Per poi scoprire, magari, che un ragazzo come Ousmane viene recluso durante sei mesi in questi centri per essere infine scarcerato, perché tra l’Italia e la Guinea non esiste alcun accordo di riammissione, di rimpatrio. Adesso provano a risolvere il problema con un patto vergognoso con l’Albania: verranno costruite e rese disponibili strutture di detenzione di migranti che dovevano sbarcare in Italia.
Questa destra, italiana ed europea, non ha una sola idea accettabile per governare i flussi migratori. Pensa solo alla violenza, alle politiche repressive e punitive. E poi: quali speranze ha l’Europa di uscire dal cono d’ombra del servilismo nei confronti degli americani e degli israeliani?