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La crisi energetica in Germania tra economia e politica

La possibilità di una chiusura definitiva delle forniture di gas dalla Russia suscita paure e polemiche

15 Luglio 2022 Agostino Petrillo  560

La pietra dello scandalo sarebbe una gigantesca turbina Siemens, a lungo rimasta in Canada per una complessa riparazione, ma necessaria, secondo i russi, per riaprire il gasdotto Nord Stream 1, che porta il gas in Germania: bloccata dalle sanzioni nel Paese in cui era in lavorazione, poi finalmente sdoganata e attesa a breve in Europa – dopo una pressione insistente esercitata dai tedeschi, che hanno insistito sia sul fronte diplomatico diretto, sia a livello internazionale, perché venisse fatta un’eccezione per l’indispensabile congegno. Alla fine, l’Unione europea ha ceduto, e ha dichiarato che le tecnologie legate ai gasdotti non sono da considerarsi soggette alle sanzioni. Una vicenda ai limiti del grottesco, dato che la richiesta russa è stata da molti commentatori giudicata un pretesto per creare artatamente un caso, e la cui conclusione ha dato la stura ad aspre polemiche. L’immagine della monumentale turbina ha giganteggiato sulle pagine dei giornali tedeschi, riflettendosi pesantemente sia sul dibattito politico interno sia su quello europeo, in cui non sono mancate critiche feroci all’operato di Olaf Scholz.

La vicenda ha avuto il merito di mettere in luce la contraddittorietà delle sanzioni alla Russia e le pesantissime implicazioni che la questione energetica ha per il futuro della Germania. Il cancelliere ha cercato, sul momento, di minimizzare, una delle poche cose che gli riescono bene; ma poi, in una lunga intervista, ha dovuto ammettere che la Germania si trova in una situazione difficilissima, dato che non si vede come potere fare a meno, in tempi brevi, delle forniture di gas dalla Russia. Ha anche aggiunto che, “con una velocità che non ha precedenti”, cercherà di far costruire rigassificatori per gas liquido sulla costa della Germania settentrionale e di realizzare nuovi gasdotti. Grande, però, la paura che i russi non riaprano il rubinetto del gasdotto Nord Stream 1, anche dopo la conclusione dei lavori di manutenzione, peraltro programmati da mesi, mentre le alternative rimangono vaghe.

Robert Habeck, ministro verde dell’Economia, ha dichiarato che la prospettiva della chiusura definitiva delle erogazioni dalla Russia rappresenta un vero e proprio incubo. Le principali associazioni dei produttori tedeschi – la Federazione delle industrie tedesche, la Confederazione delle associazioni dei datori di lavoro tedeschi, l’Associazione delle camere di commercio e dell’industria tedesche e la Confederazione tedesca dell’artigianato – hanno rilasciato una preoccupata dichiarazione congiunta, per chiedere che venga a tutti i costi garantita una fornitura stabile di gas. Al tempo stesso, hanno insistito sulla necessità di abbreviare le procedure di pianificazione e approvazione di infrastrutture, edifici e impianti tecnici, che attualmente richiedono anni o decenni, riducendole a pochi mesi. Se questa riduzione della tempistica non dovesse avvenire, le quattro grandi associazioni prevedono il fallimento dei progetti del governo federale e una catastrofe per il mondo produttivo. Al di là di queste prese di posizione, appare chiaro che, per poter fare a meno del gas russo ed evitare una grave crisi economica, la Germania ha bisogno di ricevere più gas da altri Paesi nel breve periodo.

Anche perché la questione dello stoccaggio non sta andando benissimo: ancora Habeck ha sottolineato che è necessario uno sforzo comune per riempire gli impianti di stoccaggio del gas, centellinando le forniture nelle aziende o negli edifici amministrativi, e realizzando risparmi con la collaborazione dei cittadini. Ha inoltre dovuto ammettere che i quindici miliardi di euro messi a disposizione dal governo per l’acquisto del più costoso gas naturale liquefatto potrebbero non essere sufficienti a riempire gli impianti di stoccaggio fino a raggiungere l’auspicato 80% entro ottobre. Il governo potrebbe essere costretto a stanziare altri fondi, se vuole centrare questo obiettivo. Il ministro dell’Economia ha poi criticato duramente alcune aziende fornitrici di gas per aver addirittura approfittato dell’innalzamento dei prezzi rivendendo il gas presente nei loro impianti di stoccaggio, cosa che è peraltro perfettamente legale.

Non a caso sono giunte anche all’Italia richieste dalla Germania che riguardano la possibile condivisione del gas stoccato. Anche se è probabile che il consumo di gas diminuisca in modo significativo a causa dei prezzi elevati, la situazione potrebbe comunque diventare estremamente critica in inverno, se il flusso di gas dalla Russia dovesse esaurirsi completamente. Purtroppo, anche nel caso che il gas russo ricominci ad arrivare regolarmente, i guai non sarebbero finiti, dato che il prezzo del gas è destinato a rimanere alto, e si paventano le conseguenze sulle famiglie: in un Paese in cui le diseguaglianze vanno costantemente crescendo, l’attuale crisi potrebbe essere l’ultima goccia che fa traboccare il vaso del divario sociale. Il presidente dell’Istituto tedesco per la ricerca economica, Marcel Fratzscher, ha messo in guardia dall’approssimarsi di una vera e propria “prova di forza sociale”: movimenti come quelli dei “gilet gialli” in Francia sono possibili anche in Germania – ha dichiarato Fratzscher allo “Handelsblatt”.

A causa di queste possibili ripercussioni, le polemiche non si placano. Hanno suscitato un putiferio, a sinistra, le dichiarazioni di Klaus Ernst, presidente del Comitato per l’energia e il clima del Bundestag e in quota alla Linke. Intervistato dalla “Rheinische Post”, Ernst ha accusato il governo federale di avere condotto una “politica di sanzioni completamente sbagliata”, le cui vittime sono “i nostri cittadini e la nostra economia”. È “immorale mantenere le sanzioni in questo modo”. E ha aggiunto che “il governo deve garantire che i prezzi dell’energia rimangano limitati aumentando l’offerta, anche dalla Russia”. Per questo sarebbe necessario parlare con Mosca, aprendo a trattative sulle forniture. Ernst ha ricordato i “miliardi buttati dalla finestra” nel nuovo gasdotto Nord Stream 2, bloccato per via della guerra – e ha proposto, in caso di necessità, di metterlo in funzione, “sia pure per un periodo di tempo limitato, e se la fornitura di gas non potesse essere garantita in altro modo”.

Sono arrivate subito prese di distanza e critiche dagli stessi vertici del partito cui appartiene, anche se alcune personalità della sinistra radicale, tra cui Oskar Lafontaine, hanno rilevato che nelle affermazioni di Ernst c’è una certa fondatezza. D’altra parte, tutto questo va letto nel contesto delle polemiche politiche che stanno squassando la Linke sulla questione della guerra (e di cui abbiamo parlato recentemente qui).

Polemiche e paure si registrano, del resto, anche fuori dalla Germania. Il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire, ha dichiarato la settimana scorsa, in occasione di una conferenza economica ad Aix-en-Provence, che il suo governo si sta preparando alla possibilità di una completa interruzione delle forniture di gas russo. La Francia è molto meno dipendente dalla Russia rispetto a Paesi vicini come la Germania o l’Italia. Ma un’interruzione della fornitura sarebbe particolarmente problematica, perché le centrali nucleari francesi non sono in questo momento in grado di colmare il vuoto, dato che molti reattori sono fermi per manutenzione.

La data fissata dai russi per la conclusione dei lavori di manutenzione e la riapertura del Nord Stream 1, ammesso che la famosa turbina giunga in tempo, è quella del 21 luglio. Dopo di che si vedrà quale degli scenari prospettati sarà destinato a realizzarsi.

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TagsAgostino Petrillo Canada crisi energetica Europa gasdotto Nord Stream 1 Germania Klaus Ernst linke Olaf Scholz polemiche Robert Habeck Russia sanzioni

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