• Skip to primary navigation
  • Skip to main content
  • Skip to primary sidebar
  • Skip to footer

Giornale politico della fondazione per la critica sociale

  • Home
  • Chi siamo
  • Privacy Policy
  • Accedi
Home » Articoli » Cile, estrema destra e nuova sinistra al ballottaggio

Cile, estrema destra e nuova sinistra al ballottaggio

Il primo turno delle presidenziali di domenica scorsa ha visto il leggero vantaggio di Antonio Kast, cattolico ultraconservatore simpatizzante di Bolsonaro, su Gabriel Boric, appartenente a una generazione politica metropolitana e studentesca. Il 19 dicembre si vedrà chi sarà il vincitore

23 Novembre 2021 Claudio Madricardo  1020

Tutto come da previsione, o quasi, al primo turno delle presidenziali cilene di ieri, quando gli elettori sono stati chiamati a esprimere il loro voto in quelle che sono state le elezioni più incerte dal ritorno della democrazia a oggi. Ampia l’offerta di partenza, rappresentata da ben sette candidati in ordine sparso, nessuno dei quali era dato alla vigilia al di sopra della soglia del 50%. E così è stato, alla fine di una giornata che ha visto circa sette milioni di cileni recarsi alle urne scegliendo di mandare al ballottaggio del 19 dicembre il candidato dell’estrema destra, José Antonio Kast, e Gabriel Boric, espressione della nuova sinistra metropolitana e studentesca, alleato con l’ortodosso Partito comunista.

Una débâcle per i partiti tradizionali che si sono alternati al potere dalla fine della dittatura in poi, esclusi per la prima volta dalla corsa presidenziale. L’indipendente Sebastián Sichel, candidato della destra di governo, è stato votato da poco più del 12% degli elettori. Un pessimo risultato che, a caldo, lo ha spinto a ritirarsi dalla vita politica.

Sul fronte del centrosinistra governativo – socialisti, democristiani e radicali –, sotto tono anche la performance di Yasna Provoste, unica donna, relegata al quinto posto in classifica. Superata non solo da Kast, Boric e Sichel, ma anche dall’unica sorpresa di ieri, quel Franco Parisi del Partido de la gente, che ha fatto campagna dagli Stati Uniti e non ha mai messo piede in Cile, e che ha portato a casa circa il 13% dei voti. Chiudono la baraja del ventaglio presidenziale, sul versante sinistro, il progressista Marco Enríquez-Ominami ed Eduardo Artés della sinistra radicale. Il loro risultato, messo insieme, è al di sotto dell’8%.

Ciò detto, il 28% circa ottenuto da Kast, e il poco meno del 26% di Boric, sono la foto di un Paese in cui una grossa fetta di elettori ha disertato le urne, mentre quella che ha votato dovrà decidere se tornare a votare per il male minore o astenersi. Facile prevedere, quindi, che nelle prossime settimane entrambi gli aspiranti alla Moneda, il palazzo presidenziale cileno, faranno a gara nello strizzare l’occhio a quell’elettorato, in parte moderato, che rischia di non sentirsi rappresentato dalla radicalizzazione politica in atto.

Un primo segnale è giunto da Boric, per il quale “per poter vincere al ballottaggio dobbiamo essere umili e ricettivi, mai arroganti e altezzosi”. Giocherà a suo favore il carattere inquietante del suo avversario, percepito come vicino alla dittatura di Pinochet, che in campagna si è speso contro l’immigrazione, contro l’aborto e contro il matrimonio egualitario. “Stabilità” è stata la parola che ha più usato, promettendo di far uscire il Cile dalla crisi determinata dalla rivolta sociale e dalla pandemia.

Favorevole alla deregolamentazione dei mercati e alla privatizzazione delle imprese, Kast è figlio di un militare che ha servito nell’esercito di Hitler, emigrato in Cile negli anni Cinquanta. Appartiene al mondo cattolico conservatore e per vent’anni ha militato nella Unión demócrata independiente. Candidato del Frente social cristiano, non gradisce di essere etichettato come uomo di estrema destra. Preferisce apparire come candidato del senso comune, anche se non nasconde la sua simpatia per Bolsonaro, per la spagnola Vox e per lo stesso Donald Trump, al cui slogan make America great again si è ispirato per il suo “osa fare del Cile un grande Paese”.

La sua vicinanza alla dittatura gli ha nuociuto, a tal punto che la democristiana Yasna Provoste, dopo il risultato, ha affermato che non si può permettere l’avanzata del fascismo che Kast rappresenta; mentre la presidente dello stesso partito di Provoste, Carmen Frei, ha confermato che “non appoggeremo la destra, ma nemmeno staccheremo un assegno in bianco”, alludendo a Boric e al suo Apruebo dignidad. Ogni decisione in merito sarà presa da una giunta nazionale straordinaria del partito.

Esplicito e senza condizioni l’appoggio che proviene dai socialisti per bocca del loro presidente Álvaro Elizalde, secondo il quale un governo di Kast sarebbe peggiore di quello in carica e “genererebbe un quadro di instabilità a causa di iniziative che vanno contro gli interessi della grande maggioranza” dei cileni, la cui qualità di vita sarebbe pregiudicata.

Appoggio anche dal Partido por la democracia, mentre Enríquez-Ominami ha invitato tutto lo schieramento democratico a trovare l’unità, e chiari messaggi di dialogo vengono lanciati nei confronti dell’incognita Parisi che, con la sua percentuale di voti, potrebbe essere determinante al ballottaggio, anche se il suo elettorato potrebbe preferire Kast.

Si sta riproponendo il confronto del 1988 tra dittatura e democrazia, tra nuova Costituzione e Costituzione del 1980, laddove Kast rappresenta la reazione del Cile che vuole tornare alla realtà precedente alla rivolta del 2019, rivendicando il proprio ruolo di difensore di una destra senza complessi. Ostile ai movimenti sociali, critico della conduzione della pandemia, si è dimostrato contrario alla nuova Costituzione che farebbe del Cile una nazione pluriculturale. Mano dura e ordine sono gli slogan, mentre propugna l’uso della violenza legittima e la continuazione della militarizzazione nel sud del Paese, dove si verificano scontri con gruppi armati e talvolta con le comunità indigene mapuche. Contro i migranti, circa un milione e mezzo nel Paese (in gran parte venezuelani), ha proposto di costruire una trincea al nord. Se vince, certo non favorirà il processo che porta alla nuova Costituzione.

Gli si oppone Gabriel Boric, appartenente a una generazione che ha fatto il proprio apprendistato nel contesto di quelle mobilitazioni studentesche, tra il 2011 e il 2015, che hanno consentito la nascita di nuove leadership dopo vent’anni in cui la politica era monopolio delle due grandi coalizioni della transizione. Una generazione che ha proposto i nuovi temi dell’ambiente, della transizione energetica, del femminismo, dell’identità di genere e della dissidenza sessuale. A volte pragmatico, Boric rappresenta il desiderio di cambiamento, soprattutto del mondo giovanile, della classe media esclusa e dell’ambiente universitario. Ha davanti il difficile compito di unire forze spesso disomogenee, e di interrompere la tradizione che vuole vincitore al ballottaggio chi aveva dominato al primo turno. Se ciò accadrà, Boric avrà contribuito a confermare il Cile come il Paese dove, a livello mondiale, una rivolta sociale è stata capace di produrre un movimento a tal punto ampio da avviare un cambiamento reale e una rifondazione della politica.

Nella foto José Antonio Kast e Gabriel Boric

Archiviato inAmerica latina Articoli Dossier
TagsCile Claudio Madricardo elezioni Gabriel Boric José Antonio Kast

Articolo precedente

Elezioni argentine: i peronisti evitano la débâcle

Articolo successivo

Sul “fine vita” e l’io sovrano

Claudio Madricardo

Articoli correlati

Guatemala, un presidente a rischio

Il nostro Cile

In Messico due donne in lizza per la presidenza nel 2024

Da Montevideo. Tra turismo e politica

Dello stesso autore

Guatemala, un presidente a rischio

In Messico due donne in lizza per la presidenza nel 2024

Da Montevideo. Tra turismo e politica

America latina, l’effetto Bukele

Primary Sidebar

Cerca nel sito
Ultimi editoriali
L’eterno ritorno dei “taxi del mare”
Agostino Petrillo    26 Settembre 2023
La versione di Giorgio: modernizzazione senza conflitto e senza popolo
Michele Mezza    25 Settembre 2023
I migranti, i 5 Stelle e il Pd
Rino Genovese    22 Settembre 2023
Ultimi articoli
Bologna, una sentenza molto attuale
Stefania Limiti    29 Settembre 2023
Paradossi nelle elezioni americane
Stefano Rizzo    29 Settembre 2023
Benvenuti a Haiti!
Vittorio Bonanni    29 Settembre 2023
“Insufficiente”. Stellantis licenzia a Mirafiori
Paolo Andruccioli    28 Settembre 2023
Meloni ci ripensa, banche in festa
Paolo Barbieri    27 Settembre 2023
Ultime opinioni
Napolitano, il craxiano del Pci
Rino Genovese    25 Settembre 2023
La violenza giovanile maschile
Stefania Tirini    13 Settembre 2023
Per una scissione nel Pd
Nicola Caprioni*    12 Settembre 2023
Dalla democrazia politica alla democrazia delle emozioni
Massimo Ilardi    7 Settembre 2023
Il bagnasciuga di Giorgia Meloni
Giorgio Graffi    4 Settembre 2023
Ultime analisi
Tutti i progetti portano a Roma
Paolo Andruccioli    28 Luglio 2023
Roma riprende la cura del ferro
Paolo Andruccioli    21 Luglio 2023
Ultime recensioni
“Io capitano” di Garrone
Antonio Tricomi    21 Settembre 2023
L’ultima rivoluzione dell’industria
Paolo Andruccioli    20 Settembre 2023
Ultime interviste
Ecco perché a Brandizzo c’è stata una strage
Paolo Andruccioli    4 Settembre 2023
“La pace è un cammino”
Guido Ruotolo    6 Giugno 2023
Ultimi forum
Welfare, il nuovo contratto sociale
Paolo Andruccioli    4 Maggio 2023
C’era una volta il welfare
Paolo Andruccioli    27 Aprile 2023
Archivio articoli

Footer

Argomenti
5 stelle Agostino Petrillo Aldo Garzia ambiente cgil Cina Claudio Madricardo covid destra elezioni Emmanuel Macron Enrico Letta Europa Francesco Francia Germania Giorgia Meloni governo draghi governo meloni guerra guerra Ucraina Guido Ruotolo immigrazione Italia Joe Biden lavoro Luca Baiada Mario Draghi Michele Mezza Paolo Andruccioli Paolo Barbieri papa partito democratico Pd Riccardo Cristiano Rino Genovese Russia sindacati sinistra Stati Uniti Stefania Limiti Ucraina Unione europea Vittorio Bonanni Vladimir Putin

Copyright © 2023 · terzogiornale spazio politico della Fondazione per la critica sociale | terzogiornale@gmail.com | design di Andrea Mattone | sviluppo web Luca Noale

Utilizziamo cookie o tecnologie simili come specificato nella cookie policy. Cliccando su “Accetto” o continuando la navigazione, accetti l'uso dei cookies.
ACCEPT ALLREJECTCookie settingsAccetto
Manage consent

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Non-necessary
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACCETTA E SALVA