Tag: Antonio Di Pietro
Votare per i grillini non è un tabù
Pochi ricordano, o forse pochi sanno, che le origini del Movimento 5 Stelle stanno nel partitino personale di Antonio Di Pietro, di per sé già parecchio qualunquista (nonostante le alleanze di centrosinistra di cui spesso faceva parte), con quel suo giustizialismo più da poliziotto che da magistrato. Uno scarto di lavorazione di Tangentopoli. Bene, Gianroberto Casaleggio, con la sua azienda di comunicazione, si occupava della propaganda del dipietrismo, il cui partito si chiamava Italia dei valori (uno dei nomi più strampalati, e ancora più brutto di 5 Stelle, che mai sia stato trovato). Anche Grillo aveva un occhio di riguardo per Di Pietro. Alla fine, però, su che cosa ruppero? Sulla “politica delle alleanze”. Casaleggio e Grillo sostenevano che non bisognasse mai fare alleanze – e in effetti, con il senno di poi, si deve ammettere che avevano visto giusto, perché per prendere voti indifferentemente da destra e da sinistra, bisognava fare come i 5 Stelle che, nelle elezioni del 2013 e in quelle del 2018, arrivarono a far saltare il banco con la loro “antipolitica”.
Adesso – dopo mille pasticci, giravolte e scissioni – i 5 Stelle sono ritornati, in un certo senso, alla casella di partenza (anche grazie a Letta che ha chiuso a una possibile coalizione con loro). Si presentano da soli, distinti sia dal cartello delle destre sia dal piccolo centrosinistra riunito intorno al Pd; ma lo fanno stavolta dicendosi “progressisti”, una parola che un tempo non avrebbero usato. Che cosa sono i grillini a guida Conte? Una formazione di centrosinistra sui generis – si potrebbe rispondere –, con venature socialdemocratiche (la difesa del cosiddetto reddito di cittadinanza, la proposta del salario minimo), che non intenderebbe certo porre in questione il capitalismo (ci mancherebbe!), e neppure imprimere alla società una decisa svolta ecologista, ma che cerca di recuperare voti a sinistra dopo averne perso per strada una grande quantità a destra.