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Congresso Cgil: un sindacato che non contratta il cambiamento
Dice il Corano che non a caso Allah ci ha dato una sola bocca e due orecchie. Il segretario generale della Cgil, nella sua relazione, interpreta l’indicazione di Maometto come la ratifica della sua filosofia organizzativa: moltiplicare i centri di ascolto e comunicazione con l’esterno, centralizzando quelli di decisione e comunicazione interna. Nella sua relazione Landini, che si è presentato al congresso dopo quattro anni di forte concentrazione decisionale e di totale monopolio comunicativo, usa le difficoltà della sua organizzazione per accentuare questa tendenza: se mi rieleggerete – dice – sarò implacabile per imporre le riorganizzazioni decise un anno fa.
Ma dietro a questa visione di sindacato personale – verrebbe da dire, richiamando il concetto di “partito personale” di Mauro Calise – c’è una visione dei processi sociali che non convince, anziché una bulimia di potere che non accreditiamo all’ex leader della sinistra della Cgil. La matrice di questa visione è rintracciabile proprio nell’armamentario tecnologico che il congresso esibisce con grande vanto: effetti speciali, connessioni multimediali, social ovunque. L’esperienza di “Collettiva”, la piattaforma allestita in questi anni dai consulenti del segretario, insieme a “Futura”, il centro di discussione digitale, fanno trasparire una logica da addestramento professionale più che da riprogrammazione delle intelligenze.